«Genova è in lutto. Non c’è un bar o un tabacchi in cui non se ne parli,
discuta, in cui non si rimpianga. La Conferenza Internazionale? E a chi
importa? Quella mezza dozzina di uomini che pretendono di ricostruire
l’Europa possono riunirsi stasera a ubriacarsi di cock-tail. Il grande
evento è la sconfitta del Genoa. Ventimila persone hanno assistito alla
partita e hanno diffuso ovunque la triste novella. La passione di massa
esiste». Siamo nel 1922, questo editoriale non è pubblicato da un giornale
sportivo, esce invece sulla prima pagina di Ordine Nuovo, il periodico
rivoluzionario (a quei tempi quotidiano) fondato da Antonio Gramsci, che
già aveva evidentemente capito il fascino che quello sport emergente
esercitava. Di storie del calcio ne abbiamo lette tante, nell’ultimo mezzo
secolo, da quando cioè anche la cultura “ufficiale” ha voluto sdoganare lo
studio dello sport più diffuso al mondo. Questa edita da Paginauno è
particolarmente interessante per la scrittura, accessibile a tutti, e per
il punto di vista, particolarmente attento agli sviluppi e alle
conseguenze sociali e politiche del mondo del pallone. L’autore, il
francese Paul Dietschy, è professore di storia contemporanea
all’università di Franche-Comtè, e un ricercatore nell’ambito della storia
politica e culturale dello sport, in particolare del calcio. Qui ci regala
un affascinante viaggio nella storia del pallone dalla metà del
diciannovesimo secolo fino ai giorni nostri. Gli inizi in Inghilterra, la
crescita in Europa e nel mondo, le regole, i grandi club, i protagonisti
principali. Ma anche e soprattutto il legame sempre più forte con i
governi, democratici e (soprattutto) no, la massiccia
“internazionalizzazione” delle squadre di calcio, il ruolo delle donne, la
deriva televisiva, il cambiamento anche sociale delle tifoserie. Con una
sterminata bibliografia e una preziosa cronologia storica. Da
leggere assolutamente.
STORIA DEL CALCIO, di Paul Dietschy; Paginauno edizioni, 558 pagine, 22 euro.
Internazionale di nome e di fatto. E non potrebbe essere altrimenti,
ricordando che la fondazione della società nerazzurra, il 9 marzo del
1908, fu accompagnata da queste parole, pronunciate da Giorgio Muggiani,
promotore della scissione dal Milan e “inventore” del logo della nuova
società: «Si chiamerà Internazionale, perché noi siamo fratelli del
mondo». E ancora, in un comunicato inviato ai giornali del tempo: «Lo
scopo precipuo del nuovo club è di facilitare l’esercizio del calcio agli
stranieri residenti a Milano». Certo, si potrebbe dire che negli ultimi
tempi questa dichiarazione d’intenti è stata presa troppo sul serio, vista
la penuria di italiani in campo con la maglia dell’Inter, però non si può
dire che la massiccia presenza straniera non fosse nel Dna della società…
Il libro di Rovida è una mappa dettagliatissima e ricca di curiosità sui
giocatori stranieri (ma non solo, c’è spazio anche per gli allenatori e…
Thohir) che hanno indossato almeno una volta la maglia dell’Inter. A tutta
la stagione 2015/16 sono stati 267, con l’Argentina in testa alle nazioni
fornitrici (46 giocatori), davanti a Brasile (32) e… Svizzera (21). Di
ogni calciatore vengono forniti la carta d’identità e la scheda
dettagliata delle sue presenze, stagione per stagione, accompagnata anche
da qualche riga per ricordare le qualità dell’atleta, da Adriano - che fu
Imperatore per troppo poco tempo - all’oscuro Zoller, difensore svizzero
protagonista in due campionati, dal 1909 al 1911. E poi le statistiche
finali (domina Zanetti nelle presenze e Nyers tra i bomber), le curiosità,
i record… Davvero da non perdere, anche per chi non stravede per i colori
nerazzurri.
TUTTI GLI STRANIERI DELL’INTERNAZIONALE, da Adriano a Zanetti; di
Francesco Rovida, Urbone Publishing, 160 pagine, 12 euro.