Altro giro, altro regalo (...). La Roma riparte nuovamente da zero. In quattro anni e poco più di un mese i Friedkin hanno fatto secchi - in ordine d’importanza - José Mourinho, Daniele De Rossi, Lina Souloukou, Guido Fienga, Manolo Zubiria, Michael Wendell, Pietro Berardi e Tiago Pinto. Ovvero tre amministratori delegati, due allenatori, un manager tuttofare, un responsabile commerciale e un direttore sportivo. Un autentico sterminio di professionisti ai quali si aggiungono non meno di 200 persone tra responsabili di settore, staff vari, addetti alla comunicazione, impiegati e altro ancora. Salvi solo i centralini. E sempre in quattro anni e poco più di un mese Dan ha versato one billion, un miliardo, nelle casse della Roma per farle ritrovare un minimo di stabilità finanziaria (nell’estate 2020 era tecnicamente fallita): stabilità finanziaria, ma non emotiva, né programmatica. Risultati raggiunti, 58 pieni consecutivi all’Olimpico e due finali europee, una delle quali con tanto di coppa. By Mou. «Questa è la Roma», mi dicono, una nobile del calcio - legittimata da una straordinaria passione popolare - che in quasi cento anni ha messo insieme solo tre scudetti. Una ragione ci sarà. O forse è semplicemente un male oscuro che colpisce chiunque la tocchi frenandone la crescita. Qualcosa di inspiegabile, ma che è nella sua stessa natura.
Ieri l’ultimo shock: le dimissioni di Lina, che in poco tempo aveva tagliato l’impossibile creandosi una serie di inimicizie da primato. La Roma e l’instabilità degli americani se la sono divorata, il resto l’hanno fatto l’oltraggio alla storia, il dissenso derivato dall’esonero di De Rossi e le vergognose minacce alla manager e alla sua famiglia che hanno indotto la questura a metterle sotto tutela. La madre non ce l’ha fatta più, ben sapendo che anche i rapporti con la proprietà si erano pian piano deteriorati e che quelli con l’ambiente erano diventati ingestibili. Di una cosa la Roma avrebbe bisogno: di stabilità, di competenze, di cultura del calcio nel quale si misura. Di un contatto con la realtà romanista. Mi rendo conto che non sia facile individuare figure in grado di possedere tutti questi requisiti, ma gli esperimenti, gli algoritmi, i malumori, i divorzi traumatici e gli azzardi producono solo caos. Chi rappresenta la Roma ora?
Può avere un futuro una società che ogni due per tre viene segnalata “in vendita” dai mercati anche se così non è? Se non volessi troppo bene a Totti suggerirei agli americani di prenderlo subito perché Francesco riassume in sé alcune delle qualità necessarie per riequilibrare il rapporto con la piazza e parlare la lingua del pallone. PS. La sola certezza che ho in un momento così spiazzante e fastidioso è questa: Juric è l’unico a non avere colpe. Gli è stata offerta la Roma per sei mesi, dopo che altri s’erano tirati indietro (Pioli, Xavi, c’è chi parla addirittura di Farioli, tecnico dell’Ajax). Ha accettato senza farsi troppe domande sul casino che avrebbe trovato. Non ha cacciato lui De Rossi.