Diabolik protagonista di Milan Games Week e Catoomics per I suoi 60 anni

“Le sorelle Giussani hanno immaginato un personaggio attento a temi sociali come l’usura e il bullismo; il nuovo film sarà fedelissimo all'originale."
Diabolik protagonista di Milan Games Week e Catoomics per I suoi 60 anni
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Nel 2022 Diabolik, lo storico personaggio creato dalle sorelle Giussani, compirà sessant’anni. Per festeggiare questo iconico compleanno e il numero 900 della serie la casa editrice Astorina porterà alla Milan Games Week & Cartoomics un’esposizione unica chiamata “Diabolik 60° - 900 albi 1962-2022”. Ci siamo fatti raccontare da Mario Gomboli, Direttore di Astorina, lo sviluppo del personaggio e il suo approdo sul grande schermo con il nuovo film dei Manetti Bros in uscita il 16 dicembre.

Diabolik è un pezzo di storia del fumetto italiano per stile grafico e narrativo come è cambiato in questi suoi "primi" 60 anni?

Diabolik ha avuto una lenta, graduale, inevitabile evoluzione iniziata sin dalla metà degli anni ’60, quando troppi imitatori (definiti dalle Giussani “la banda dei K”) invasero le edicole. Le Autrici trasformarono quindi il loro “Fumetto del brivido” in “Giallo a fumetti”, ridimensionarono la ferocia del loro personaggio e costruirono storie più articolate. Questa continua evoluzione ha creato i presupposti perché Diabolik potesse adeguarsi ai tempi che passano senza perdere di identità, di “riconoscibilità”, e così a essere il fumetto con più avventure alle spalle: a febbraio 2022 uscirà il 900° episodio.

La serie si è fatta pioniera di diverse battaglie sociali come combattere l'omofobia, la lotta alla mafia e al bullismo; questo impegno può definirsi identitario della serie e come lo svilupperete?

Il mondo di Diabolik, la città di Clerville e lo stato omonimo, è analogo al nostro. Perciò il contesto delle sue avventure coincide con quello che viviamo quotidianamente, con i suoi crimini e le sue contraddizioni. Inevitabile che chi, a partire dalle sorelle Giussani, ha scritto le sue storie tentasse di inserire, sia pure in un contesto noir, un messaggio eticamente corretto. Così, senza tema di contraddizioni, si è ribadito il disprezzo di Diabolik per narcotrafficanti, usurai e aguzzini, e l’odio di Eva Kant per chi non rispetta i più deboli, umani o animali che siano. Da qui a passare a vere e proprie campagne sociali il passo è stato breve e – purtroppo – ancora molti sono i temi da affrontare. A cominciare dall’immigrazione clandestina, prossimamente argomento di una storia a fumetti. E di una campagna, ovviamente.

Come è nato il film e come avete pensato di dare vita sul grande schermo a un personaggio così iconico?

È dal lontano 1968, quando Mario Bava realizzò la prima pellicola dedicata a Diabolik, che periodicamente si è parlato di un nuovo film. Se per cinquant’anni nessun progetto è mai andato a buon fine è perché nessuno ha mai accettato la clausola imposta, a suo tempo, dalle sorelle Giussani: “Il film deve rispettare il personaggio in ogni dettaglio”. Così chi di volta in volta voleva trasformare Diabolik in Zorro e nel Giustiziere della notte, non ha ottenuto i diritti di produzione. Fino al giorno in cui Antonio e Marco Manetti non sono arrivati alla redazione di Astorina proponendo di fare non un film su Diabolik ma il film di Diabolik. Ho subito capito di avere davanti le persone giuste per realizzare il film che le Giussani avevano sognato. Non a caso scegliemmo di partire dall’episodio che entrambe consideravano il più impostante della saga: quello che narra il primo incontro tra il Re del Terrore e Eva Kant.


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