Ciao sold out: la Roma che fa? I Friedkin devono risolvere

Domani contro la Dinamo Kiev si scenderà sotto il muro dei 60.000: primi segnali di progressiva freddezza dell’Olimpico
Roberto Maida

Sta succedendo qualcosa di grave nella Roma. L’Olimpico si spopola. Altro che sold out, uno dei principali meriti della gestione Friedkin. In un clima di contestazione generale, espressa attraverso scioperi a ripetizione, il popolo romanista sta prendendo piano piano le distanze dalla squadra. Domani sera, per la seconda partita europea in casa, quasi certamente le presenze scenderanno sotto quota 60.000. E’ la prima volta dalla riapertura degli stadi dopo il Covid, ad eccezione di Roma-Servette della scorsa stagione quando la società fu obbligata a non vendere alcune migliaia di biglietti per i lavori di ristrutturazione dovuti agli Europei di atletica leggera.

Il dato

Era prevedibile un calo di audience dopo l’esonero di De Rossi, seguito di pochi mesi alla cacciata di Mourinho. E sembra una tendenza difficile da contenere, nonostante gli sforzi di Ivan Juric. Per la Dinamo Kiev la Roma ha venduto “solo” 10.000 biglietti. Se si avvicinerà ai 60.000 succederà perché in Europa League, dopo i risultati straordinari degli ultimi anni, si sono abbonati in 44.000. Roma-Dinamo, anche per l’appeal dell’avversario, diventa quindi un motivo di riflessione per certi versi storica: di questo passo, anche in prospettiva della prossima stagione quando molti tifosi potrebbero non rinnovare la tessera, l’Olimpico rischia di tornare ai tempi di James Pallotta, quando lo scollamento tra proprietà e pubblico raggiunse forse il livello di distacco più profondo. Persino nelle serate di Champions League, salvo i casi di Roma-Barcellona e di Roma-Liverpool, i vuoti sulle tribune erano visibili.


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Coscienza

Adesso non siamo ancora a questo punto, perché chi ha già pagato il season ticket (l’abbonamento) o i cosiddetti pack (tre partite insieme) probabilmente andrà allo stadio comunque. Ma il lento e inesorabile svuotamento alla lunga inciderà su tante voci economiche del club: non solo i ricavi da biglietteria ma anche dalle sponsorizzazioni. Senza contare che un Olimpico meno passionale condiziona il rendimento dei giocatori. Come tamponare l’emorragia di pubblico? La sensazione è che non basterebbe neppure riportare De Rossi a Trigoria, ormai. E’ una situazione davvero pesante: la logica del marketing insegna che perdere un cliente è semplice, riconquistarlo è complicato. Servirebbe una rimonta psicologica di fine strategia comunicativa, che non è nelle corde di questa proprietà. Certamente la partenza falsa della squadra è stata un fattore complice: solo due vittorie nelle prime dieci partite stagionali, e la peggiore classifica in campionato dell’intera epoca americana, sono uno dei problemi. Ma Juric, quando spera di riconquistare i tifosi attraverso il lavoro sul campo, forse non tiene conto del malessere complessivo che la frattura di settembre ha esasperato. Già dopo la finale di Budapest, quando Mourinho protestò da solo contro l’arbitro Taylor e non venne accompagnato dai Friedkin, tanti fruitori dello stadio rimasero delusi. Il resto è stato un progressivo allontanamento, anche fisico, del presidente. E dal, presidente. Sembrano lontanissimi i momenti in cui i Friedkin festeggiavano la Conference League per strada su un pullman scoperto. E parliamo di due anni fa, mica un secolo. 

La regressione

Nel periodo di Mourinho e De Rossi, la percentuale di partecipazione media allo stadio era del 99,2 per cento. Con Juric, non per colpa di Juric, non c’è ancora stata una serata da tutto esaurito nonostante l’altissima percentuale di abbonati (anche per il campionato, sono circa 40.000). Vedremo se domani, in cui anche l’orario pomeridiano e il giorno feriale incidono sul risultato di pubblico, cominceremo a notare i posti vuoti nello stadio. Ma i Friedkin, che sono grandi imprenditori, cercheranno di affrontare la questione?


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Sta succedendo qualcosa di grave nella Roma. L’Olimpico si spopola. Altro che sold out, uno dei principali meriti della gestione Friedkin. In un clima di contestazione generale, espressa attraverso scioperi a ripetizione, il popolo romanista sta prendendo piano piano le distanze dalla squadra. Domani sera, per la seconda partita europea in casa, quasi certamente le presenze scenderanno sotto quota 60.000. E’ la prima volta dalla riapertura degli stadi dopo il Covid, ad eccezione di Roma-Servette della scorsa stagione quando la società fu obbligata a non vendere alcune migliaia di biglietti per i lavori di ristrutturazione dovuti agli Europei di atletica leggera.

Il dato

Era prevedibile un calo di audience dopo l’esonero di De Rossi, seguito di pochi mesi alla cacciata di Mourinho. E sembra una tendenza difficile da contenere, nonostante gli sforzi di Ivan Juric. Per la Dinamo Kiev la Roma ha venduto “solo” 10.000 biglietti. Se si avvicinerà ai 60.000 succederà perché in Europa League, dopo i risultati straordinari degli ultimi anni, si sono abbonati in 44.000. Roma-Dinamo, anche per l’appeal dell’avversario, diventa quindi un motivo di riflessione per certi versi storica: di questo passo, anche in prospettiva della prossima stagione quando molti tifosi potrebbero non rinnovare la tessera, l’Olimpico rischia di tornare ai tempi di James Pallotta, quando lo scollamento tra proprietà e pubblico raggiunse forse il livello di distacco più profondo. Persino nelle serate di Champions League, salvo i casi di Roma-Barcellona e di Roma-Liverpool, i vuoti sulle tribune erano visibili.


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