Mihajlovic: «Vi racconto cosa accadde con Vieira e Mutu»

Il tecnico del Torino: «Donnarumma? Valorizzare i talenti è il mio lavoro»
Mihajlovic: «Vi racconto cosa accadde con Vieira e Mutu»© LaPresse
Walter Veltroni
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ROMA - Sinisa Mihajlovic ha fama di essere uno tosto. La fama non mi appare usurpata. Mi sembra una persona schietta, diretta, che non ama fronzoli e smancerie. Ognuno, in fondo, assomiglia, se gioca al calcio, a come sta in campo. Mi è sempre sembrato un ottimo allenatore e il suo Torino ha un gioco divertente e allegro. Ma una cosa mi ha fatto accendere un “occhio di bue” su di lui: la scelta di far esordire, contro tutti, un sedicenne nella porta di una squadra blasonata come il Milan. Ci vuole coraggio e ci vuole intelligenza e fiuto tecnico, per una scelta simile. Con Mihajlovic abbiamo parlato di molte cose, anche cose lontane dal calcio, più importanti del calcio. [...]

C’è la vicenda Donnarumma, ce la vuole raccontare bene?
«Ho fatto esordire Donarumma a sedici anni e mezzo, fino a quel momento il portiere titolare era Diego Lopez. Berlusconi venne due volte a Milanello per convincermi a far giocare Diego Lopez. Io ho detto “Guardi ci sono due soluzioni possibili: o lei mi manda via e mette Diego Lopez o io rimango e metto Donnarumma in porta”. Per fortuna sua mi ha lasciato. Romagnoli non lo volevano prendere. Venticinque milioni di euro. Sinceramente in quel momento quella cifra era alta. In quel momento, ma in prospettiva no, tanto è vero che quest’anno era stato offerto dal Chelsea quasi il doppio per acquistarlo. E tutti e due questi ragazzi ora sono in Nazionale. Romagnoli il presidente non lo voleva. Non lo voleva comprare. Anche Niang, non giocava mai. Poi con me fu lanciato. Quell’anno doveva essere venduto all’estero, io mi sono opposto e adesso è titolare in squadra. Togli questi tre giocatori e il Milan attuale non sarebbe quello che è».

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Le va di parlare della vicenda di Vieira? Che successe allora?
«In primo luogo devo dirle che dopo quella storia io e Vieira siamo diventati amici. Tanto è vero che lui, anche se era infortunato, è venuto alla mia partita d’addio al calcio. Una bella prova di amicizia, dopo quello che c’era stato tra noi. In una partita lui mi ha detto zingaro di merda e allora io non gli ho detto negro di merda. Io penso che tutto quello che succede in campo deve rimanere in campo e poi deve passare. Poi lui quando è tornato in Inghilterra ha detto che io gli ho detto negro di merda. Io potevo dire tranquillamente che non era vero. Io non sono fatto così e ho confermato: sì, gli ho detto nero di merda. Ma la mia offesa non era nero ma era merda. Perché nero di merda è razzismo e zingaro di merda non è razzismo? Che cambia? Non cambia nulla. Io ho tanti miei amici che sono neri. Io comunque con tutti sono in buoni rapporti e quando ho avuto qualche problema ho sempre detto le cose in faccia e sempre affrontato i problemi da uomo, e non da codardo».

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C’è stato qualcuno con cui poi non si è riappacificato?
«No. Per esempio Mutu al quale ho sputato, cosa che non avrei dovuto fare. Io sono andato a Firenze, lui era giocatore ed era preoccupato. Ma io gli ho detto guarda non ti angosciare, è stata colpa mia. Tu sei stato bravo a provocarmi, io sono stato coglione e ti ho sputato. Ho sbagliato io, io chiedo a te scusa, non tu a me. I giocatori stessi sapevano come ero in campo e venivano a provocarmi, così come tante volte io andavo a provocare loro. Una volta mi ricordo di Bierhoff che è stato astuto. Ero nella Lazio, abbiamo giocato con Milan e c’era il bombardamento su Belgrado in corso. Quando giocavo avevo bisogno sempre di avere qualche nemico per poter rendere al massimo. Allora mi preparavo, “gli dico di tutto, lo provoco, così lui si incazza e io mi incazzo”. Così rendevo al massimo. Ma Bierhoff, furbacchione, viene prima della partita e mi dice “Guarda, ti voglio dire una cosa: mi dispiace tantissimo per quello che succede nel tuo paese perché non ve lo meritate. Io sono con voi”. Io lo guardo e gli dico grazie. Lui va via e io mi dico: ora come cazzo faccio, non posso menarlo dopo che mi ha detto questo del mio paese. Insomma sono rimasto là senza menare, deluso
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