Valerio Iafrate ai ragazzi di Giffoni Sport: “Non temete la sconfitta: prepara solo a un’altra vittoria”

Il suo messaggio agli ambassador: "Una delle lezioni più belle ci arriva da Federer, quando è stato insignito della laurea honoris causa. Ha vinto 20 titoli ma ha detto di aver perso il 50% dei punti. Significa che non bisogna avere paura di perdere"
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Iafrate, giornalista professionista, Responsabile della Comunicazione degli Eventi Sportivi Rai dal 2019, è stato innanzitutto Valerio. Era un giovane intraprendente e dinamico, ma soprattutto coraggioso, anzi “spregiudicato”, come si definisce al cospetto della platea di Giffoni Sport, quando si è presentato al cospetto di Candido Cannavò. “E’ stato il mio primo maestro. Ci siamo conosciuti allo stadio, la sera di Italia-Argentina. Da ventenne spregiudicato, andai a trovarlo a Milano. Da metà degli anni Ottanta in poi, avevo cominciato a frequentare il mondo delle radio private. Cannavò mi propose di collaborare con la Gazzetta dello Sport, in attesa della laurea”. Dopo il master negli States, decolla la sua carriera. “Sono stato atleta e facevo i 400 piani – dice Valerio Iafrate, a La Gazzetta dello Sport, dove rimane fino al 1998, poi inviato dell'ANSA, in Rai nel 1999, a Sky Sport dal 2003 fino a dicembre 2007 – il mio master in giornalismo sportivo l’ho fatto sfruttando il mio master di atleta, partecipando alla staffetta 4x400 ma la vera fuoriclasse di casa è mia moglie, che è stata anche amazzone di livello internazionale”. 

L'incontro


Agli ambassador di Giffoni parla a cuore aperto, cominciando dai sacrifici e anche dalle sconfitte. “In estate – dice - chi si occupa di sport lavora il doppio, perché tutto o quasi succede d’estate. Le vittorie sono esaltanti, ma talvolta le sconfitte sono più importanti. Una delle sconfitte sportive più dolorose fu di Nibali, in Brasile, nel 2014. Era in una forma strepitosa, aveva vinto il Tour de France ed era al comando della gara olimpica. Proprio lui, formidabile in discesa, scivola su una macchia di umidità e si rompe la spalla, a pochi chilometri dal traguardo. La sua vittoria sfuma così. Un giorno mi ha detto che la vittoria del Mondiale, nel 2016, è nata dalla sconfitta del 2014”. 

"Fino in fondo"


Ha seguito da inviato, telecronista e conduttore, le Olimpiadi del 2000, 2004, 2008 e 2012, i campionati del mondo di calcio del 2002, 2006, 2010 e 2014, gli Europei di calcio del 2004, 2008, 2012 e 2016, i tornei di tennis del Grande Slam, insieme a Gian Piero Galeazzi, tre edizioni del Campionato del mondo di ciclismo, quattro edizioni del Giro d'Italia, tre del Tour de France e quattro edizioni della Coppa del Mondo di sci nordico. Per quattro stagioni ha curato e condotto, in alternanza con altri colleghi, Zona 11 pm, trasmissione in onda su Rai Sport dalle 23:00 alle 00:20 dal martedì al venerdì. Per due anni, invece, insieme a Roberto Gotta, è stato il telecronista Rai del campionato di football NFL: ha raccontato, dal vivo, due Superbowl (2009 e 2010) e oltre settanta partite. La sua frase "Fino in fondo!", pronunciata in occasione di ogni touchdown realizzato di corsa, è diventata cult. Da responsabile comunicazione degli eventi sportivi, Iafrate dice di essere “passato dall’altra parte, perché comunico ciò che la Rai fa per lo sport”.

Il valore della sconfitta

Il tema scelto per i giffoners è intrigante: la sconfitta. Iafrate ne parla anche nel suo libro, “L'ultimo tiro. Storie di chi non si è arreso a un destino di sconfitta”. Gli chiedono delle sue sconfitte e risponde così: “Sono difficili da mandare giù. Nello sport vincevo e perdevo, non ho fatto l’abitudine al successo e alla sconfitta. Nel lavoro ho perso tante volte: il ko può abbattere e anche segnare un punto di non ritorno, se non  hai la forza o se non c’è accanto a te una persona che possa aiutarti. Per questo motivo, la sconfitta individuale è più difficile da gestire e digerire, rispetto allo sport di squadra. Mia moglie, amazzone nel giro della Nazionale, si è fatta male un giorno in allenamento. I cavalli sono animali estremamente sensibili e percepiscono lo stato d’animo. Quel giorno in allenamento, aveva litigato con il suo papà, era nervosa, è caduta da cavallo, si è rotta due vertebre, è rimasta ferma sei mesi e ha smesso. Non dobbiamo avere paura delle sconfitte ma capire come e perché abbiamo perso. L’esempio più grande ci arriva da Sinner e Alcaraz, campioni e amici nella vittoria e nella sconfitta. Da loro ci arrivano grandi esempi, di grande maturità. Una delle lezioni più belle ci arriva da Federer, quando è stato insignito della laurea honoris causa. Ha vinto 20 titoli ma ha detto di aver perso il 50% dei punti. Significa che non bisogna avere paura della sconfitta, perché prepara a un’altra vittoria”. 
 


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