Celestini: «Amo raccontare cose che a me sembrano interessanti»

Passato, presente e futuro del poliedrico attore romano protagonista al Teatro Vittoria
Celestini: «Amo raccontare cose che a me sembrano interessanti»
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Ascanio Celestini torna al Teatro Vittoria per il quarto anno consecutivo e questa volta lo fa con tre spettacoli diversi. Inaugurato ieri il primo, Laika, che rimarrà sul palco fino al 24 aprile. A seguire sarà la volta di Discorsi alla Nazione (26-30 aprile) per chiudere nella prima settimana di maggio con Radio Clandestina, uno dei grandi classici dell’artista romano. Tre spettacoli tutti diversi tra loro di cui Celestini a parlato a InRoma, insieme ai suoi progetti futuri e qualche considerazione sul calcio, sulla Roma e su due monumenti giallorossi: Agostino Di Bartolomei e Francesco Totti.


Protagonista al Teatro Vittoria fino all’8 maggio con tre spettacoli differenti. Con il primo, Laika, è in scena da ieri, che cosa deve aspettarsi il pubblico che verrà a vederla?

Laika è la storia di un personaggio che racconta le persone che abitano attorno a un condominio e parla di quelli che passano attraverso il parcheggio del supermercato e sono un barbone, una prostituta, una donna fuori di testa e dei facchini africani che lavorano in un magazzino. Insomma una vita considerata sempre marginale ed emarginata, ma che se osservata da vicino ti fa capire che queste persone non soltanto ci assomigliano, ma siamo proprio noi. 

Perché nello spettacolo ci sono dei riferimenti religiosi?

Da quello che ho sentito in giro sembrava che il personaggio dovesse essere Gesù, ma non è così anzi è il contrario, questa storia è vuota di qualsiasi presenza divina. Occupiamoci dell’uomo, Dio è un po’ più complicato. 

Nei suoi lavori sono spesso presenti riferimenti all’attualità, alla quotidianità. Attraverso questi spettacoli è come se volesse portare una missione civile nei confronti di chi la viene a vedere?

Quando scrivo non penso al messaggio che deve essere portato allo spettatore né tantomeno voglio mostrare qualcosa di scandaloso. Io voglio raccontare cose che a me sembrano interessanti. Non penso che il teatro abbia questa missione civile e sociale di raccontare agli spettatori le magagne del Paese in cui viviamo. Io vado a teatro per vedere un bello spettacolo, voglio uscire dal teatro con l’idea che la mia visione del mondo è cambiata, che mi sia servito a qualcosa. Poi è chiaro nel teatro che scrivo passa anche la mia visione politica, ma come passa anche quella di Bombolo nei suoi film. 

Tra i fatti che stanno caratterizzando la quotidianità, c’è un qualcosa che la stuzzica e che potrebbe spingerla a proporre un lavoro?

Mi piace molto l’informazione, quella semplice penso alla televisione, alla radio e a come si accostano ad esempio al tema del terrorismo. A me interessa la maniera quotidiana di raccontare questa cosa tremenda che è il terrorismo.

Sarà al Vittoria, ma se potesse scegliere un luogo qui a Roma dove potersi esibire quale sceglierebbe e perché? 

Non lo sceglierei. Io ho sempre pensato ai miei lavori, sia nella scrittura del racconto che nella costruzione proprio degli elementi scenici come degli spettacolo che possano essere il più possibile presenti ovunque. Ad esempio, Radio Clandestina l’ho fatto un po’ ovunque. Per me è interessante non sapere dove andrò a fare lo spettacolo per capire poi come interagisce con lo spazio e le persone che ne fruiscono.

Radio, cinema, tv, teatro, ma qual è la dimensione che predilige?

Non ce n’è una. Quando scrivo mi chiudo nella mia stanza e parlo, parlo e queste parole possono diventare un film, una canzone, uno spettacolo o un libro. Quando scrivo non so che cosa diventerà tantomeno se diventerà qualcosa. 

Se non fosse diventato l’Ascanio Celestini che conosciamo oggi cosa le sarebbe piaciuto fare nella vita?

Non lo so, avrei voluto fare l’antropologo, ma per caso. 

Lei segue il calcio ed è tifoso della Roma. Che cosa ne pensa di questa stagione? È un’altra occasione persa oppure è soddisfatto?

A me non interessa tanto il calcio dal punto di vista dei risultati. A me del calcio piace quello che va oltre la partita, come la tifoseria e la memoria che c’è nelle squadre di calcio. Nel mio spettacolo Laika il personaggio a un certo punto parla di Agostino Di Bartolomei e della possibilità che potesse diventare Santo. Perché Santo non significa fare i miracoli, ma essere al cospetto di Dio. Mi piacciono i personaggi come Agostino. Chi ha la mia età ricorda sicuramente questo capitano un po’ atipico, serio che rappresenta un calcio che oggi non c’è più.

Il Di Bartolomei di oggi chi sarebbe?

Non lo so. Probabilmente non sarebbe, oppure qualcuno che gioca in qualche squadra africana lontano dalla vetrina di Bulgari del calcio. 

Se le faccio il nome di Totti, invece, cosa le viene in mente?

Totti è un personaggio atipico rispetto al calcio che normalmente vediamo e subiamo. Anche il fatto che per un periodo abbia interpretato il personaggio che raccontava le barzellette desacralizza molto l’immagine del campione di calcio qual è stato ed è ancora. Questa sua straordinaria autoironia, che sia un limite o un pregio questo lo sa solo lui, però è un tratto straordinario, forse anche più bello del fatto che lui sia un campione di questo sport.

Progetti e pensieri per il futuro?

Alla fine delle date romane inizio un progetto tra Francia e Belgio dove tra gennaio e febbraio 2017 debutteremo, tra Parigi e Bruxelles, con due spettacoli, uno sarà la versione francese di Laika e l’altro si chiamerà Spaesamento.


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