L'uomo che scoprì Del Piero e l'autobiografia di Rod Laver

Due occhi attenti in tribuna, un ragazzo di talento. E' il 1987, in un campetto del trevigiano sta nascendo la favola di Alessandro Del Piero. Merito, anche, di chi lo scoprì, Vittorio Scantamburlo, che qui racconta la sua storia. Dal calcio al tennis: ecco la vita e le vittorie di Rod Laver, l'unico atleta ad aver completato due volte il Grande Slam.
L'uomo che scoprì Del Piero e l'autobiografia di Rod Laver
Massimo Grilli
5 min

Un’ostrica dentro una conchiglia, se avete presente. Nel mare tumultuoso, per fortuna vivo ma comunque dispersivo dell’editoria sportiva in Italia (libri pubblicati di default, senza idee e senza cuore, altri che restano in libreria tre giorni, altri ancora che non li raggiungono nemmeno, la libreria e il relativo scaffale); «Ho scoperto Del Piero» scritto da Alberto Facchinetti è una perla rara. Facchinetti - già autore de «Doriani d’Argentina», «La battaglia di Santiago» e «Il romanzo di Julio Libonatti» - racconta la storia di Vittorio Scantamburlo, un signore di quasi 85 anni che ha vissuto per il calcio, anzi l’ha donata come si dona il sangue, sapendo di fare del bene, diciamo così. Scantamburlo è noto - tra gli appassionati - per aver scoperto il giovanissimo Alessandro Del Piero, quando ancora giocava nei Giovanissimi del San Vendemiano e aveva il numero 9 sulle spalle. Il racconto della «scoperta» vale già il libro. Ma c’è molto altro a rendere quest’opera così rara. C’è il ritratto di un uomo vero, Scantamburlo, un uomo d’altri tempi, verrebbe da dire, un padovano che parla in dialetto e ha l’occhio lungo, sa riconoscere l’oro in mezzo alla bigiotteria, un uomo umile, che si è sempre accontentato di fare bene il proprio lavoro, con la schiena dritta e l’affetto per tutti quelli che lui chiama i «miei ragassi». Già il fatto che non si definisca «talent scout» ma «osservatore» la dice lunga sulla serietà del tipo. La lista delle scoperte di Scantamburlo vale un album Panini. Maniero, De Franceschi, Manzo, Sartor, Perrone, Gastaldello, Rossettini, Mbakogu e tanti altri, più di settanta che alla fine hanno solcato i campi di A e B. Tutti scovati da ragazzini, quando il talento è un’illuminazione improvvisa: devi tenere gli occhi aperti, per cogliere il lampo della luce. A Facchinetti, che con altri colleghi ha fondato la casa editrice «Incontropiede», va il merito di aver saputo ascoltare questa bella storia, facendo un passo indietro di fronte al fiume in piena dei ricordi del buon Vittorio. A impreziosire il libro c’è anche un inserto dove sono state riportate alcune pagine delle agende di Scantamburlo. Sono appunti che commuovono, perché è nascosto lì il segreto dell’amore per il calcio. (Furio Zara)
HO SCOPERTO DEL PIERO, la storia di Vittorio Scantamburlo; di Alberto Facchinetti, Edizioni Incontropiede, 140 pagine, 15,50 euro


Sono i giorni di Wimbledon, tornano i Signori dell’erba (che però, tranne il grande Federer, ormai somigliano terribilmente ai campioni della terra). Capita a puntino allora questa autobiografia di Rod Laver, uno che - dall’alto del doppio Grande Slam in bacheca - se la batte per il titolo di Più Grande tennista di Tutti i Tempi. Certo era un altro tennis, tre Major su quattro si giocavano sull’erba, però la classe e le vittorie del grande mancino australiano restano indiscusse. Lo sa bene anche Roger Federer, che nella accorata prefazione  ricorda quasi con orgoglio le lacrime spuntate quando fu premiato proprio da Laver dopo una vittoria all’Open d’Australia. Qui il grande australiano ripercorre la sua vita e la sua carriera, da bambino felice del rurale Queensland («non ricordo una sola casa, un solo giardino o uno spazio recintato che non fosse disseminato di racchette o di palline da tennis…») all’incontro determinante con Harry Hopman, il numero uno tra gli allenatori dell’epoca, poi gli inizi sul circuito (lo sapevate che fu Orlando Sirola nel suo primo match a Wimbledon, quando però Rod non aveva ancora 18 anni?), la scoperta al Roland Garros della terra battuta europea («non riuscivo a credere quanto quanto quel tipo di terra potesse rendere lento il gioco…»), il suo primo Slam, nel 1962. Poi la parentesi tra i professionisti (fino al 1968 fu escluso dai tornei tradizionali) il ritorno dei “reprobi” sul circuito e il nuovo poker, nel 1969, quando già aveva 31 anni. E ancora i trionfi in Coppa Davis, i grandi incontri disputati (forse il più bello però fu uno perso, contro Rosewall a Dallas, 7-6 al quinto set nella finale del circuito WCT), i compagni dell’età dell’oro del tennis australiano, i principali avversari, le sfide e i confronti con i nuovi eroi (Borg e Connors in testa), esponenti di un mondo che stava inesorabilmente cambiando. Tutto senza mai oltrepassare il confine dell’educazione e del buon gusto. Un signore dei gesti bianchi, il nostro Rod, per un tennis d’altri tempi, un bellissimo viaggio al tempo delle racchette di legno.
ROD LAVER, le mie memorie; con Larry Writer, Edizioni Mare Verticale, 421 pagine, 20 euro.


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