Crisi Ferrari, c’è debolezza. Ora serve il mercato

Leggi il commento al "momento no" della Rossa: Maranello pronta a correre ai ripari, prima che sia troppo tardi
Fulvio Solms
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Toccherà andare fino all’altro capo del mondo, tra due domeniche in Australia, per cercare il primo podio della stagione: chi avrebbe mai detto che questo sarebbe stato l’avvio della Ferrari nel Mondiale? Né basta più fare ricorso alle solite frasi: abbiamo tutto ciò che serve per vincere; un anno fa la Red Bull dopo due gare si disperava, e invece; dobbiamo solo lavorare a testa bassa e i risultati arriveranno. «Non raccontiamoci stronz...» vien da sbottare, e non ci permetteremmo mai di scriverlo se non lo avesse detto lo stesso Frederic Vasseur domenica sera, idealmente rivolto agli ingegneri di Maranello. Il team principal è convinto che la macchina di base sia buona - posizione intellettualmente onesta, giacché potrebbe sinceramente disconoscere il progetto che non ha lui come padre - e sia necessario «capire cosa stiamo sbagliando e in quale direzione stiamo anLa lentezza in gara denuncia un problema strutturale che viene da lontano dando. Non possiamo prendere in giro noi stessi, quindi cerchiamo le verità, capiamo gli errori, correggiamo quello che non va e tiriamo fuori il potenziale della macchina. Parlare non ci rende più veloci».

Pregiudizio

Basta chiacchiere insomma, ma è questo il nodo del problema? Davvero gli ingegneri di Maranello sprecano le proprie energie parlandosi addosso? Ne dubitiamo, anche se l’intento di Vasseur è positivo. Non è neanche escluso che l’approccio del manager francese (pure lui ingegnere) risenta di un pregiudizio che circola negli uffici presidenziali: «Gli ingegneri credono di essere al centro del mondo e vanno controllati», è la frase in voga dallo scorso autunno. Ma qual è la via d’uscita dalla situazione di quarta forza a Jeddah, o forse terza alla luce della tempistica della safety car, sfortunata per le Rosse e premiante per le Mercedes? Capire gli errori e correggerli per andare a prendere al massimo l’Aston Martin, non certo la Red Bull. E il discorso mondiale? Come far partire il progetto 2024 - come tempi ci siamo quasi - con lo stesso identico organigramma attuale? Anche solo l’auspicio nascerebbe col fiato corto. I problemi sono dunque strutturali: bisogna spendere sul mercato, liberandosi definitivamente dalle scorie della visione autarchica di Sergio Marchionne che voleva mandar via i migliori per far crescere le seconde linee. La prima mossa sarebbe ricreare il ruolo del direttore tecnico, visto che la Ferrari è l’unica squadra a non averlo più e ad aver sostituito questa figura con dei facenti funzione: prima l’ex team principal Mattia Binotto, oggi il responsabile dell’area telai Enrico Cardile.

Due volti

«Per me il quadro è chiaro - ha anche osservato Vasseur - Non è possibile che una macchina al sabato lotti per la pole e poi non esprima potenziale in gara. Anche se la nostra sofferenza c’è stata con le gomme dure, visto che tra soft e medie andavamo bene». In realtà in qualificazione la Rossa è a tre-cinque decimi da Red Bull, non poco, e in gara questo ritardo addirittura raddoppia. Tocca quindi che i tecnici si scervellino su ciò che varia tra qualifica e gara: il maggior peso con il pieno di carburante, il degrado delle gomme, i vari gradi di “strat” elettroniche adottate nell’ambito della mappatura. E poi naturalmente continuare a lavorare sull’affidabilità, ancora incerta. Ma nessuna scoperta consentirà mai alla Ferrari, quest’anno, di andare a prendere la Red Bull. «Non ho mai visto una macchina così veloce - ha detto Lewis Hamilton riferendosi alla Red Bull - Noi lo eravamo, certo, ma non così tanto. La RB19 è la monoposto più rapida che io abbia mai visto, soprattutto per il distacco che ha sulle altre». E lui di astronavi ne ha guidate negli ultimi anni. Siamo dunque, per Maranello, al paradosso: la seconda posizione tanto disprezzata a fine 2022 dai vertici aziendali, risulta oggi il più alto degli obbiettivi possibili.


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