Pession: «Lo sport è dedizione e sacrificio»

L'attrice italoamericana, attualmente in onda sul piccolo schermo con la fiction Il Sistema, racconta a InRoma del suo ultimo lavoro, dello sport e del futuro
Pession: «Lo sport è dedizione e sacrificio»
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In queste settimane è protagonista su Rai Uno con la fiction Il Sistema, una storia sulla lotta di un gruppo di agenti della Guardia di Finanza contro uno dei mali che attanagliano il nostro Paese, la corruzione. Protagonista Gabriella Pession insieme a Claudio Gioè. L’attrice nata in Florida da genitori italiani e stabilmente nel nostro Paese dall’età di sette anni è tra i volti più amati del piccolo e del grande schermo.  

Già un anno fa rivelasti a INRoma che tra i progetti futuri c’era Il Sistema. Oggi che il progetto è diventato una realtà e un successo, cosa puoi dirci di questa esperienza?
«Io sono molto, molto, molto contenta di averne preso parte perché si tratta di un lavoro molto innovativo e coraggioso, con un linguaggio molto attuale per la televisione italiana. Avrà anche un bel riscontro all'estero, accentuato dall'idea di essere una fiction che punta al mercato internazionale nel modo di raccontare l'attualità e un confezionamento di grande qualità. Siamo molto orgogliosi e fieri del successo de Il Sistema, un passo avanti per la Rai nei temi affrontati e nel modo di portarli sul piccolo schermo. Mi riferisco a Mafia Capitale, i colletti bianchi, la terra di mezzo sono questioni molto attuali, ma raccontate in maniera molto differente rispetto alle solite fiction poliziesche che abbiamo visto in questi ultimi anni. Ci sono stati messi a disposizione dei grandi mezzi per le riprese compresi i droni, abbiamo girato molte scene tenendo dei ciak è molto lunghi in maniera quasi teatrale senza tagli in mezzo, dei piani sequenza che per la televisione sono inusuali e inconsueti».

Coraggio e innovazione nel linguaggio televisivo sono fattori che premiano? In questo la fiction Il Sistema è davvero “Antisistema”.
«Dipende da cosa intendi. È sicuramente una fiction che ha un linguaggio innovativo per cui se tu ti riferisci al “sistema” di fare televisione in maniera convenzionale o nazionalpopolare sicuramente hai ragione». 

Un tema molto attuale e forte. Che idea ti sei fatta del “Sistema Italia”?
«Vivendo anche molto all'estero mi rendo conto come questa orribile realtà che ci riguarda abbia una notevole cassa di risonanza molto forte fuori dai nostri confini. È una cosa che mi fa indignare come cittadina italiana e spero che realmente la giustizia riesca a fare il proprio corso, mi addolora che l'Italia venga raccontata sui grandi giornali come una nazione dove la corruzione regna sovrana. Sono innamorata del mio Paese e guai a chi me lo tocca, ma come cittadina sono stanca di queste realtà che non sono mai combattute in maniera decisa in modo da arginarle completamente. Sembra quasi che ci siamo arresi alla malavita che soffoca la città di Roma e l'Italia tutta. Spero che anche la nostra serie tv, con un linguaggio così importante, possa aiutare a fare riflettere su quanto sta accadendo nella più bella città del mondo».

Hai una formazione sportiva: quali sono i valori che hai imparato nella tua esperienza nel pattinaggio che ti hanno aiutato nella tua carriera?
«La disciplina, la preparazione e il rispetto del lavoro, di quello che faccio e degli altri, della puntualità, essere preparata per me è una religione. Anche la perseveranza perché quando sei uno sportivo sei molto più portato a perdere perché gli atleti che vincono sono pochi, ma il lavoro è lo stesso sia per quello che arriva 20º alla maratona olimpica che per quello che la vince. C'è il talento sicuramente, ma la fatica e la dedizione sono uguali. In questo senso quello che mi ha insegnato lo sport è la totale dedizione sapendo che puoi perdere e che quando vinci magari perdi il giorno dopo. Apprendi un enorme distacco nel gestire la tua carriera con equilibrio, un valore che deriva assolutamente dallo sport». 

In ciò il tennis è una piccola eccezione perché più vinci più giochi e in un certo senso ti logori prima. L’aggancio è agli Internazionali d’Italia che inizieranno la prossima settimana a Roma.
«Sono stata presente quasi tutti gli anni, sono una grandissima appassionata di tennis. Mi piace molto guardare lo sport mi sto appassionando alla boxe, al rugby, per cui in maniera trasversale guardo un po' di tutto. Il tennis lo adoro, trovo sia uno sport di una eleganza unica e di una psicologia meravigliosa. Purtroppo – o per fortuna mia – durante il torneo di Roma sarò a Trieste per girare fino a metà luglio». 

Sempre un anno fa ci hai raccontato della tua passione per la nazionale di calcio: tra un paio di mesi ci sono gli Europei di calcio, come ti stai preparando all’evento?
«So di dire una cosa non da tifosa, però io amo soprattutto i Mondiali, gli Europei li seguo ma meno. Sul set durante le partite dei Mondiali le riprese si fermano, cosa che non accade per gli Europei. Purtroppo gli ultimi Mondiali sono stati una grande delusione. Ricordo che ero incinta e tutti mi chiedevano di non stressarmi troppo per le partite, ci stavo veramente male, ma da ex atleta pensavo che quando si gioca male è giusto perdere».

Hai lavorato con un talento come Claudio Gioè: come è stata la vostra collaborazione sul set?
«Ottima, siamo amici, siamo stati colleghi affiatati e abbiamo lavorato con enorme rispetto l'uno per l'altra. Probabilmente è il mio partner preferito in assoluto, con Claudio c'è stata una grandissima affinità sotto tutti gli aspetti, è una persona molto educata, molto preparata, molto a modo e di alto livello. Spesso parlavamo lo stesso linguaggio nell'approcciarci al lavoro, nel parlare delle scene e nel gestire il set».  

In futuro con quale attore e regista vorresti lavorare tra quelli che ancora ti mancano?
«Recentemente ho visto la performance di Luca Marinelli in Lo chiamavano Jeeg Robot, lo trovo un attore geniale, un'energia e un'ironia mai banali, intenso, forte, mi sono innamorata professionalmente di questo attore e mi piacerebbe tanto lavorare con lui. Tra i registi ho un'antica passione per Milos Forman di cui sono sempre stata una fan sfegatata anche se ormai non fa più film da anni. Tra gli italiani vorrei collaborare con Virzì e Tornatore. La cosa che mi piacerebbe di più in assoluto è avere una squadra di persone con cui lavorare su tutti gli aspetti dalla sceneggiatura alla regia fino alla produzione, realizzando dei piccoli progetti cinematografici autoriali, dando spazio a piccole storie. Infatti, mi piacciono molto i film intimisti, i cosiddetti film "piccoli". In questo senso mi piacerebbe avviare un discorso con registi che siano interessati alle vicende umane, alle storie delle piccole realtà, come in un piccolo paesino. Ad esempio, sto vedendo su Netflix un meraviglioso documentario che si intitola Chef's Table, in una puntata si racconta la storia di uno chef che vive e lavora in Patagonia. Mi piacerebbe rivolgermi a storie esemplari di persone che fanno delle vite apparentemente normali ma in realtà uniche piuttosto che le storie macro politiche o sui supereroi».


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