"Ora hanno visto tutti cosa so fare. In estate hanno parlato in tanti". Ora non è proprio ora. Perché cosa sappia fare Romelu Lukaku è chiaro a tutti. O, quantomeno, a tanti. Chi ha occhi per vedere, vede. Chi ha orecchie per intendere, intende. In ogni caso, il gigante belga prima di tornare a Roma si gode il poker con l'Azerbaigian. Sale a 14 reti nelle qualificazioni europee, a 83 in nazionale e 17 in stagione di cui 9 con la Roma. Roma che se lo gode beatamente così come lui si gode un ottimo momento di forma, un Paese che ha smesso di criticarlo e una città che lo adora. Ha dedicato i gol di ieri al figlio Jordan, due anni, e un po' anche a tutti quei detrattori che nei mesi scorsi si sono soffermati sul suo peso (mai così in forma) e sul suo carattere volubile. Carattere che prima era una risorsa, poi una zavorra. La verità è che Lukaku è sempre stato questo anche se, va detto, a 30 anni si sente leader e pronto a prendersi sulle spalle ancora più responsabilità.
Lukaku e il retroscena sull'inno
Ieri l'ennesima prova. Al momento degli inni, per un errore, è stata trasmessa una musica che non era quella dell'Azerbaigian. Se ne sono subito accorti, oltre ai tifosi, anche il ct, l'italiano Gianni De Biasi, il suo staff e tutti i giocatori in campo. Lukaku ha capito che qualcosa non andava, ha parlato in italiano con De Biasi e fatto mettere poi dagli organizzatori l'inno giusto. Prendendosi gli applausi e i ringraziamenti degli avversari.