Forghieri, quando la tecnica diventava emozione

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Mauro Coppini
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«So che ci vorrà che ci vorrà un miracolo. Ma vorrei tanto che in Brasile vincesse una “rossa” e che venisse dedicata a lui la vittoria. Ha dato tanto alla “rossa”. Mi dispiace moltissimo. È sempre stato il mio idolo». Sono molti a salutare con messaggi di questo tenore la morte di Mauro Forghieri. Per trent’anni direttore tecnico della Ferrari, l’esempio più rappresentativo di una Formula 1 lontana da quei processi di omologazione generati da sistemi di ricerca necessariamente condivisi. Con l’eccezione a fare la regola. Ogni strada era percorribile e anche se molte di queste, forse la maggioranza, erano senza uscita, valeva la pena di tentare. D’altra parte “pettinare” il caos per trasformarlo in una scienza esatta non era impresa da poco. Affrontabile solo da progettisti a tutto tondo per i quali la monoposto era la fedele e concreta rappresentazione del proprio pensiero. Un misto di logica, azzardo e perché no, infinita considerazione di sé. E se oggi sono gli “intermediari” a tenere banco con la parcellizzazione sempre più spinta dei singoli apporti, ai tempi di Mauro Forghieri il progettista era pronto a maneggiare un saldatore per dimostrare la validità del suo pensiero. Un pensiero libero, anche di sbagliare, a costo di confrontarsi con un Enzo Ferrari tra odio e amore Perché non c’erano i computer a “recintare” il campo di azione, moltiplicando a dismisura prescrizioni e divieti. Salvo il fatto che la nostra capacità del fare è ormai di gran lunga superiore alla capacità di prevederne gli effetti. E così nell’ora della prevedibilità ci troviamo, ancora una volta, ad avanzare alla cieca. Mauro Forghieri era soprannominato “Furia” e non solo per la sua creatività ma piuttosto per la sua umanità. Capace di ascoltare con pazienza e partecipazione le considerazioni di un ragazzino saccente nelle prove del Gran Premio di Monaco del 1966 (ero io) e di convincere il presidente della Mercedes, questa volta lui, nella parte del ragazzino, a cedere alla Ferrari il sistema di iniezione diretta che aveva reso imbattibili le Stelle d’argento nei mondiali 1954/55 in cambio di un modesto orologio da polso che il “Cavallino” sulla cassa trasformava in un gioiello prezioso.“Furia” che finiva per trasformare anche la più complessa delle tecnologie in un sentimento capace di coinvolgere ed emozionare senza dover ricorrere alle “istruzioni per l’uso”.


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