Intervista a Marco Soranno: League Operations Manager di PG Esports

La nascita dei PG Nationals, il casting in italiano delle maggiori competizioni mondiali di League of Legends e gli eventi live che attraggono centinaia di persone. Chi c’è dietro a tutto questo e come funziona?
Intervista a Marco Soranno: League Operations Manager di PG Esports
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Abbiamo intervistato uno degli artefici del successo di PG Esports a livello competitivo: Marco Soranno, League Operations Manager. Che si presenta così a chi non lo conosce.

Lavoro per PG Esports da ormai più di 2 anni. Sono entrato quando la società si stava evolvendo da quella che era Personal Gamer. Facciamo parte di Fandango Club, azienda leader nel mercato della live communication che, oltre agli eventi on demand e alle campagne on/offline, si occupa dell'ideazione e della realizzazione di grandi format come la Milan Games Week. Prima Personal Gamer era parte di questo gruppo, ma era una sorta di business unit che si dedicava allo sviluppo di attività legate al gaming, specialmente on demand. Con l’arrivo del CEO, Pier Luigi Parnofiello, ex publishing manager in Riot, abbiamo fatto un investimento specificamente sugli esports, e non sul fenomeno del gaming in generale: abbiamo ottenuto dei grossi risultati in Italia perché abbiamo creduto nella crescita di tale ambito, e ti assicuro che puntiamo a traguardi ben più importanti di quelli che abbiamo già raggiunto. Parnofiello è entrato in PG Esports alla fine del 2016 e ha iniziato a costruire un team di cui io sono stato uno dei primi elementi, per poi arrivare a comprendere più di una decina di elementi nel 2017.

Quindi PG Esports cos’è? È un tournament organizer e broadcaster italiano, ma con la voglia di essere riconosciuto anche all’estero. Ci stiamo concentrando principalmente sull’ambito italiano, ma non sappiamo effettivamente fin dove tutto questo potrà portarci, anche se ovviamente abbiamo già delle idee. Ci tengo a dire ciò perchè noi siamo questo e non altro: bisogna che continuiamo a fare il nostro lavoro e bisogna che lo facciamo bene. Non ci occupiamo di influencer e non siamo un’agenzia media e non siamo una community: siamo semplicemente degli organizzatori di tornei e broadcaster. Organizziamo competizioni divise in 2 grandi categorie, che sono i prodotti on demand (Red Bull Factions, Red Bull The Br4wl, ecc.) e le proprietà intellettuali, come i PG Nationals, che abbiamo costruito noi stessi. Sostanzialmente noi costruiamo il torneo o prodotto, decidendo il titolo e le modalità di trasmissione, e poi abbiamo degli slot di sponsorizzazione che vendiamo ai partner. L’investimento sta nel creare l’infrastruttura e poi vendere la possibilità di partecipare ai più interessati.

Io nello specifico mi occupo delle parti di “play” e “broadcast”, quindi di capire quali sono i titoli competitivi che tratteremo nel corso del tempo e di decidere come giocarli e come trasmetterli su Twitch, con cui abbiamo anche una partnership. C’è poi tutto un team che mi supporta e mi aiuta a fornire questo spettacolo.

Ogni volta che intraprendiamo un nuovo percorso designiamo un nuovo product owner, che si fa carico di tutti gli oneri relativi all’organizzazione e crea un team specifico per ogni disciplina, dal play alla comunicazione, dal broadcast alle vendite e agli eventi dal vivo.

Passiamo ora ai PG Nationals nello specifico: quelli di League of Legends esistono ormai da 2 anni e da poco sono nati anche quelli di Rainbow Six Siege. Quali sono i caratteri fondamentali di questa competizione e com’è nata?

Vorrei spiegare l’idea e quali sono i principi fondamentali che stanno dietro i PG Nationals: li abbiamo costruiti nel 2017. L’idea era di costruire competizioni di massimo livello secondo gli standard italiani, e parliamo quindi di semi-professionismo, dato che a livello interno di professionismo vero e proprio non si può ancora parlare, mentre nel resto dell’Europa sì. L’intento era quello di concentrarci su questa scena, creando competizioni che rispondessero a determinati requisiti: grazie a Riot Games ci siamo resi conto di sposare tutte le loro aspirazioni, e il percorso è stato in discesa. Il ragionamento parte dall’assunto “questo torneo è un PG Nationals se…”. Si tratta di un percorso che può portare le squadre a competere a un livello superiore a quello nazionale, come gli EU Masters nel caso di LoL. Essere il massimo torneo nazionale significa necessariamente sfociare nel giocare poi a un livello superiore e internazionale. Ciò incontra l’altra caratteristica fondamentale per dar vita a un PG Nationals, ovvero che si tratti di un torneo ufficiale ed unico del publisher: quest’ultimo deve condividere e supportare il progetto a livello locale, mettendoci il proprio marchio. Tutto ciò è importante sia per noi organizzatori, sia per i team, che in questo modo sono certamente più invogliati a investire economicamente nel progetto.

