Stroppa esclusivo: "Che bello vincere così. Berlusconi? Decisivo"

Il tecnico del Monza racconta un torneo incredibile e incerto culminato a Pisa con la promozione in Serie A
Monza - Giovanni Stroppa (confermato)© LAPRESSE
Tullio Calzone
9 min

Dall’appartamento affacciato sul mare chiaro di Capo Colonna condiviso con i suoi collaboratori a Crotone, al paradiso di Monza il passo sembra decisamente breve. Ma di mezzo c’è un tempo che equivale a un’eternità. Il mondo capovolto della carriera di Giovannino Stroppa rimarrà segnato per sempre dai trionfi brianzoli che hanno spalancato nuovamente le porte del grande calcio italiano a Silvio Berlusconi e ad Adriano Galliani. Un successo impresso nella notte batticuore di Pisa che cancella amarezze e sacrifici inimmaginabili. Come quella Serie A vissuta a Pescara dieci anni fa e finita con le dimissioni. O anche l’esperienza appassionata nel Foggia dei Sannella, propedeutica alle contraddizioni calabresi, anche lì tutto iniziò tra più di qualche incomprensione ma arrivò una promozione in A centrata dopo un esonero e un pentimento dichiarato dai Vrenna e dal ds Ursino. La miracolosa salvezza raggiunta ripartendo dall’ultimo posto, ma curando tutto in modo maniacale, con Stroppa che indicava agli addetti alla manutenzione come tagliare l’erba ai campi di allenamento per consentire alla squadra di lavorare e allenarsi bene. Negli spogliatoi aveva messo in bella mostra una frase che racchiude tutta l’etica che il tecnico lodigiano mette in quello che fa: «Al grano che avremo seminato, nulla potrà impedire di germogliare». E la prova concreta è in questo Monza per la prima volta in A grazie alle regole d’ingaggio di un allenatore predestinato e testardo che difende sino in fondo le sue idee e invita tutti a migliorarsi col lavoro, una passione viscerale prima ancora che un metodo. 

Vincere al termine di una stagione così non ha prezzo. Vero Stroppa? 
«Sì, è esattamente così. La gara di Pisa è stata la ciliegina sulla torta dopo un’annata avvincente costruita tra tante avversità. Il Covid e la mancanza iniziale di identità del gruppo hanno complicato le cose. Ma abbiamo lavorato tanto per arrivare alla fine. A Perugia non eravamo così pronti come lo siamo stati in questi playoff. Eppure quella sconfitta ci ha rinforzati. Spareggi spettacolari. Il Brescia rimontato due volte e con il Pisa abbiamo subito gol al 93’ e poi le due reti nella gara di ritorno in 9’ che avrebbero potuto ammazzarci. Invece siamo qui a gioire. Meritatamente. La consapevolezza del nostro valore ha fatto la differenza». 
 
Una promozione non scontata.  
«Abbiamo dovuto raccogliere i cocci all’inizio e rimetterli insieme. Valoti, Ciurria, Mota, Gytkjær e tanti altri non avevano svolto la preparazione e abbiamo dovuto prima recuperarli. Costruita un’idea comune di squadra, consolidata con il lavoro quotidiano, abbiamo potuto giocare e vincere». 
 
Dalla vittoria in 9 uomini col Cittadella, alla disfatta di Perugia: i passaggi fondamentali? 
«C’è stato anche il ribaltone con il Frosinone. Una gara che ci ha fatto crescere. Come la partita di Cittadella e sono sicuro che anche la sconfitta del Curi ci ha dato molto. Tutto quello che è successo ha un sapore speciale. Bisogna dare merito ai ragazzi. Questa stagione non avremmo voluto che finisse mai». 
 
Vedere il presidente Berlusconi felice festeggiare la A quanto l’ha gratificata? 
«E’ la soddisfazione più bella. Questo lavoro lo si fa anche per gli altri. Osservare il patron e Galliani gioiosi, sapendo che il loro sogno era tornare in A, è una felicità immensa». 
 
Una pressione che ha complicato le cose o uno stimolo avere avuto il fiato sul collo della società? 
«Una risorsa decisiva. Avere Berlusconi e Galliani accanto ha facilitato tutto. Chi ha ottenuto più successi di loro nel calcio mondiale? Abbiamo condiviso ogni scelta che è stata frutto di un confronto nella massima responsabilità e nel rispetto dei ruoli. Mi hanno dato serenità. Anche il direttore Antonelli ci è stato sempre vicino. Grande supporto. Tutte componenti preziose che hanno contribuito alla vittoria. E “al grano che abbiamo seminato, nulla ha potuto impedire di germogliare”. Una frase che avevo scritto nello spogliatoio a Crotone e in cui non smetterò mai di credere fermamente». 
 

