Tutto sui rigori e l'evoluzione economica del calcio

Numeri, protagonisti e segreti dei calci di rigore. Come segnarli e come... pararli. E poi una storia economica del calcio italiano, dagli albori al 1981.
Tutto sui rigori e l'evoluzione economica del calcio
Massimo Grilli
4 min

Gli inglesi segnano su rigore quando giocano nelle squadre di club ma sbagliano in Nazionale (lo sapevamo). Chi calcia per primo ha più probabilità di vincere (lo sospettavamo). Esultare a braccia alzate demoralizza gli avversari (questa no, ci mancava). Sono solo tre regole non scritte di quell’affascinante capitolo del calcio che riguarda i calci di rigore, a cui Ben Lyttleton - giornalista sportivo e direttore di Soccernomics, un’azienda di consulenza che serve numerose squadre di vertice - ha dedicato questo libro affascinante e divertente, che raccoglie studi, profili di specialisti più o meno conosciuti (come Alex Molodetsky, oscuro attaccante ucraino di una squadra di terza serie, capace di trasformare un rigore… di testa) partite celebri (c’è naturalmente la finale mondiale persa a Pasadena dagli azzurri contro il Brasile, e le sconfitte di Roma e Milan in Coppa dei Campioni e Champions…) e statistiche relative al rito dagli undici metri. I rigori sono un’esperienza unica, in una partita di calcio, soprattutto quando a loro si affida l’esito definitivo del match, per spezzare la parità tra le due squadre. Conta più l’abilità o la fortuna? Il dibattito, naturalmente, è apertissimo, ma leggendo questo libro si capisce come l’incidenza del caso sia minore di quello che si pensa. Che dire infatti di Cech, ora portiere dell’Arsenal, che prima di ogni gara ripassa le sue statistiche sui possibili rigoristi avversari, e che nella finale di Champions del 2012, contro il Bayern, ai rigori finali si buttò sei volte su sei dalla parte giusta, neutralizzando due tiri e contribuendo al trionfo del Chelsea? Secondo molti conta tanto la psicologia, l’attitudine mentale. Per questo probabilmente gli inglesi - abituati a perdere dagli 11 metri con la Nazionale - nelle loro squadre di club segnano con una percentuale dell’82% mentre con l'Inghilterra scendono al 66, la più bassa tra le grandi nazioni. Insomma, quale sono le regole per non sbagliare un rigore? Non voltare mai le spalle al portiere, calciare entro 4 secondi dal fischio dell’arbitro, non cambiare mai idea, esultare a braccia alzate per demoralizzare l’avversario. Chissà se Martin Palermo, capace di sbagliare tre rigori in una partita dell’Argentina di Coppa America, le conosceva…
UNDICI METRI, arte e psicologia del calcio di rigore; di Ben Lyttleton, Tea Edizioni, 398 pagine, 16 euro.

Il calcio potrebbe essere definito come un’industria altamente imperfetta - e quindi priva di una struttura redditizia ed efficiente - perché a fare da suo principale traino è un motore altamente imperfetto e molto poco scientifico come la passione. Il calcio rappresenta la sesta industria del nostro Paese, muove un giro d’affari enorme e - come accade forse all'Italia, e parliamo della nazione non della Nazionale - dà l’impressione di vivere molto al di sopra delle proprie possibilità. Ma quando è nato il connubio tra calcio ed economia? Molto prima di quanto comunemente si pensi, come spiega questo libro che, grazie a un linguaggio chiaro e semplice, ci racconta i passaggi socio-economici di questo sport. De Ianni, professore associato a Napoli di Storia economica e finanziaria e Storia dell’industria presso l’Università Federico II, ci introduce nelle vicende economiche e ci parla del potere del calcio dalla nascita della Federazione fino all’inizio del calcio inteso come industria, cioè dal 1898 - quando fu assegnato il primo titolo italiano riconosciuto - al 1981, l’ultimo anno delle maglie senza sponsor, l’anno del salto di qualità definitivo per il mondo del calcio proprio sotto l’aspetto economico. Tre sono le parti del libro: nella prima, decennio per decennio, sono stati ricostruiti ricavi, spese e deficit del mondo del pallone. Si passa poi ad analizzare i comportamenti e l’evoluzione di tre figure chiave di questo mondo come quelle dei presidenti, degli allenatori e dei dirigenti; infine le vicende calcistiche e le le ripercussioni in ambito economico dei presidenti federali che si sono succeduti nei primi ottant’anni di vita del nostro calcio. Insomma, un’opera utile, che potrà interessare non solo gli addetti ai lavori.
IL CALCIO ITALIANO 1898-1981, economia e potere; di Nicola De Ianni, Rubbettino Editore, 250 pagine, 19 euro.


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