Quell’uomo perbene che giocava pensando

De Sisti è stato la prima mente del calcio italiano: grande campione, grande tecnico, grandissima persona
Quell’uomo perbene che giocava pensando© ANSA
Alberto Polverosi
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Un pivello di cronista di fronte a un campione d’Italia, campione d’Europa e vice campione del mondo. Il giovin cronista col taccuino e la penna in mano, timido e un po’ impacciato, deve chiedere non un’intervista ma un “passaggio a quel campione, che della Fiorentina era stato capitano nell’anno del secondo scudetto, e che ora è l’allenatore dei viola. La domenica successiva, il 22 febbraio 1981, i viola giocheranno a Catanzaro, l’aeroporto di Lamezia è chiuso per lavori, l’aereo atterrerà a Reggio Calabria e poi da lì la squadra andrà in pullman fino al ritiro di Soverato. Dunque: «Mister, le posso chiedere una cortesia?». Picchio guarda il ragazzotto che prende coraggio: «Il Corriere dello Sport-Stadio mi manda al seguito della Fiorentina, ma da Reggio Calabria a Soverato posso venire in pullman con voi?». Picchio lo guarda ridendo: «Ao’, e che te lasciamo a piedi?». Per me questo è Giancarlo De Sisti. Non facciamo paragoni con i tempi di oggi perché è impossibile, ma già allora trovare una persona così era una fortuna e io sono stato fortunato.

Un insegnante di vita

Ottant’anni di vita, più di sessanta di calcio. Quello che Picchio, quasi senza volerlo, di sicuro senza ostentarlo, ha insegnato ai giocatori, ma anche ai giornalisti che hanno accompagnato il suo cammino, è ancora oggi una ricchezza immensa. È stato la prima grande mente del calcio italiano. Per farlo giocare sempre titolare in Nazionale, Valcareggi s’inventò la staffetta Mazzola-Rivera. Giancarlo ha sempre raccontato che ha imparato dai consigli di Schiaffino, ai tempi della Roma: «Guarda negli occhi il tuo avversario e capirai subito le sue intenzioni». Lo capiva prima di tutti, se all’epoca ci fosse stata la statistica del recupero-palla altro che Kanté. De Sisti aveva un radar al posto della testa, un orologio al quarzo al posto del cervello e anche due piedi che sbagliavano poco. Se lui si metteva lì, era perché da lì sarebbe passata la palla.??

Roma, Firenze, Italia

Due maglie, anzi tre. Quella giallorossa della prima casa, quella viola della seconda casa e quella azzurra della casa di tutti. Le ha rispettate, onorate e arricchite di grandi partite e alcune grandi vittorie. Se vi capita di rivedere su YouTube la finale-bis dell’Europeo del’68, quella vinta 2-0 contro la Jugoslavia all’Olimpico, fate attenzione alla partita di Picchio. Mai una volta fuori posto, sempre lì, lì nel mezzo, a prendere palla e a distribuirla. Quando oggi si fanno discussioni sul ruolo del regista, basta prendere De Sisti. È la sintesi perfetta di un uomo-squadra che diventa squadra-uomo.

L’allenatore

È stato un grande allenatore. Grandissimo. Al di là di una carriera che qualcuno ha deciso di fermare troppo presto. A Firenze è arrivato secondo solo perché la Juve gli ha portato via lo scudetto all’ultima giornata nel modo che tutta Italia ricorda e due anni dopo ha creato una squadra con due soli difensori veri, Contratto e Pin, e poi attacco e fantasia. Perfino Platini ha dovuto riconoscere che nessuna squadra, in Italia, giocava meglio della Fiorentina. E Picchio passava per difensivista... (In ogni caso, nei successivi 40 anni, la Fiorentina non è più arrivata seconda). Quando i Pontello, durante una stagione travagliata anche a causa della sua operazione alla testa, hanno deciso di affiancargli il suo ex ct Valcareggi come direttore tecnico, De Sisti ha risposto “no, grazie”. Si è alzato dalla panchina e se n’è andato. Con stile, orgoglio e dignità. Poi Udine, Ascoli, un passaggio nello staff della Nazionale. E poi basta. Troppo presto. Nel maggio scorso, al teatro Puccini di Firenze, si è radunata dopo quarant’anni la Fiorentina del secondo posto, quella del campionato ’81- 82, con Picchio in panchina. Per organizzare l’evento era stata creata una chat fra i giocatori e il loro allenatore. È stata una serata emozionante e il giorno dopo, sulla stessa chat, Picchio ha scritto ai suoi ragazzi: «È bello il vostro entusiasmo nel ricordare lo scudetto “scippato”. Ed è un onore abbracciarvi tutti, stringervi forte al mio cuore e dirvi grazie. Grazie di tutto. Vi voglio bene. Il vostro Picchio». Questo è Giancarlo De Sisti. Ottant’anni di un uomo perbene.


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