Tolo tolo, ecco cosa ci è piaciuto (e non) del nuovo film di Checco Zalone

Il grande ritorno di Luca Medici al cinema (dal 1 gennaio) è una piacevole sorpresa: si ride un po' di meno ma si riflette molto di più. Si parla dell'Italia multietnica e si vedono anche undici azzurri di colore cantare l'inno di Mino Reitano prima di una partita di calcio
Tolo tolo, ecco cosa ci è piaciuto (e non) del nuovo film di Checco Zalone© ANSA
Simone Zizzari
4 min

Si ride un po’ di meno ma si riflette decisamente di più. L'attesissimo ritorno del Patron del cinema italiano Checco Zalone ci ha lasciati interdetti. In senso positivo, sia chiaro. Entri in sala a vedere Tolo Tolo e prepari i fazzoletti tanto dovrai piangere dalle risate. Ingenuo. E’ di Zalone che si parla. Lui ti sorprende sempre. Ti aspetti una cosa e te ne propina un’altra, ancora più geniale. Stavolta non è stato da meno. Torniamo all’incipit: si sorride, niente di più. In compenso in questo film c’è tutta la stretta attualità. C’è il salvinismo, ci sono i porti chiusi, c’è il dramma degli immigrati, c’è l’essere "italiano medio” dell’italiano di oggi. Ci sono i vizi (tanti) e le virtù (poche) del contemporaneo. Zalone nel raccontare i tic nostrani è imbattibile. Non da oggi, da sempre. Va un po’ più un difficoltà quando il piano si allarga e coinvolge tematiche globali.

Fino a quando lo spazio è racchiuso nelle Murge, nel piccolo paese di Spinazzola, Checco non ha rivali. Lì si sente a casa e racconta come solo lui sa fare il fallimento di un imprenditore locale che si era messo in testa di realizzare un sushi bar in un posto dimenticato da Dio. Due scene e cinque minuti bastano a ricordarci il talento di Luca/Checco. Poi l’azione di sposta in Kenia, paese nel quale il protagonista fugge per evitare il Fisco italiano persecutore e i parenti-serpenti. Qui si scontra con una realtà più vasta e complessa. I temi da raccontare sono tanti. C’è l’Isis (“Mi consegno, meglio loro delle mie ex mogli”), c’è il viaggio della speranza dei migranti, i barconi e la povertà assoluta. Qui la sceneggiatura un po’ tentenna, si cerca troppo di inseguire Scola con “Riusciranno i nostri eroi”. Il racconto a tratti si fa confuso (ed è strano visto che alla sceneggiatura compare il nome di Paolo Virzì). A tenere a galla il film ci sono però dei momenti di Zalonismo assoluto, come quando compare in un cameo Nichi Vendola o come quando Checco racconta il razzismo: “E’ come la candida, con lo stress e col caldo esce fuori”. E come si cura, con il Gentalyn? “No, con l’amore”. Geniale. 


Un altro momento altissimo è quando in uno delle tante scene oniriche Checco si ritrova ad immaginare un’Italia nella quale un nero canta la pizzica o la nazionale azzurra di calcio interamente di colore canta l’inno di Mino Reitano “Italia, Italia”. A proposito di calcio, ad un certo punto in Kenya un ragazzo si avvicina a Checco indossando la maglia della Roma con il 10 di Totti sulle spalle. Sono gli unici due momenti ‘sportivi’ del film. 


Per concludere, Tolo Tolo è sicuramente il film più ambizioso di Checco - che qui per la prima volta firma anche la regia dopo l’addio al sodalizio con Gennaro Nunziante -. Non era facile uscire indenni da un prodotto così ambizioso. Lui c’è riuscito cambiando pelle e dimostrando una maturità che, si spera, possano riconoscergli anche i tanti spettatori che andranno in sala a vedere il suo film dal 1 gennaio.  


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