L'epopea di Socrates, campione irregolare, e la vita di Bagnoli, "mago" operaio

La carriera in campo e le battaglie civili di Socrates, asso "irregolare" del gioco del calcio; e poi il romanzo della vita di Osvaldo Bagnoli, dalla Bovisa allo scudetto con il Verona
L'epopea di Socrates, campione irregolare, e la vita di Bagnoli, "mago" operaio
di Massimo Grilli
4 min

«Io sono uno che beve, fuma, e pensa». Basterebbero queste otto parole per dare lo spessore dell’”irregolarità” di Socrates, classe 1954, campione brasiliano degli Anni Ottanta, protagonista anche di una fugace apparizione nel nostro campionato, di cui Pippo Russo ci ha regalato un affascinante ritratto. Un asso della Seleçao - a cui proprio l’Italia di Bearzot negò nel 1982 il titolo mondiale, sicuramente la delusione più grande della carriera - ma anche un personaggio capace di dimostrare con i fatti come il gioco del calcio possa avere anche una valenza politica e sociale. Parliamo della Democratia Corinthiana, naturalmente, delle tre stagioni cioè nelle quali il Corinthians - in aperto disprezzo del governo dei militari allora al potere - si dette una organizzazione democratica e non gerarchica, nella quale tutto - anche la formazione - veniva scelto collegialmente, senza che i risultati sul campo ne risentissero, ma tante furono le battaglie civili portate avanti dalla squadra di San Paolo. Figlio di un impiegato autodidatta (curioso dei libri e della cultura in generale, tanto da battezzare il figlio con il nome del filosofo greco), dottore in medicina, Socrates giocò  60 volte in nazionale e fu un campione dalla grande intelligenza calcistica e con il colpo di tacco («estetica dell’inessenziale», lo definisce Russo) come gesto preferito. Da noi giocò solo una stagione, a Firenze nel campionato 1984/85 (25 presenze e 6 gol) ma tra Socrates e la serie A l’amore non sbocciò mai, troppo lontani forse i loro mondi per arrivare anche solo a conoscersi, se non a comprendersi. O forse era già tutto scritto: il ritorno in sordina in Brasile, i problemi crescenti con l’alcol, l ricoveri in ospedale, la morte arrivata alle 4.30 del 4 dicembre 2011, proprio il giorno del trionfo del Corinthians nel campionato nazionale brasiliano (successo a Socrates sempre negato) proprio come il campione di Belèm aveva auspicato: «Vorrei morire di domenica, nel giorno in cui il Corinthians vince il titolo». Da non perdere la rassegna fotografica della sua vita, accompagnata dalle sue frasi più famose.
SOCRATES, l’irregolare del pallone; a cura di Pippo Russo, Edizioni Clichy, 116 pagine, 7,90 euro.

 

Già la scelta andrebbe premiata. Raccontare Osvaldo Bagnoli significa schierarsi, accreditarsi ad una certa idea di calcio; scegliere le schiene dritte, non i lacché, stare con le persone serie, non con la cricca della fuffa. Matteo Fontana fa una cosa a cui non siamo più abituati: indaga. E’ un’indagine vera e propria, quella che si srotola tra le pagine di un libro che si legge tutto d’un fiato; è l’indagine (troppo facile: al di sopra di ogni sospetto) su un uomo, un allenatore, un calcio che non c’è più. Di Bagnoli, Matteo Fontana racconta tutto. Il privato, il pubblico. La quotidianità, il teatrino del pallone. Le gioie, sempre vissute con pudore. Le delusioni, sempre accettate con serenità. E lo fa scavando sotto la superficie, per restituirci l’intima verità di un uomo di calcio come non ce ne sono più. Di Bagnoli viene ricordato, ovviamente, l’epopea dello scudetto con l’Hellas Verona, l’ultimo vero miracolo italiano, altrochè. Era la primavera del 1985, e tra qualche anno scopriremo che nel nostro calcio è stato quello il momento che ha segnato la cesura tra un prima e un dopo. Del primo Bagnoli vengono ricordate le promozioni con Fano (C1) e Cesena (A), la cavalcata europea col Genoa (prima squadra italiana a vincere ad Anfield Road). Di Bagnoli viene ricordato l’addio alla panchina, stava all’Inter e quando Ernesto Pellegrini gli comunicò l’esonero, l’Osvaldo - come scrive l’autore - girò i tacchi e disse solo: «Si vergogni». Tanti ricordi, filtrati attraverso la memoria di chi lo ha conosciuto da vicino, da Fanna a Volpati, da Gritti a Guidetti; tanti retroscena, tante piccole storie nobili di un allenatore che ha forgiato la propria diversità rimanendo se stesso. E’ stato questo il piedistallo su cui ha costruito la sua storia di uomo di calcio. Nella godibilissima prefazione Roberto Beccantini scrive: Osvaldo Bagnoli. Il calciatore, l’allenatore, l’uomo, il marito, il padre: non «uno, nessuno e centomila», alla Luigi Pirandello, ma sempre quello, sempre «uno». (Furio Zara)
OSVALDO BAGNOLI, il miracoliere, l'allenatore operaio; di Matteo Fontana, edizioni Eclettica, 319 pagine, 18 euro


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