Anche l’esports dice no alla Russia

Come nello sport tradizionale anche gli organizzatori di tornei di videogiochi hanno preso i loro provvedimenti.
Anche l’esports dice no alla Russia
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L’esclusione dai mondiali e dalle coppe Uefa, la sottrazione della finale di Champions League di San Pietroburgo, l’addio alle paralimpiadi a gli eventi internazionali del Cio: la mole di sanzioni sportive si è abbattuta con rapidità e unione di intenti sugli atleti russi e, non sempre ma spesso, anche su quelli bielorussi e sulle relative federazioni a causa dell’invasione dell’Ucraina. Oltre lo sport tradizionale non è stato da meno l’esports: il gaming competitivo ha fatto sua la tematica e ha deciso, in modo più o meno omogeneo, di escludere dalle proprie competizioni alcuni giocatori professionisti.

Counter-Strike il primo colpito

Contrariamente allo sport, in cui le decisioni spettano a un organo superiore federale e super partes (o che almeno dovrebbe esserlo) la “palla” negli esports è invece dei publisher, ovvero di chi detiene i diritti sul videogioco utilizzato nella competizione, o dei tournament organizer, chi organizza il campionato o lega, due figure che possono anche coincidere. La prima azienda a prendere provvedimenti è stata la Blast Pro Series, competizione di Counter-Strike: GO, titolo seguitissimo e tra i più giocati nel mondo occidentale ma soprattutto nell’Est Europa. Ucraini, russi e bielorussi sono alcune delle nazionalità più rappresentate nel titolo di Valve ed è quasi la regola che giochino insieme nella stessa squadra, senza problematiche di sorta.

Squadre no, giocatori sì

La Blast Pro Series, dicevamo, ha escluso le squadre russe, ovvero quelle organizzazioni esports che hanno la propria radice nel territorio di Mosca, dalla propria competizione. Provvedimento a cui ha fatto quasi immediatamente seguito ESL, il più importante tournament organizer mondiale e recentemente acquisito insieme a Faceit dal Savvy Gaming Group, azienda riconducibile al fondo sovrano saudita, per 1,5 miliardi di dollari in una delle operazioni più onerose nella storia dell’esports. L’azienda ha in un primo momento escluso dall’ESL Pro League, sempre di Counter-Strike: GO, le organizzazioni che avessero un chiaro legame con il governo russo, ovvero i Gambit Gaming e i Virtus Pro, salvo poi però comunicare che la misura si applica esclusivamente ai “club”: i giocatori possono continuare a partecipare ma dovranno farlo sotto un nome nuovo e neutro senza alcun collegamento con le squadre di appartenenza.

L’embargo USA

Discorso simile ma di origine diversa per la Pro League di Quake Champions. Bethesda, azienda che gestisce il gioco e il campionato professionstico internazionale, ha annunciato che i giocatori, e non le squadre, russi e bielorussi non possono più partecipare alla competizione, vedendosi improvvisamente esclusi a torneo già iniziato. C’è però un distinguo: l’origine della misura risale alla sanzione comminata dal Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti contro la Russia per il conflitto in Ucraina. L’embargo impedisce alle aziende statunitensi, e quindi a Bethesda che si trova sotto Microsoft, di poter inviare e ricevere denaro verso Russia e Bielorussia. Di fatto gli organizzatori della Quake Pro League non possono pagare i giocatori professionisti che partecipano al campionato, pena multe salatissime che Bethesda, ovviamente, non è disposta a sostenere.


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