Smalling esclusivo: "Roma, Champions obiettivo minimo"

Uno dei leader giallorossi racconta per la prima volta la sua romanità: "Squadra più solida dello scorso anno, chi arriverà ci aiuterà a vincere. Con Mourinho ho ritrovato lo stesso feeling di Manchester"
Smalling esclusivo: "Roma, Champions obiettivo minimo"
Guido D'Ubaldo
10 min

ALBUFEIRA - Il giardino di banani e palme che si affaccia sull’Oceano è una barriera di verde che garantisce la privacy ai giocatori della Roma. Poco più giù la spiaggia di Sao Rafael pullula di bagnanti provenienti da tutta l’Europa del Nord. Qui c’è turismo popolare, con centinaia di voli low cost che scaricano migliaia di vacanzieri ogni giorno, ma anche ricchi pensionati appassionati di golf. Mourinho anche quest’anno ha portato la Roma nella sua terra. Nella sua squadra Chris Smalling è uno dei leader, ha giocato da capitano le prime partite della stagione. In questa intervista esclusiva, la prima da quando è in Italia, racconta la sua romanità molto british.

Chris, si riparte da quella coppa alzata al cielo nella notte di Tirana 
«È bastato vedere i festeggiamenti per capire cosa abbia significato per i tifosi. Ora è importante dare continuità a questa vittoria e costruire una base dalla quale ripartire».  
 
Una stagione ad altissimi livelli, fino ad essere indicato il miglior giocatore della finale di Conference League 
«Il primo anno che ho vissuto a Roma ero in prestito e non ho avuto infortuni, poi al secondo poco dopo aver firmato il contratto con il passaggio a titolo definitivo alla Roma mi sono fermato. In allenamento sono atterrato male dopo un intervento. Un infortunio non grave ma fastidioso e me lo sono trascinato per diversi mesi. La seconda stagione è stata negativa, ma sono riuscito a risolvere i problemi fisici senza cure particolari. C’era bisogno di tempo, invece provai ad anticipare i tempi del recupero per aiutare la squadra, ho spinto molto per rientrare e ho peggiorato la situazione. Alla fine il segreto è stato lavorare molto e rispettare i tempi di recupero». 
 
Conoscevi Mourinho dai tempi del Manchester. Lo hai trovato cambiato a distanza di anni?  
«Il mister è sempre lo stesso, è un leader con un carattere così forte che ha forgiato negli anni con i successi. È difficile che cambi. È stato facile riprendere il discorso cominciato a Manchester. L’allenatore mi ha dato fiducia, abbiamo vinto tante partite insieme. Conoscevo lo staff, che è quasi lo stesso, c’è confidenza. Un grande allenatore come Mourinho che gode di una stima enorme in tutto il mondo è il profilo perfetto per la Roma, non a caso ha vinto subito, alla prima stagione».  
 
Difensore dal grande rendimento e correttissimo. Nella scorsa stagione neppure un’ammonizione. Non commettere falli fa parte del tuo modo di giocare? 
«Cerco di stare attento, quando si va in campo è una battaglia che si vuole vincere a tutti i costi, ma alla fine si stringe la mano all’avversario. Io cerco di essere più corretto possibile, cerco di essere più forte e aggressivo possibile, voglio dominare l’avversario, cercando di essere più forte fisicamente e più veloce. Se posso uscire dal campo senza aver preso cartellini tanto meglio».  
 
I tifosi si aspettano di vincere ancora, la Roma è competitiva? 
«A me piace questa squadra, è normale che le aspettative aumentino e che si sposti l’asticella verso l’alto. Abbiamo trovato una buona continuità alla fine della stagione scorsa, quella che ci era mancata prima e per la quale avevamo lasciato punti per strada. La spina dorsale della squasdra è buona, il gruppo è unito, conosciamo l’allenatore, che lavora con noi da un anno. Tutte le squadre possono migliorarsi, chiunque dovesse arrivare sarebbe un’aggiunta importante. Il gruppo è buono, saremo più forti e più costanti della scorsa stagione».  
 
In questi primi giorni di ritiro sei spesso con Matic, che ha giocato con te al Manchester. Lo stai aiutando ad inserirsi? 
«Nemanja lo conosco bene, con lui ho sempre avuto un buon rapporto. È bello ritrovare un altro viso familiare. È un giocatore talmente esperto, un vincente nato con così tante esperienze che non ha bisogno del mio aiuto. È un rinforzo molto importante in vista della nuova stagione. Mi trovo bene con lui ma anche con gli altri compagni. In squadra c’è il giusto mix tra giovani e giocatori esperti. Mi sento vicino agli altri difensori. Il bello di questa squadra, di questo gruppo è che quando sono arrivato, unico calciatore inglese, è stato facile inserirmi. Lo si vede per come stiamo bene in campo. Pensavo fosse più difficile. Per questo ho insistito per restare».


