Retroscena Sainz, la mossa della Ferrari che ha incartato Verstappen

Ha usato la McLaren per rispondere alla mossa astuta della Stella: una lezione di automobilismo in piena regola
Retroscena Sainz, la mossa della Ferrari che ha incartato Verstappen© EPA
Fulvio Solms
5 min

Fratello d’Italia, l’Italia s’è desta! Italia in Formula 1 è soprattutto Ferrari, e il fratello che fa risuonare Mameli dopo quattordici interminabili mesi è Carlos Sainz, il bellone e furbastro che in piena corsa s’è messo a giocare a scacchi. Vista la vittoria della Ferrari in questo Mondiale che appartiene ad altri, dunque, non ci resta che cominciare il conto alla rovescia per l’arrivo di Babbo Natale, cui a questo punto crediamo senza riserve. Perché non poteva vincere, la Ferrari, e l’ha fatto dopo essersi presa una fondamentale pole. Perché non poteva perdere Max Verstappen, e men che meno la Red Bull, ed è successo.

Tocca rispolverare il termine “storico”, piuttosto abusato nello sport. Perché tutti ormai giuravano che la Red Bull si sarebbe presa ogni gara in questo Mondiale e avrebbe chiuso un en-plein riuscito a nessuno, neanche alla mitica McLaren di Senna e Prost del 1988, piegata proprio da una Rossa (Gerhard Berger a Monza). Perché anche al destino ogni tanto slitta la frizione. Questa volta la bandiera l’ha piantata Carlitos figlio di Carlos, pluricampione di rally e dei deserti. Questa capacità di pensare prima di dare gas gliel’ha inculcata suo padre, e il ragazzo ieri l’ha messa a frutto in una corsa da lectio magistralis. Ha addormentato la corsa nella fase iniziale, ha allungato quando occorreva, s’è tenuta incollata ai glutei la McLaren dell’amico Lando Norris nei cinque giri finali che - s’è scoperto solo alla fine, come in un giallo ben costruito - avrebbero racchiuso l’essenza dell’intero fine settimana.

La lectio magistralis della Ferrari a Singapore

Ma andiamo con ordine, che qui non s’è ancora nominato Charles Leclerc, sacrificato nel gioco della Ferrari, che gli ha chiesto subito di staccarsi dalla scia di Sainz. La radio gli ha gracchiato al giro 10: «Sei a un secondo e mezzo da Carlos, ci serve che aumentino a tre». Al giro 17: «Charles sei a 2”3 da Carlos, abbiamo bisogno di cinque secondi». Un tradimento? Ma no si fa così, ci vuole cinismo e l’avremmo detto anche a posizioni invertite. Leclerc ha capito e s’è messo al servizio della squadra: non il suo primo gesto d’amore. Il risultato di questa tattica, combinato con la scaltrezza diabolica poi mostrata da Sainz, ha permesso alla Ferrari di piantare una bandiera sul calendario di questa sgraziata stagione. Nessuno più pensava che potesse accadere.

Ma quando la corsa in mano a Carlitos s’era addormentata, e i due redbulli non avevano incassato la safety car a gara inoltrata su cui avevano scommesso pesante partendo con le Pirelli dure, la Mercedes molto veloce ha rotto gli schemi e ha tentato la mossa astuta di un secondo pit stop per mandare i suoi all’attacco nel finale con gomme medie, veloci, fresche, anche a costo di far perdere loro posizioni (Russell-Hamilton da 2º-4º a 4º-5º) e mezzo minuto prezioso (sono rientrati in pista rispettivamente a 24” e 30” da Sainz). Mancavano quindici giri alla fine e con il passo che avevano, i due Mercedes, avrebbero potuto mangiarsi facilmente Leclerc, com’è poi successo, e la McLaren di Lando Norris per andare all’attacco di Carlos.

La strategia vincente di Sainz

Però, la scintilla. Sainz chiama il muretto, a meno sei giri: «Voglio il gap su Lando a ogni giro». Non per staccarlo ma per tenerlo incollato a sé, in modo che l’amico sulla McLaren potesse usare il DRS e così difendersi dalle Mercedes, che incombevano su di lui con uno straordinario vantaggio di gomme (medie più fresche di 24 giri delle sue dure). E si sono capiti, come quelle squadre di calcio cui servirebbe il pareggio e pari finisce: trenino Sainz-Norris-Russell-Hamilton per gli ultimi cinque giri. Russell sta addosso a Norris, Hamilton a Russell; Norris ben contento di poter difendere il secondo posto usando l’ala mobile (neanche pensare di cercar di superare la Ferrari: non ce l’avrebbe mai fatta) ha fatto sclerare Russell che all’ultimo giro ha cercato spazio dove c’era un muro, iniziativa su cui le leggi della fisica non si sono trovate d’accordo. Hamilton s’è preso il podio basso con la calma e la superiorità del vecchio saggio, ma intimamente godendo. La sconfitta di Verstappen, quinto alla fine, per Lewis è senza prezzo.


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