Momento Dybala. C’è l’appuntamento, l’ha dato lui stesso con poche parole memorabili, ci vediamo domenica. Che sia subito, all’inizio, o che sia dopo, a partita avviata, è l’attimo che segna un weekend italiano: tutta una città, tutta una capitale, per meglio dire la metà lupa del tutto, si sospenderà nell’apnea romantica del teatrale ritorno. Il figlio che sembrava perso, già lontano e straniero, di colpo si ripresenta in campo: una carrambata che sembra studiata nei minimi particolari dai maestri del melodramma. Tutti i vitelli grassi in circolazione si sono già imbarcati sul primo volo, perché nella commozione del momento i romanisti ne sacrificherebbero a mandrie intere, non c’è numero e non c’è limite per celebrare il rientro a casa della Joya.
Chi non conosce le temperature e i decibel della tifoseria Daje. Chi non conosce la passionalità e gli slanci de core di questo popolo perennemente innamorato, del poco o del tanto che offre il momento. Chi allora non immagina come sarà questo momento Dybala, come si fa a non immaginarlo, ma certo che sì, sarà da piangerci e da riderci come matti, al di là e al di sopra della partita, del risultato, del gioco, certo qualcosa di indimenticabile e di indescrivibile. Tutto questo fa strano, nella spietata stagione globalizzata e finanziaria dello sport, perché non ci siamo più abituati. Ormai parliamo di squadre e di giocatori come gli agenti di Borsa parlano dei titoli, nei bar abbiamo dimestichezza con le acrobatiche formule delle trattative, il diritto di riscatto e di controriscatto, la compra e la ricompra, l’opzione e la prelazione, la percentuale sulla rivendita e le megacommissioni al procuratore. In tutto questo, la rassegnazione muta davanti ai generali spostamenti del baricentro mondiale, sempre meno europeo e sempre più arabo, impossibile dire no a certe cifre, via, come fai. Tutto questo fino a Dybala, verosimilmente anche dopo Dybala. Ma in mezzo, come sparo in chiesa, la favola bella che nessuno deve toccarci, niente se e niente ma, niente terrapiattismo del tipo te li dico io i motivi veri del no, altro che cuore e sentimenti... Nessuno osi, non qui e non adesso. È una storia troppo particolare e troppo edificante, questa, perché ci si possa permettere lo scetticismo. Ci sono storie proprio così, che vogliamo e dobbiamo difendere con i denti, perché ne abbiamo un disperato bisogno e non ci interessa proprio di andarle e intorcinare con mille indecifrabili dietrologie. Dybala ha detto no a 75 milioni e ha scelto di restare alla Roma, solo questo conta. Solo questo fa classifica. Se poi ci aggiungi pure che persino la moglie ha scelto Roma, siamo di fronte all’epica perfetta.
Giù le mani dal momento Dybala, nessuno tocchi il momento Dybala. Lo aspetta il popolo, lo aspetta la politica, lo aspettano le istituzioni: tutti si sono pronunciati a ciglio umido sulla vicenda. Verrebbe da dire che il mondo, grazie a Dybala, si sia rivelato molto migliore di quanto tutti credessimo: lo pensavamo cinico e materialista, a quanto pare è inguaribilmente idealista e romantico. Ma tu pensa: vivevamo in un mondo Dybala, dove i valori valgono più del valore di mercato, un mondo che tutti sognano e tutti sono pronti a condividere in un tripudio di applausi e di like, eppure non ce n’eravamo accorti. In questo mondo di inguaribili asceti, il problema adesso è solo per Dybala: dopo il vitello grasso, tutti sono convinti che tocchi a lui evitare le vacche magre.