Ci sono date destinate a cambiare per sempre la storia di una persona e di tutte quelle che le sono accanto. Il 25 gennaio 2003, praticamente 10 anni dopo l'esordio in Serie A di Francesco Totti, la Roma si preparava ad abbracciare colui che, proprio con Francesco, sarebbe diventato simbolo, bandiera, emblema e anima della Roma stessa e dei suoi tifosi. Daniele De Rossi, che già aveva giocato in Europa in prima squadra e pure in Coppa Italia, non aveva ancora realizzato il sogno di una vita: esordire in Serie A. Il 25 gennaio del 2003, contro il Como, sul campo neutro del Garilli di Piacenza, gioca i primi minuti della sua storia in campionato: 616 presenze complessive (in tutte le competizioni), tre trofei, mai però quello scudetto che, nel 2008 e nel 2010, pensava di riuscire a cucire sulla maglia. Ma la storia di De Rossi e della Roma non si può limitare ai titoli vinti (anche perché pochi): è il racconto di un amore che ha saputo superare le barriere tra tifoso e calciatore nel modo più assoluto e onesto perché Daniele è stato, negli ultimi vent'anni, l'emanazione diretta dei romanisti dentro al campo di gioco.
De Rossi, vent'anni fa l'esordio
Era, all'epoca, un giovane biondino, alto, magro, senza barba né tatuaggi, con accanto Dacourt e Tommasi, figlio di un ex giocatore ora allenatore, arrivato da Ostia per volontà di Bruno Conti. Veniva considerato bravino, ma in pochi pensavano che sarebbe riuscito a diventare campione del Mondo con 117 presenze in Nazionale. Oggi, vent'anni dopo, Daniele si ritroverà su un campo di calcio: non più giocatore ma allenatore, impegnato a preparare la partita di venerdì contro il Cagliari di quel Claudio Ranieri che è stato il suo ultimo allenatore con la Roma. Corsi e ricorsi storici. Inevitabile: dal centro sportivo della Spal al Garilli di Piacenza non ci sono neppure 200 km di distanza. Ma in mezzo c'è una vita.