Cristiano Ronaldo, Duncan Edwards, Kaiser Raposo: campioni veri o... presunti

Tre libri su tre campioni: l'asso arrivato in bianconero, il ragazzo del Manchester United scomparso troppo presto, il re dei bugiardi calcistici
Cristiano Ronaldo, Duncan Edwards, Kaiser Raposo: campioni veri o... presunti
Massimo Grilli
5 min

L’ultima volta che l’autore ha incrociato Ronaldo è stata un mese fa, nello spogliatoio di Verona, subito dopo il debutto con il Chievo. Alla richiesta di Balague, di rispondere a qualche domanda, CR7 ha così reagito: «A te no». Ecco, quando si tratta di biografie, il rischio di sconfinare nell’adulazione, nell’eccesso di complimenti, è sempre dietro l’angolo. Dato il rapporto tra i due - bruscamente incattivitosi quando Balague osò riportare, nel suo libro su Messi, l’epiteto che Ronaldo negli spogliatoi del Real utilizzava quando parlava della Pulce (“motherfucker”, figlio di puttana) - capirete subito che un pericolo simile non c’è, nella riedizione (aggiornatissima, fino all’approdo a Torino) di questa potente biografia, stampata per la prima volta nel 2015 (e vinse il Cross Sports Book Award, come migliore libro di sport dell’anno). Guillem Balague, spagnolo trapiantato in Inghilterra, considerato tra i più autorevoli giornalisti sportivi, ci regala un ritratto senza sconti di Ronaldo, in tutte le sue sfaccettature: il calciatore dai numeri clamorosi, autore di prodezze che già fanno parte della storia del calcio, l’uomo esigente e narcisista, maniaco dell’allenamento e della cura del corpo, ma anche il ragazzino che è diventato fuoriclasse malgrado una infanzia molto particolare, di quarto figlio (non voluto) di una famiglia povera di Madeira, con un padre assente e alcolizzato. Lisbona, Manchester, Madrid, Torino, le tappe di un viaggio straordinario, la scalata di un giovane calciatore che volle diventare il più grande.
CR7 LA BIOGRAFIA, di Guillem Balague, Piemme Edizioni, 355 pagine, 19,50.

Per restare in tema di grandi campioni, due libri agli antipodi ma che trattano comunque di fuoriclasse, veri o presunti. Partiamo dalla bella biografia di Duncan Edwards, giovane prodotto del calcio britannico degli anni Cinquanta, che trovò la morte nella tragedia del 6 febbraio 1958, nell’incidente alla partenza dall’aeroporto di Monaco di Baviera che fece 23 vittime, tra cui 8 calciatori del Manchester United. Un anti personaggio, definiremmo ora Edwards, un fuoriclasse timido e schivo, lontanissimo dagli eccessi dei moderni divi del pallone. Uno che, proveniente dalle Midlands operaie e nere di carbone, debuttò dodicenne nella formazione Under 14 del Manchester United fino ad affacciarsi in prima squadra - e lì restare - a nemmeno 17 anni. Alto e robusto, giocava mediano (esterno sinistro di centrocampo, diremmo ora) ma se serviva era pronto anche a fare il centravanti. Ben presto divenne uno dei Busby Babes, i promettenti ragazzi del vivaio del Manchester che il tecnico Matt Busby stava valorizzando, e che stavano contribuendo a portare in alto il Manchester United. Tra i sopravvissuti all’incidente di Monaco un certo Bobby Charlton, che portò il Manchester a vincere la Coppa dei Campioni e la Nazionale a trionfare nel Mondiale del 1966. Di Duncan parlava così: «Ripenso a lui e mi chiedo perché qualcuno debba avere avuto così tanto talento. Era semplicemente il più grande di tutti».
Un grande campione, ma della truffa, è stato anche Carlos Henrique Raposo, detto Kaiser per una certa somiglianza addirittura con Franz Beckenbauer. Uno dei tanti bambini del Brasile cresciuto con il pallone tra i piedi, anche se una piccola differenza con gli altri c’era: lui, il pallone non sapeva proprio come trattarlo, era davvero scarso. Per un brasiliano, poi… Ebbene, Raposo, che ora ha 55 anni, è riuscito prima a diventare amico di calciatori importanti (Renato Portaluppi e Romario, tanto per citare due nomi) e poi a spacciarsi per calciatore professionista, e quindi a cambiare in venti e più anni di carriera una decina di squadre - dal Flamengo ai francesi dell’Ajaccio - riuscendo a non giocare praticamente mai, per non… tradirsi. Un genio della bugia, dalla vita picaresca e dagli aneddoti incredibili (quando nel Bangu dovette scendere in campo e provocò subito una rissa clamorosa con tanto di sospensione della partita; oppure quando ad Ajaccio, nel giorno della presentazione, per paura di far vedere come calciava male il pallone, cominciò a scagliarli tutti verso la tribuna dei tifosi, fino a che furono scomparsi tutti), da cui Marco Patrone ha preso spunto per un divertente romanzo, nel quale un cronista di provincia si imbatte nella figura di questo simpatico cialtrone, un libro che è anche una riflessione su una società basata sull’apparire più che sull’essere, sulle bugie più che sui fatti.
DUNCAN EDWARDS, IL PIU’ GRANDE, di James Leighton, 66THA2ND, prefazione e traduzione di Wu Ming 4, 299 pagine, 20 euro.
KAISER, di Marco Patrone; Arkadia Edizioni, 140 pagine, 14 euro.


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