Vi è logicamente anche un requisito di numeri: se investiamo su un prodotto, lo facciamo perché sappiamo che quest’ultimo gode di una certa comunicatività e di una certa rinomanza a livello locale. Per trasmettere qualcosa su Twitch e mantenere viva l’attenzione a riguardo, c’è anzitutto bisogno che la community di tale disciplina sia attiva e supportiva, altrimenti il progetto incontrerebbe non poche difficoltà.

Se vogliamo stilare un corollario delle caratteristiche principali dei PG Nationals, possiamo dire che si tratta di una competizione semi-professionistica, che si caratterizza per i rapporti diretti con le squadre, le quali devono sentirsi parte del progetto e capire che se crescono i tornei, crescono automaticamente anche loro. Per far ciò noi incentiviamo i loro post sui social, la loro presenza in streaming e la loro pubblicizzazione. Non abbiamo ancora pensato all’introduzione di un sistema a franchigie, perché ci pare che in Italia sia ancora troppo presto per fare un discorso simile, e le società potrebbero non starci dietro.

Per quanto riguarda nello specifico la nascita dei PG Nationals di League of Legends, il percorso è stato molto più facile di quello che ci aspettavamo, e questo perchè ci siamo sintonizzati immediatamente con il publisher, il quale ci ha scelti dopo aver già creato un circuito locale in Italia. Noi abbiamo semplicemente presentato il nostro progetto e Riot Games ci ha scelti perché si è resa conto che gli obiettivi che volevamo perseguire erano esattamente gli stessi che si erano prefissati loro. Dopo il primo anno di lavoro, anche altri publisher si sono interessati a noi e si sono avvicinati: è così che Ubisoft ci ha contattati e sono nati anche i PG Nationals di Rainbow 6, il cui primo evento dal vivo si è svolto proprio in occasione di questo grande evento delle finali estive.

Per quanto riguarda il futuro, i PG Nationals potrebbero espandersi fino a coprire una vastissima gamma di titoli, ma è evidente che una valutazione così ampia sarebbe impossibile da fare in questo momento, specialmente data l’incertezza che gira attorno al successo di un gioco. Per la mia esperienza personale posso dire che un Tournament Organizer può spingersi a trattare un massimo di 4 tornei diversi per volta se vuole mantenere un livello alto in ognuno di questi, altrimenti rischia di disperdere le attenzioni e di non riuscire a portare un prodotto degno di questo nome sulla scena locale.

Il terzo PG Nationals potrebbe nascere a breve, abbiamo delle idee e potrebbero esserci novità anche nell’immediato futuro, ma non posso sbilanciarmi troppo.

Come si pongono le società sportive stesse nei confronti di PG Esports e dei PG Nationals nello specifico? Ovviamente per loro si tratta di una vetrina molto importante, che dà molta risonanza, quindi immagino sia fondamentale essere parte di un tale circuito locale con sbocchi sulla scena internazionale.

Ci sono stati moltissimi casi di slot acquistati da brand famosissimi perchè volevano e dovevano rimanere su questo palcoscenico, come i Qlash e i Morning Stars, che hanno acquistato Team Forge e Inferno. Le società hanno capito che si tratta di un bene reciproco: se le società promuovono la competizione e la portano avanti, potranno trarre innumerevoli benefici dal prosperare del torneo stesso, e questo nasce da come abbiamo impostato il circuito. Non abbiamo mai rapporti diretti con i giocatori, ma soltanto con le società e con i loro team manager, a cui comunichiamo tutte le varie ed eventuali che sorgano in corso d’opera.

LEC, LCS, LCK, LPL, sono trasmessi, per tutta la durata del torneo, in diretta e in luoghi appositamente creati e messi in funzione. C’è la possibilità che anche in Italia si arrivi prima o poi a qualcosa di simile?

Se devo essere sincero, è ancora molto lontano: direi almeno 5 anni. Guardando all’estero, è facile rendersi conto del fatto che vi sia ancora uno step intermedio che in Italia sta facendo molta fatica a nascere, sebbene sempre più realtà di questo tipo nascano: parlo delle gaming houses. Una volta che tutte le squadre saranno dotate di tali strutture si potrà cominciare a pensare di creare uno studio e far venire le squadre a giocare in un unico luogo tutte le settimane.

Per quanto riguarda la questione sponsor, abbiamo visto che di recente si è aggiunta anche Adidas, entità molto grande sia a livello nazionale che internazionale, ma prima c’erano già stati Just Eat con i suoi codici sconto e Vigorsol, che è il title sponsor dei PG Nationals. Come e quanto la partecipazione di queste grandi società si ripercuote su di voi a livello finanziario, organizzativo e comunicativo?

