Amenàbar, le visioni dall’orrore

Il regista di The Others racconta il nuovo film Regression, le sue paure, l’incontro con Emma Watson e il suo rapporto con lo sport
Amenàbar, le visioni dall’orrore
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Sono passati sei anni dal suo ultimo film. Era la storia della vita, ma soprattutto della morte, della scienziata Ipazia di Alessandria, Agorà con Rachel Weisz. «Prima giravo film perché dovevo lavorare, oggi posso cercare una storia che ho voglia di raccontare». Lo racconta il regista spagnolo, ma nato a Santiago del Cile, Alejandro Amenàbar, autore di film acclamati come The Others con Nicole Kidman e Mare dentro con Javier Bardem.

Appassionato di horror, ha raccontato come da bambino avesse paura dei «fantasmi, i demoni, stare da solo in un posto, i luoghi bui, ricordo che non volevo andare in bagno da solo e qualcuno doveva sempre accompagnarmi. Ero molto pauroso, ma non potevo fare a meno di vedere i film horror».In Regression ha diretto Emma Watson ed Ethan Hawke in una storia ambientata nel 1990 incentrata su una serie di abusi su minori imputati a una setta satanica, nel pieno di una marea mediatica di libri e trasmissioni televisive dedicate proprio al culto del diavolo.

Spiega Amenàbar: «Volevo fare un film sul diavolo. Ho iniziato a fare ricerche, ma mi sono annoiato a morte, non riuscivo a capire come affrontare l'argomento. Poi, ho scoperto il tema degli abusi sessuali all'interno dei rituali satanici. A quel punto il film è cambiato in un thriller psicologico per esplorare i demoni interni e il labirinto della mente». Tra i suoi riferimenti cita Hitchcock, Friedkin (L’Esorcista) e i nostri Bava e Argento. Per lui il set è il luogo dove riesce ad esprimersi al meglio: «Mi sento a mio agio nel dirigere, interagire, cercando di tirare fuori il meglio da tutti. Per alcuni registi è stressante e si arrabbiano, a me piace che gli attori si sentano a loro agio. Quando ho iniziato a lavorare come regista volevo che la troupe mi rispettasse, dovevo mostrarmi molto sicuro. Adesso cerco di lavorare nel modo opposto. Non voglio che mi vedano come qualcuno con cui non si può parlare o che non può essere sfidato, soprattutto dagli attori, voglio che mi dimostrino che potrei essermi sbagliato».

In Regression, la ricerca della verità sugli abusi legati al satanismo è affidata alla scienza e alla religione: «Io sono convinto che esistano buoni e cattivi da tutte le parti e questo a maggior ragione lo si capisce oggi, dopo i recenti accadimenti (il riferimento è agli attacchi terroristici di Parigi, ndi). Non volevo enfatizzare il ruolo della chiesa al riguardo. Mi piace evidenziare come due istituzioni, naturalmente in opposizione, in realtà collaborino per risolvere questo puzzle. La cosa più importante è che tutti commettono errori, tutti i personaggi. Mi interessava l'aspetto psicologico. Tutti dobbiamo considerare gli errori nella nostra vita perché è il modo per migliorare. Il problema è quando non riusciamo a riconoscere l'errore, come in un'equazione controlli e ricontrolli e non trovi l'errore. Tornando indietro ti rendi conto che era semplice, bastava sistemare le cose. La presa di coscienza dell'errore ci fa migliorare»

Per l'intervista completa ad Alejandro Amenàbar, prendete INRoma oggi con il Corriere dello sport e cercatelo nei punti di aggregazione più importanti della Capitale. 


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