INVIATI A LEVERKUSEN - Tutto è cominciato a Siviglia. E continua proprio contro il Siviglia, nono capitolo di una saga di meraviglioso presenzialismo: José Mourinho, il collezionista avido di finali, corre verso la Puskas Arena di Budapest con l’intenzione di arricchire la bacheca personale, già addensata da 26 titoli, e di concludere un percorso leggendario alla Roma. Nata nel 1927, la Roma avanti Mou aveva frequentato solo tre volte (compresa la Coppa delle Fiere vinta) l’atmosfera di una finale europea; la Roma dopo Mou è già a due in due anni. Per questo i tifosi, che ieri hanno prosciugato in pochi minuti la dotazione di 15.500 biglietti per il 31 maggio, ora sperano che rimanga: quella corsa commossa sotto il settore ospiti alla BayArena è la conferma di un legame profondo, primitivo, che nessuno vorrebbe dissolvere.
La scalata di Mourinho
Venti sono gli anni che hanno composto l’epopea personale. Nel 2003, appunto a Siviglia, Mourinho vince la vecchia Coppa Uefa con il Porto battendo ai supplementari il Celtic: 3-2 con rete decisiva al minuto 115 di Derlei. Nell’alba andalusa segna anche il russo Alenitchev, ex trascurabile della Roma. L’anno dopo, ecco l’exploit: a Gelsenkirchen, 70 chilometri più a nord di Leverkusen dove giovedì ha sbarrato gli ingressi al Bayer, il suo Porto conquista anche la Champions League strapazzando il Monaco. Ancora Alenitchev, dopo Carlos Alberto e Deco, replicano l’impresa che al club era riuscita solo ai tempi del tacco di Allah, Madjer, nel 1987. Nel frattempo, tra una coppa e l’altra, Mourinho ha vissuto anche la Supercoppa europea, a tutti gli effetti una finale, arrendendosi al Milan di Shevchenko a Montecarlo.
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Mou e le delusioni
Le supercoppe non gli portano fortuna: mentre nelle finali i precedenti dicono che Mourinho sorride sempre - è successo cinque volte su cinque - il successivo master non lo premia mai. A Praga nel 2013, ereditando la panchina del Chelsea, ha perso ai rigori contro il Bayern. E con il Manchester United, nel 2017 a Skopje, si inchina al Real Madrid: 2-1. Ma a questo la Roma non deve minimamente pensare. Se dovesse vincere la finale di Europa League, e quindi meritare la promozione in Champions, potrebbe anche giocare la superfinale di Atene con un altro allenatore. E poi in questo momento, chi tra i tantissimi tifosi che stanno cercando un biglietto per Budapest rifiuterebbe l’accordo combinato che preveda Europa League in bacheca e Supercoppa europea persa?
La Champions con l'Inter
Tanto a Mourinho piacciono più altri eventi: la finale di Champions per esempio, che vince per la seconda volta a Madrid nel 2010 con l’Inter del triplete. E’ Diego Milito, centravanti argentino mai così baciato dalla grazia, a decidere la sfida contro il Bayern Monaco e in generale a determinare anche i successi domestici a spese della Roma, tra scudetto e Coppa Italia.
Con Mourinho vincono tutti
Il fatto è che con Mourinho vincono tutti. O almeno, quelli che hanno la fortuna di lavorare con lui. Il Manchester United è tra questi: nel 2017 a Solna, sobborgo di Stoccolma, sistema facilmente la pratica Ajax e celebra l’Europa League. Alla Roma per ora hanno festeggiato al Colosseo la Conference League, vinta a Tirana lo scorso anno contro il Feyenoord con il gol del ribelle Zaniolo, ora stritolato dai rimpianti a Istanbul. E sognano un altro bis. Dal Porto alla Roma, da Siviglia al Siviglia, in nove città diverse. Una traiettoria quasi magica, che neppure il deferimento per le critiche a Chiffi (notificato ieri) potrà deturpare.