Quando si parla di competizioni videoludiche il Giappone non è mai stato al passo di Corea del Sud, America o Europa anche se è la casa di alcuni dei videogiochi e sviluppatori più famosi al mondo. La ragione principale di questo divario risiede in alcune vecchie leggi giapponesi che comparano i tornei di videogiochi ai giochi con scommesse, come il poker, che per vari anni hanno rappresentato un problema di riciclaggio e crimine organizzato di molte gang della Yakuza.
Per questo motivo qualsiasi torneo non poteva superare il montepremi di 900 dollari. Fortunatamente, in vista dell'apertura del Cio e quindi di una “possibile” prima comparsa degli esports nei Giochi Olimpici del 2024, il governo giapponese ha deciso di rivedere i decreti del 1980 e soprattutto dare linee guida per i contratti dei videogiocatori professionisti.
Per sopperire alla mancanza di un organo statale che si occuppasse degli esports è stata creata la “Japan Esports Union” (JESU). Le prime parole del neo vice presidente Hirokazu Hamamura:
“Questo è il primo grande passo per lo sviluppo degli esports in Giappone. Da oggi in poi i nostri giocatori potranno diventare star e so che succederà presto”.
Dopo l'annuncio è stato organizzato un grande torneo, il “Game Party Japan”, che ha visto competizioni in svariati titoli, fra cui Call of Duty, Street Fighter V, Tekken 7, Puzzle & Dragons, e Monster Strike, arrivando ad un montepremi globale di 300.000 dollari. Il PIL Giapponese negli ultimi anni sta crescendo molto velocemente e alcune ricerche hanno dimostrato una correlazione con la crescita del mercato esports nipponico.
Se questi sono i presupposti entro il 2024 potremmo assistere ad altre ulteriori novità, senza dimenticare che Tokyo ospiterà i Giochi nel 2020.
Servizio a cura di redazione GEC - Giochi Elettronici Competitivi