 
Il tuo contratto scade a fine stagione, ma c’è una clausola per rinnovarlo automaticamente. Pensi di chiudere la carriera nella Roma?  
«La priorità per me è giocare e aiutare la squadra e poi le cose verranno da sè. Penso di poter essere ancora utile, non si può sfuggire alla propria età, ma si hanno gli anni che si sentono. Ho sempre cercato di non avere rimpianti, gioco ogni partita come se fosse l’ultima, vado sempre in campo per dare tutto, per non lasciare nulla d’intentato. Non sono cambiato oggi che ho trentadue anni, ho sempre affrontato una partita per volta. Nel calcio la carriera è breve e gli infortuni possono essere sempre dietro l’angolo. Cerco di sfruttare al massimo qualsiasi allenamento, ogni partita per prolungare la mia carriera avendo cura di me stesso». 
 
Da qualche anno hai cambiato alimentazione, hai scelto la dieta vegana. Ti aiuta a tenerti in forma? 
«Già qualche anno fa quando ho affrontato quella fase di transizione stavo cercando di esplorare modi diversi di avere cura del mio corpo, l’aspetto alimentare non è l’unico. È importante il recupero, dormire correttamente. Curare l’alimentazione è importante per sentirsi in forma al cento per cento. Ci sono tanti esempi di calciatori professionisti che sono andati ben oltre i trent’anni: Ronaldo, Dzeko, Ibrahimovic, Totti. Edin è stato mio compagno, mi ha colpito vedere come curava tutti questi fattori che contribuiscono a mantenersi in forma e a restare in salute».  
 
Così com’è, in attesa dei rinforzi che vuole Mourinho, la Roma può lottare per tornare in Champions? 
«Io penso di sì, abbiamo un buon gruppo, credo che questo debba essere l’obiettivo minimo per la Roma. Questo club è fuori da troppo tempo dalla competizione europea più importante. Deve rientrare tra le prime quattro per partecipare alla Champions e poi provare a vincere un altro trofeo».  
 
Roma è una città ricca di opere d’arte, di storia e di cultura, ma i romani si lamentano per il traffico e la sporcizia. Dopo tre anni che idea ti sei fatto? 
«Ho vissuto quasi tutta la mia vita in Inghilterra, in particolare a Manchester. Non avevo mai visitato Roma neppure in vacanza. Questi problemi insuperabili non li vedo. Il traffico c’è dappertutto anche a Manchester. Quello che mi colpisce di Roma è la sua bellezza, adesso che ricevo più visite dall’Inghilterra dopo aver superato il blocco per il Covid per me è un piacere poter visitare questi posti con i parenti e gli amici, parlare di Roma, mostrare le bellezze di questa città. Con i miei familiari, facendo passeggiate che posso fare quotidianamente, ci sentiamo fortunati a vivere in una città ammirata in tutto il mondo. È un’esperienza che ci godiamo in pieno ogni giorno». 
 
Di solito i calciatori inglesi in Italia non si sono ambientati facilmente. Diversi stili di vita, un calcio più tattico. Per te non è stato così.
«Anch’io quando sono arrivato avevo un’idea diversa, mi aspettavo un calcio tattico, ma meno intenso. Invece in serie A si gioca un calcio offensivo a ritmi elevati, si segnano tanti gol. Quello italiano è tra i migliori campionati del mondo. I campioni che arrivano aiutano a far crescere il livello e hanno spianato la strada ad altri calciatori, io mi sono ambientato benissimo».

Il tuo connazionale Abraham ha fatto una grande stagione. Riuscirà a ripetersi?  
«Tammy ha grandi qualità, è un ragazzo ambizioso, vorrà superarsi, migliorare i suoi numeri. Noi come squadra lo speriamo e faremo di tutto per aiutarlo. Lo scorso anno è partito fortissimo. Abbiamo bisogno che vada a tutto gas, farà una grande stagione e può competere per il titolo di capocannoniere».

Conserva le sue origini giamaicane?  
«Sono stato in vacanza lì per tanti anni. Mio padre era giamaicano, l’ho perso quando avevo 4 anni. Non ho un rapporto stretto con la famiglia di origine. Ma il paese a me e mia moglie piace moltissimo, abbiamo tanti amici e parenti, ci piace molto la musica, la cultura e sento che quella terra è parte della mia vita».

L’esperienza in Italia cosa ti ha dato dal punto di vista personale?  
«Sono sicuro che questa esperienza mi ha migliorato come uomo. Sono arrivato qui quasi per caso. Ero al Manchester e la possibilità di venire alla Roma si concretizzò alla chiusura del mercato. Era nato da poco mio figlio e sarebbe stato più facile non muoversi. Ho avuto 48 ore per decidere. Sono contento della scelta, è un arricchimento per me e la mia famiglia».

Sei uscito dalla Nazionale da 5 anni. Nell’anno del Mondiale è un discorso chiuso? 
«Credo di sì, mi sembra difficile che si riapra con questo allenatore. Se capiterà l’occasione cercherò di aiutare la squadra. Una chiamata sarebbe inaspettata ma mi riempirebbe di gioia».


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