Siamo orgogliosi di come sia andata la raccolta sponsor: le cifre ci permettono di portare spettacoli di questo livello. Trattandosi di investimenti, i costi sono sempre piuttosto alti, e se non riusciamo a coprirli grazie agli sponsor significa che stiamo andando a perderci. Grazie a Vigorsol abbiamo ormai da un anno la possibilità di mantenere un certo livello di intrattenimento, che si concretizza anche in eventi di questo tipo, organizzati sempre al massimo delle nostre possibilità.

Anche Predator ci sta dando un aiuto enorme dal lato di Rainbow Six, proprio come sta facendo anche Western Digital, che ci fornisce strumentazioni varie. Adidas veste i nostri caster e Just Eat dà da mangiare a tutti i nostri spettatori. Sono tutti brand che hanno intuito il potenziale dei nostri progetti e che hanno iniziato a parlare ai giovani in modo non convenzionale: l’obiettivo è quello di riconfermare questi partner anche nei prossimi anni e di espanderci verso nuove categorie merceologiche che in qualsiasi modo possano avere a che fare con l’ambito degli esports in generale.

Mi chiedete a cosa servono questi sponsor, e io rispondo che per noi è motivo di grande orgoglio vedere che brand di questo calibro siano interessati sempre di più a supportarci e ad inserirsi nel nostro panorama.

Abbiamo davanti importanti sfide. Su tutte allargare l’orizzonte dei nostri progetti anche ad altri mercati, fra cui la telefonia, rivolgendoci a quei manager che più di altri comprendono che il futuro è questo e che per comunicare con i più giovani bisogna sapere rischiare e intraprendere percorsi innovativi e di rottura.

Puoi anticipare qualcosa riguardo progetti futuri o iniziative che avete intenzione di intraprendere come PG Esports?

Ci sono moltissimi progetti che bollono in pentola, ma non posso dire praticamente nulla. Posso sbilanciarmi e dire che entro la fine dell’anno ci saranno un paio di annunci abbastanza grossi da parte di PG Esports, trattandosi di progetti che stanno aspettando semplicemente il via libera.

Ci sono alcune vetrine nella seconda parte dell’anno in cui saremo certamente presenti, che sono la Milan Games Week e il Lucca Comics & Games, con dei progetti riguardo questi eventi, con anche forse dei prodotti nuovi che riusciremo a portare. Specialmente a Lucca saremo più presenti degli altri anni, ma non possiamo ancora dire in che modo e con quale titolo. E poi non dimentichiamo che quest’anno ci sono i mondiali di League of Legends in Europa, quindi non è escluso che qualcosa riusciremo a fare anche a riguardo.

Sono ormai 2 anni che PG Esports ha avvicinato anche l’Italia ad un livello semi-professionistico degli esports, ha contribuito a unire una community preesistente e a creare un livello di partecipazione e di interesse che prima era impensabile. Quali sono secondo te i vostri meriti a riguardo?

Se parliamo nello specifico di League of Legends, indubbiamente negli ultimi 2 anni abbiamo fatto un lavoro molto accurato, perché eravamo convinti che tutto ciò potesse giovare alla community: abbiamo investito nel canale di Twitch, diventato il primo in Italia, abbiamo ottenuto il supporto di Riot Games e siamo quindi riusciti ad avere il campionato ufficiale e un broadcast di qualità. Le cose o si fanno bene, o è meglio lasciar perdere totalmente. Ci siamo prefissati un obiettivo, e per raggiungerlo abbiamo deciso che avremmo sempre mantenuto un certo livello di qualità, senza mai scendere al di sotto di una certa soglia.

Abbiamo provato a portare in maniera costante il prodotto, con determinate strategie, e questo ha funzionato e ci ha portati qui. Non nego che vogliamo continuare a crescere, continuando a reinventarci e a migliorarci sempre di più: ora riusciamo a portare 600/700 persone agli eventi live nei teatri, ma io vorrei arrivare a un palazzetto con 1.500 persone. Come si può ottenere un risultato del genere? C’è bisogno di un format diverso? C’è bisogno di cambiare modalità? Lo faremo. Non basta mettere un led wall più grande o avere una squadra più forte: c’è bisogno di una strategia funzionante che va individuata e perseguita.

Il nostro arrivo sulla scena ha portato sana competizione e un po’ di pepe in più sulla scena italiana, e non potremmo essere più contenti di così. Vogliamo che ci sia voglia di migliorare da parti di tutti: siamo player e ci rivolgiamo ai player, quindi l’intesa non mi sembra così difficile da ottenere e da portare avanti.

Servizio a cura di GEC - Giochi Elettronici Competitivi


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