Bottigliette, richieste e problemi: tutti i retroscena tra Juric e i giocatori

Rispetto per l’uomo e per come si è posto dopo De Rossi. Ma sotto il profilo tattico, con lo spogliatoio c’è stato solo distacco
Chiara Zucchelli

Il rigetto per l'allenatore, l'enorme rispetto per l'uomo. La Roma, intesa come squadra o almeno ciò che ne resta, ha vissuto così le otto settimane scarse con Juric in panchina. In dieci mesi il gruppo che aveva conquistato la Conference League e aveva visto sfumare, per colpe non sue, l'Europa League, ha perso tutto: fiducia, gioco, risultati e credibilità. Se, però, limitandoci a questa stagione, con De Rossi c'era sintonia totale - di cui il club non ha voluto tener conto - con Juric non è stato così.

L'uomo Ivan

Lorenzo Pellegrini e compagni hanno detto pubblicamente e privatamente (a Ghisolfi e agli uomini dei Friedkin) che avevano tanta stima umana nei confronti di Ivan Juric. Il modo in cui si è approcciato dopo la batosta De Rossi, le parole confidenziali utilizzate con tutti, l'apertura agli allenamenti mattutini per permettere ai papà di stare con i figli e le prime dichiarazioni concilianti in conferenza sono stati tutti segnali che il gruppo ha recepito positivamente. Per questo, umanamente, dal blindato spogliatoio dell'Olimpico, da cui Juric è andato via appena saputo dell'esonero, ieri trapelava dispiacere sincero per una storia nata male e finita peggio.


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L'allenatore Juric

I giocatori sanno bene, e l'Olimpico glielo ha fatto capire chiaramente, che sarà difficile riconquistare la gente. Perché, per quanto Juric sia stato fischiato, anche per loro la contestazione è stata forte e chiara. Con il tecnico il feeling non è mai scattato: il gioco a tuttocampo non piaceva, le idee del croato non erano ritenute adatte a un gruppo pensato per un'altra filosofia e spesso i calciatori hanno temuto di andare incontro a brutte figure. Le hanno fatte (ieri, in Svezia e Belgio, a Firenze) e pensavano di essere troppo a rischio: lo hanno detto a Juric che però non ha mai voluto cambiare. E, allora, sono arrivate le bacchettate pubbliche: mentre Mancini diceva che il gruppo non andava toccato per l'impegno, l'allenatore faceva riferimento a problemi di mentalità. E, ancora: mentre Pellegrini e Dybala non erano al meglio fisicamente, Juric dava fuori l'argentino e diceva apertamente di sentirsi più sicuro con Pisilli invece che con il capitano. La bottiglietta scagliata a Firenze è stato l'apice di uno scontro tattico inevitabile che ha coinvolto l'allenatore e i senatori: Hummels con il muso per le panchine, Paredes idem, Zalewski, in un periodo non brillantissimo, messo in campo quasi sempre, Angelino braccetto e N'Dicka al centro della difesa. La Roma, che già era fragile, si è riscoperta ancora più in crisi. E anche chi ha dato tutto fino all'ultimo (vedi la doppietta di El Shaarawy ieri) alla fine si è dovuto arrendere all'inevitabile. E quindi, di nuovo: il dispiacere per l'uomo, il rigetto per l'allenatore. Il terzo bruciato in appena dieci mesi da una società che fatica a trovare soluzioni. Ora si dovrà ricostruire tutto: il club, la guida tecnica e una squadra che, da settimane, non esiste più.


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Il rigetto per l'allenatore, l'enorme rispetto per l'uomo. La Roma, intesa come squadra o almeno ciò che ne resta, ha vissuto così le otto settimane scarse con Juric in panchina. In dieci mesi il gruppo che aveva conquistato la Conference League e aveva visto sfumare, per colpe non sue, l'Europa League, ha perso tutto: fiducia, gioco, risultati e credibilità. Se, però, limitandoci a questa stagione, con De Rossi c'era sintonia totale - di cui il club non ha voluto tener conto - con Juric non è stato così.

L'uomo Ivan

Lorenzo Pellegrini e compagni hanno detto pubblicamente e privatamente (a Ghisolfi e agli uomini dei Friedkin) che avevano tanta stima umana nei confronti di Ivan Juric. Il modo in cui si è approcciato dopo la batosta De Rossi, le parole confidenziali utilizzate con tutti, l'apertura agli allenamenti mattutini per permettere ai papà di stare con i figli e le prime dichiarazioni concilianti in conferenza sono stati tutti segnali che il gruppo ha recepito positivamente. Per questo, umanamente, dal blindato spogliatoio dell'Olimpico, da cui Juric è andato via appena saputo dell'esonero, ieri trapelava dispiacere sincero per una storia nata male e finita peggio.


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