Dybala alla Roma, un 10 ai Friedkin (e al giovane Tiago Pinto)

Dybala alla Roma, un 10 ai Friedkin (e al giovane Tiago Pinto)
Ivan Zazzaroni
6 min

Nella notte tra domenica e lunedì Paulo Dybala si è finalmente liberato dei tormenti del “vecchio” Dybala Paulo. Ha preso la decisione più importante della carriera accettando l’offerta lievemente ritoccata in alto da Tiago Pinto e soprattutto la corte di Mourinho - José e Paulino, così lo chiama il tecnico portoghese, si sono sentiti più volte nell’ultima settimana. 

Di forte impatto sull’argentino è stata anche la chiacchierata telefonica con Dan e Ryan Friedkin, avvenuta sabato poco dopo l’ultimo tentativo di Beppe Marotta, “disarmato” finanziariamente da Zhang. 

Alle due di notte c’era già chi festeggiava, a Roma. Soprattutto chi aveva creduto fin dall’inizio alla notizia “impossibile” che avevamo dato. In un mercato di chiacchiere e crisi diffuse, una svolta di mercato assolutamente tecnica - più che emotiva - che ha il peso del ritorno all’Inter di Lukaku. Con una differenza sostanziale: non sappiamo - né c’interessa sapere - quanti tifosi del Chelsea stiano rimpiangendo Big Rom, mentre siamo certi che i vedovi Dybala, juventini doc, si faranno sentire tutto l’anno. Non prefiche assoldate, innamorati veri.  

È la forza di Paulo, da tempo nel taccuino di Mourinho, almeno da quando s’è capito che la Juve l’aveva ripudiato - versione Fiat - o meglio dall’atteggiamento che il giocatore stava esibendo dal giorno in cui se n’era andato Ronaldo.  

Non è stato affatto semplice per la Roma completare una delle operazioni di mercato più esaltanti della sua storia: nell’entourage del fantasista i contrasti sono stati frequenti, così come i ritardi, i timori, gli snodi ipotizzati e i ripensamenti. Il fascino dell’Inter era notevole, ad esempio, ma da giorni erano venuti a mancare i presupposti per il trasferimento a Milano; e le sollecitazioni del Napoli - che aveva e ha la Champions dalla sua - hanno in qualche modo confuso uno degli agenti, in particolare tra giovedì e domenica.

Dybala, che inseguiva da anni la centralità, ha guardato il suo mondo dall’esterno con gli occhi rivelatori di un uomo risolto e fatto una cosa che in passato non gli era riuscita, col risultato che in passato più di un trasferimento era saltato: ha puntato sul progetto sportivo prima che sui soldi. Come ho ricordato ieri, nel 2020 Paulo non era stato in grado di chiudere un contratto da 12 milioni netti l’anno con la Juve e in seguito le sue diffidenze e le sue inquietudini avevano annullato gli accordi con United e Tottenham.

L’arrivo di Dybala alla Roma, più volte sollecitato anche da Francesco Totti, aumenta il valore tecnico della squadra allenata da Mourinho e naturalmente anche il global project dei Friedkin, il cui punto-chiave è il nuovo stadio.  

Questo giornale ha provato - sì, provato - a credere fin dal primo giorno che l’arrivo di Dybala in giallorosso fosse possibile, passando dalla pura chiaroveggenza alla pia illusione, ancorché coltivabile, e dal sogno alla convinzione, alla entusiasmante realtà.  

Ricordo che quando a inizio febbraio la Juve permise a Paulo di partecipare alla premiazione del torneo “Amici dei Bambini”, serata che condussi con Barbara D’Urso a Milano, cominciai a sospettare che l’avventura della Joya a Torino si stesse per concludere. Prima della consegna della statuetta gli passai al telefono Roberto Baggio, il suo (nostro) idolo, e la buttai lì: uno come te farebbe la fortuna di piazze calde e in parte disilluse come Roma e Napoli.  

A marzo la rottura tra Paulo e la Juve divenne ufficiale e il 10 aprile gli inviai un whatsapp al quale non rispose, non era il momento, non si trovava nello spirito giusto, la rabbia prevaleva ancora sulla battuta di spirito: «Se vieni alla Roma ti regalo il Colosseo».  

Ci sono stati momenti in cui Dybala è stato lontanissimo dall’idea di sposare la Capitale: inizialmente, per reazione, avrebbe voluto trasferirsi all’estero. In seguito è intervenuto Marotta e per un po’ Paulo si è pensato interista (non sono mai mancate le affettuose telefonate di Javier Zanetti), ma anche allo United, al Barcellona. Ovunque, insomma. Il lavoro di Tiago Pinto e gli interventi a smartphone bollente di Mourinho e, nel finale, dei Friedkin l’hanno indotto a ritenere che la Roma fosse la piazza giusta anche in funzione del Mondiale. 

Ieri Paulo era felicissimo: probabilmente ha trovato l’amore che cercava. 

PS. Rispettoso della storia e di chi ha saputo scriverla, Dybala ha convenuto con Mourinho che la maglia numero 10 non dovesse essere “violata”, nonostante Totti gliel’avesse affidata pubblicamente e a più riprese: ventuno era a Torino e ventuno sarà anche alla Roma. Del resto - parafrasando John Gardner - il calcio altro non è che un’interminabile sfilata di simboli. 


© RIPRODUZIONE RISERVATA