Formula 1, Ferrari ad alta tensione: altri due uomini possono lasciare

L’uscita di Sanchez ha spinto altre figure apicali a valutare la fuga
Formula 1, Ferrari ad alta tensione: altri due uomini possono lasciare© Getty Images
Fulvio Solms
5 min
Dove eravamo rimasti? Alla partenza di David Sanchez, alla Ferrari uomo fondamentale nello sviluppo del concetto di vettura. E’ stato veicolato il messaggio che abbia pagato per il flop del GP del Bahrain e non è così: il francese di origini spagnole se n’è andato per sua propria scelta, come ci eravamo già detti. Ma ci sono altre due figure apicali pronte a fare le valigie, anche più importanti di Sanchez nella scala gerarchica della Scuderia: si tratta di Enrico Cardile e Laurent Mekies, che oggi possiamo considerare le architravi, rispettivamente tecnica e sportiva, della Ferrari. Non rischiano, nel senso che non è il team principal Frederic Vasseur ad averli inseriti in una sorta di lista di proscrizione. Ciò va precisato, perché in questo bailamme circola voce dell’esistenza di un elenco con quattro indesiderati da allontanare (i primi due sarebbero Cardile e Mekies, degli altri due non riteniamo opportuno citare il nome a oggi, in mancanza di elementi concreti), ma le cose non stanno esattamente così. Semmai, al contrario, Vasseur vorrebbe trattenerli (e non ci stupiremmo se, non riuscendoci, si ricorresse al venticello già soffiato per sminuire Sanchez).

Chi regge il progetto

Cardile, dunque. Il responsabile del telaio ma di fatto direttore tecnico, anche se non c’è quella targhetta fuori dal suo ufficio. Enrico Cardile, alla Ferrari dal 2005, è il miglior prodotto della filosofia autarchica di Sergio Marchionne di far crescere le seconde e terze linee, è quello che oggi regge i fili del progetto dell’intera vettura. Perderlo potrebbe avere conseguenze esiziali, e pensare di sostituirlo in modo indolore col criterio del togli e metti (fuori Cardile, dentro Simone Resta che è già sotto contratto Ferrari, ma distaccato in Haas) sarebbe una svista. Inutile il dibattito sulla reale qualifica di Enrico Cardile: non sarà direttore tecnico, ma lo fa. Non lo è come Pierre Waché della Red Bull, che deve tenere insieme una macchina prodotta in Inghilterra e un motore che arriva dal Giappone, non lo è come Mike Elliot, le cui due metà della mela Mercedes vengono prodotte a quaranta chilometri di distanza, e per analoghe ragioni non lo è come Matt Harman all’Alpine (Enstone e Viry Chatillon), né lo è come i direttori tecnici delle varie squadre clienti. In Ferrari, che produce tutto sotto lo stesso tetto, Cardile è formalmente sullo stesso livello del capo-motorista Enrico Gualtieri, lavora di concerto con tutti ma l’ultima parola è la sua. 

Ridare serenità

Ecco, Cardile non si sente più al sicuro, come peraltro altre figure tecniche interne a Maranello. Ritiene che se è saltato Mattia Binotto che lo proteggeva, facendogli da parafulmine per permettergli di pensare e ideare e rischiare e sbagliare, anche, senza necessariamente doverci rimettere la ghirba, ecco, se è saltato il team principal anche la sua posizione non è più garantita. Tale clima nella Scuderia non favorisce il fermento delle idee, e questa dovrebbe essere oggi la prima preoccupazione del team principal: restituire serenità a tutti i responsabili d’area. Lo stesso Vasseur in Bahrain, parlando con persone a lui vicine, si è lamentato dell’invadenza dei dirigenti dell’azienda, ma era stato proprio lui a dirci che «la squadra è un dipartimento dell’azienda», e che definirla un’entità autonoma (come la Scuderia è sempre stata nella sua storia) costituisse «un abuso di linguaggio». Analoghi dubbi attraversano Mekies: ne abbiamo parlato e dobbiamo confermare, pur registrando che da Maranello ci sia stata riferita la sua intenzione di rimanere al fianco di Vasseur. Questa è l’aria che tira a pochi giorni dall’Arabia Saudita, il secondo GP dell’anno. 


© RIPRODUZIONE RISERVATA