L’avversario più duro? 
«Tanti. Il Lecce ha dimostrato di essere forte, come Pisa, Cremonese e Brescia. Il Perugia ha avuto tanta qualità. Mi è piaciuto l’Ascoli. Chi è entrato nei playoff lo ha fatto con merito. Il Frosinone ha sbagliato alla fine, ma ha prodotto bel calcio. Una B competitiva. Giocando ogni tre giorni tutti si sono rinforzati a gennaio soprattutto in attacco». 
 
Le congratulazioni che l’hanno gratificata e colpita di più? 

«Ho ricevuto tanti messaggi, non mi piace fare nomi, ma dalle persone che conosco ho avuto le testimonianze più belle». 
 
Sacchi ha detto di lei che era un predestinato da calciatore perché ragionava in campo. Come Ancelotti. E’ pronto a emulare Re Carlo? 
«Lui è un mito. Ogni cosa che fa, la fa nella normalità. Anche quando vince la sua quarta Champions. La sua grandezza sta nel farlo con semplicità. Io mi accontento di fare al meglio il mio lavoro». 
 
Dieci anni fa la prima volta in A sulla panchina del Pescara. Troppo presto o cosa non ha funzionato? 
«A Pescara non andava il mio modo di lavorare e mi sono dimesso. Scelta che rifarei. Quando non riesci a mettere a posto le cose bisogna cambiarle». 
 
A Crotone invece com’è andata? 
«Sono stato testardo, ma il merito è stato anche della società. Che ha ammesso di aver sbagliato. Il primo anno ho ripreso la squadra all’ultimo posto e ci siamo salvati. La promozione è nata da lì. Ma è stato possibile vincere anche pretendendo la perfezione quotidiana nei campi di allenamento e nel contesto dove allenavo combattendo una mentalità pigra che impedisce di crescere». 
 
Dai Sannella a Berlusconi, un salto di qualità decisivo. 
«Sono restato me stesso. E’ come si lavora che fa la differenza a prescindere dai presidenti che incroci per strada. Foggia è una piazza incredibile. La cosa più bella, oggi, è vedere la gente di Monza che si è identificata con la squadra. Far gioire le persone attraverso il calcio ti fa amare ancora di più questo lavoro».
 

Stavolta sarà un’altra storia in A. Il modulo resterà il 3-5-2 o si apre a soluzioni tattiche assecondando, magari, il Berlusconi allenatore? 
«Io conosco questo modo di lavorare e non lo cambio. L’ho detto ai miei dirigenti all’inizio di questa avventura. Partire da un anno di conoscenze è un passo importante. Berlusconi? Fondamentale. Nella scelta degli uomini è giusto confrontarsi. Lo faccio anche con i miei collaboratori. Poi è il campo che crea le gerarchie attraverso il merito». 
 
La premiazione dell’attaccante danese Christian Gytkjaer come miglior realizzatore dei playoff è la certificazione dell’enorme lavoro fatto. Cosa rimarrà in A di questo Monza? 
«Gytkjaer è stato migliorato dalla sua applicazione nel rispettare le mie regole d’ingaggio. Ma è cresciuto tanto, supportato anche psicologicamente. In A sono tutti confermati dalla società». 
 
Mota Carvalho sarà il vostro Leao, l’attaccante portoghese di cui Dany è stato compagno in Nazionale? 
«Ha margini di crescita impressionanti. Lui gioca al calcio per il piacere di farlo. Deve maturare e mettere dentro al suo bagaglio tecnico ulteriori qualità che potrebbero permettergli di compiere un grande percorso. Se mi somiglia? Io avevo l’ultimo passaggio, lui ha l’esplosività e vede la porta da centravanti vero. Insieme ci saremmo completati magnificamente». 
 
Con l’arrivo di Belotti attacco a posto? Il fedelissimo Messias sarebbe la ciliegina sulla torta per la A. Poi cos’altro servirà? 
«Di rinforzi si occupano perfettamente Galliani e Antonelli. Una garanzia anche in questo». 
 
Berlusconi scherzando, ma neanche tanto conoscendone le ambizioni, ha parlato a caldo di Champions. Poi ha corretto il tiro. L’obiettivo reale del Monza, invece, qual è? 
«Consolidare la categoria, magari anche divertendoci. Le ambizioni del presidente vanno assecondate. Sarebbe bello fare un torneo intenso e senza rischiare di perdere la A. Serviranno linee guida certe, disciplina, lavoro, rispetto».  
 

Stroppa sa vincere solo così!


© RIPRODUZIONE RISERVATA