La storia del Bologna e Jabbar che ci spiega cos'era (e cos'è) Harlem

C'era una volta lo "squadrone che tremare il mondo fa", il Bologna tra scudetti e delusioni. E poi la vita culturale e sociale di Harlem rivista dal grande Jabbar
La storia del Bologna e Jabbar che ci spiega cos'era (e cos'è) Harlem
Massimo Grilli
4 min

Due presidenti stranieri ad aprire e a chiudere le vicende del Bologna: tra Louis Rauch, professione dentista, a Joey Saputo, industriale canadese “figlio di uno dei trecento uomini più ricchi del terzo millennio” corrono 109 anni di vita, sette scudetti, due Coppe Italia, due coppe dell’Europa Centrale (l’antenata della Champions), insomma la storia di una delle più antiche e gloriose società del nostro calcio. Un romanzo che ha il suo culmine negli Anni Trenta, quando tra il 1934 e il ’41 “lo squadrone che tremare il mondo fa” conquistò cinque campionati facendosi anche valere in campo internazionale. Era il Bologna dei tecnici Weisz e Felsner, dei vari Schiavio, Reguzzoni, Andreolo, Monzeglio, Ceresoli, Biavati. E poi il trionfo in campionato a più di vent’anni dall’ultimo scudetto, nel 1964, grazie al capolavoro firmato da Renato Dall’Ara - per 30 anni presidente rossoblù - con Fulvio Bernardini in panchina e la squadra guidata in campo da Giacomino Bulgarelli, che seppe piegare nello spareggio di Roma la Grande Inter di Herrera. Molto meno gloriose le ultime pagine, dedicate al periodo più nero del Bologna, la cui vita stessa, ribadisce l’autore, “è stata messa più volte a repentaglio da gestioni dissennate”, e solo di tanto in tanto rasserenata dall’apparizione in maglia rossoblù di qualche fuoriclasse, come Mancini e Roby Baggio. Le retrocessioni prima in B poi in C1, il fallimento del 1993, il definitivo ritorno in serie A di tre anni fa. Dalla nascita in una birreria del Centro Storico all’arrivo di Pippo Inzaghi, la storia di una squadra e di una città, indissolubilmente legate.
IL ROMANZO DEL GRANDE BOLOGNA, dal 1909 a oggi la storia di un mito; di Luca Baccolini, Newton Compton Editori, 289 pagine, 12,90 euro.

Kareem Abdul Jabbar è stato uno dei più grandi giocatori di basket della storia, vincitore di sei titoli NBA, protagonista con il suo “Gancio Cielo” - aiutato dai suoi 218 centimetri di altezza - di una delle stagioni più belle dei Los Angeles Lakers (cinque trionfi tra il 1980 e il 1988), ed è tuttora il miglior marcatore di sempre nella storia del più importante campionato professionistico di questo sport. Ora ha 71 anni, potrebbe vivere semplicemente ricordando le sue imprese e lustrando i suoi tanti trofei e invece è attivista politico, musicista, dà conferenze e scrive libri. Grazie ad Add Editore, è uscito anche in Italia (anzi, questa è l’unica traduzione fuori dal mercato americano) questo splendido libro, una sorta di autobiografia che si trasforma nella storia della comunità nera di New York, con particolare riferimento a quella “Harlem Renaissance” (Harlem è il quartiere dove nacque Jabbar nel 1947) che dagli Anni Venti fino ai Quaranta mobilitò artisti, scrittori, intellettuali in genere, tutti impegnati nel restituire la meritata dignità ai neri ad a costruire la giusta immagine dell’afroamericano moderno. In questo libro Jabbar parla poco di se stesso grande campione di basket. Parla tanto, invece, di libri, di Jazz (suo padre era un musicista), delle distinzioni
linguistiche tra black, colored, negro e nigger, dei locali come l’Apollo Theatre e della musica dei Minstrel show, del Ragtime e delle vittorie degli Harlem Rens, e dei suoi incontri infine con Martin Luther King e Malcom X. Imperdibile.
SULLE SPALLE DEI GIGANTI, la mia Harlem: basket, jazz, letteratura; di Kareem Abdul-Jabbar, scritto con Raymond Obstfeld, Add Editore, 349 pagine, 19 euro.


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