Dalla nuova tribù del pallone a un saggio sul calcio moderno

Torna in libreria il famoso saggio-studio di Desmond Morris, tra riti tribali e nuovi miti; e una riflessione sul calcio, i suoi protagonisti moderni, il suo futuro
Dalla nuova tribù del pallone a un saggio sul calcio moderno
Massimo Grilli
4 min

Sono passati 35 anni da quando apparve per la prima volta il famoso saggio di Desmond Morris - zoologo ed etologo inglese - sul calcio, riletto e studiato come una derivazione moderna e meno cruenta delle guerre tra popolazioni e tribù diverse, con la partita vista come una lotta tra un gruppo che vuole difendere i propri confini (la squadra di casa) e quello che invece è spinto dal desiderio di sfondarli, questi confini, di annetterli a sé (la squadra in trasferta). In questo passaggio millenario da cacciatori a calciatori (in fondo, cambia solo una lettera), non cambia il significato rituale, dove l’arma è il pallone e la preda è la porta, da violare con un gol, autentica uccisione simbolica. Così si spiegherebbe anche il successo planetario di questo sport, che continua ad incantare miliardi di tifosi (pardon, di adepti). Anche se, rispetto al 1981, la nostra conoscenza globale del fenomeno calcio è molto cresciuta, è sempre affascinante - in questa seconda edizione, riveduta e corretta - farsi ammaliare dalla prosa di Morris, con il suo continuo mettere a confronto i riti del calcio moderno con i comportamenti tribali. I canti di guerra e i cori delle curve, le superstizioni dei guerrieri e quelle dei presidenti, il paragone tra i guaritori delle tribù e l’apparato medico sempre più sofisticato nelle società di calcio. Oltre i confini del campo, tifosi, giocatori, presidenti, allenatori, tutti sono parte di una macchina complessa che rappresenta le tante sfaccettature della nostra vita. Perché, come ripete Mourinho nella prefazione, «chi conosce solo il calcio, non conosce davvero il calcio».
LA TRIBU’ DEL CALCIO, di Desmond Morris; Rizzoli Editore, 335 pagine, 29,90 euro.


(Furio Zara) E poi ogni tanto arriva qualcuno a fare chiarezza. A offrirci una lente, un punto di vista, una nuova prospettiva per ragionare - meglio - sul calcio. Giacomo Giubilini, consulente editoriale in Rai, ha scritto questo «91° minuto - Storie, manie e nostalgie nella costruzione dell’immaginario calcistico» con la passione dell’amante, la sapienza del dotto e la giusta distanza di chi sa che - per ragionare seriamente di
calcio - bisogna trovare la chimica esatta tra queste due posizioni. E’ un libro molto bello, diverso dai tanti che troviamo impilati negli scaffali delle librerie nel settore «sport» e che alla fine si riducono in un bla-bla-bla di fuffa autoreferenziale, è un libro-viaggio che ti porta a spasso per il campo da calcio, seguendo rotte non consuete, svelando mondi che non sapevamo di conoscere, eppure sono sempre stati qui, sotto il nostro naso. Da Berlusconi a Cragnotti, da Drive In al Milan di Sacchi, da Boniperti al Gheddafi perugino, da Garrincha a Beckham, dai dribbling al brand, dal pallone «nature» alla filiera economica di sfruttamento del prodotto calcio: in «91° minuto» Giubilini varca la soglia della banalità ed entra in un campo minato che i più - per pigrizia - preferiscono scansare, un terreno là dove ogni riflessione favorisce la comprensione di questo nostro mondo pallonaro. Straordinarie le 26 pagine (da pagina 88 a 114) in cui l’autore ripercorre la vita di Garrincha, «il corpo sbagliato gioia di un popolo». Da Galeano ad oggi, niente di migliore è stato scritto sul campione più amato dai brasiliani.
91° MINUTO, Storie, manie e nostalgie nella costruzione dell’immaginario calcistico; di Giacomo Giubilini, edizioni Minimum Fax, 204 pagine, 15 euro.


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