Il piano della Mercedes è umiliare la Ferrari: c'è un motivo personale

La risposta è nella scalata di Toto Wolff, capo della Stella tedesca, alla F.1. Un tentativo bloccato da Binotto. Da quel momento tra i due è calato il gelo
Il piano della Mercedes è umiliare la Ferrari: c'è un motivo personale© EPA
Fulvio Solms
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Se anche ce ne fosse bisogno, il primo gran premio a Silverstone (domenica si replica) ha confermato che la Mercedes è cambiata, dallo scorso anno. In realtà anche la Ferrari è cambiata, purtroppo: in peggio, parlando delle prestazioni della macchina e dei risultati, che ne sono diretta conseguenza. Quando ci riferiamo ai cambiamenti della Mercedes, invece, intendiamo proprio che sia mutato il modo di correre di quella squadra, o volendo usare una parola alta: la sua filosofia. La W11 viaggia ancora più forte della precedente W10 che già era dominante, ha sofisticazioni pregevoli come il DAS (la convergenza variabile col volante a scatto) e potremmo prendere anche per buona la spiegazione grossolana di Toto Wolff secondo cui «la macchina è migliorata per un terzo di aerodinamica, per un terzo di motore e per un terzo nell’interpretazione delle gomme». Non si capisce, però, per quale ragione Mercedes abbia preso a correre non solo per battere la Ferrari ma proprio per umiliarla, come è poi certificato dalle dichiarazioni che seguono qualificazioni e gare. Nulla di illecito e neanche riprovevole – non c’è mai abuso nel successo, memento la Ferrari nel 2000-2004 – ma si registra un inspiegabile segno di discontinuità rispetto al passato.

I motivi della guerra Ferrari-Mercedes

Laddove fino allo scorso anno Toto Wolff citava «l’amico Mattia» riferendosi ovviamente a Binotto, e la Ferrari era sempre «competitiva e pericolosa per noi», eccolo ora esprimersi in termini affatto diversi: «Tirerei tutti su di morale alla Ferrari, azienda fantastica con persone fantastiche – ha detto già all’inizio di questa stagione in Austria, appena un mese fa – Ma non avrei motivo di consolare Mattia». Che è sempre Binotto, ma trasmutato da «amico» a Macchia Nera. E’ evidente che dietro ci sia qualcosa di molto personale che va al di là del discusso accordo Ferrari-FIA sui motori 2019 – uno di quegli episodi che certo possono creare tensione tra le squadre – e anche del cambio di rotta politica imposto a Wolff nello scorso marzo dal presidente di Daimler AG, Ola Källenius. Mercedes avrebbe voluto infierire anche allora ma si è dovuta sfilare dal pool dei sette team ostili all’accordo Ferrari-FIA, dopo che Källenius ha creato un asse con John Elkann (che, sempre bene ricordare, è il presidente della Ferrari): qualcosa che aveva viaggiato ben al di sopra delle teste di Wolff e Binotto. In realtà tutto origina dallo scorso inverno quando la Ferrari attraverso l’ad Louis Camilleri e Binotto, tumulò definitivamente le possibilità di Wolff di andare a ricoprire il ruolo di capo della Formula 1 al posto di Chase Carey, il quale lascerà dopo che verrà firmato il rinnovo del Patto della Concordia. Maranello fece inserire tra le clausole del nuovo Patto l’inibizione per qualsiasi persona detentrice di un ruolo apicale tra i concorrenti della Formula 1, ad avere per un triennio incarichi direttivi in Liberty Media.

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