L'ultimo trionfo del Sud e l'incredibile tennis di Palpacelli

La storia del secondo scudetto del Napoli, l'ultimo trionfo contro lo strapotere del Nord. E poi la vita (molto) spericolata di Roberto Palpacelli, genio dissipatore del Tennis.
L'ultimo trionfo del Sud e l'incredibile tennis di Palpacelli
Massimo Grilli
5 min

Che anni, quegli anni! Non c’è dubbio che il settennato italiano di Diego Armando Maradona sia rimasto indelebile per chi lo ha vissuto da tifoso ma anche per il semplice appassionato del pallone. Con l’arrivo del campionissimo argentino, il Napoli diventò lo squadrone che il Sud non aveva mai avuto, capace di spaventare (e spesso battere) le avversarie del Nord. Due scudetti, una Coppa Uefa, una Coppa Italia e una Supercoppa italiana, ottenuta strapazzando (5-1!) la Juventus. Tante vittorie, ma anche un concentrato di emozioni probabilmente irripetibili. Al secondo scudetto, conquistato nella stagione 1989/90 dopo un lungo duello con il Milan, è dedicato questo agile libretto, molto di parte, che esamina giornata per giornata quel campionato. Dalla prima partita, vinta ad agosto ad Ascoli grazie a un gol di Crippa, all’apoteosi del 29 aprile del 1990 (1-0 alla Lazio con rete di Baroni) l’autore ripercorre il cammino della squadra di Bigon verso il tricolore, reso più difficile dalla strenua - e non sempre lecita, sostiene l’autore - contrapposizione delle
avversarie, soprattutto di quelle società riflettenti lo strapotere tradizionale del Nord. Proprio Baroni, l’attuale allenatore del Frosinone, risultò quell’anno il più presente tra le file del Napoli (33 gare come Ciro Ferrara, una in più di Crippa, De Napoli e Giuliani) mentre il miglior marcatore fu naturalmente Maradona con 16 reti, terzo nella classifica dei cannonieri dietro Van Basten e Baggio. Da quel trionfo, l’ultimo di una squadra meridionale, Capuzzo trae una morale pessimista sullo stato del calcio italiano del terzo millennio. Nella speranza che il Napoli possa prima o poi sfruttare quella voglia di riscatto che anima la città, la squadra e i suoi tifosi.
L’ULTIMA VITTORIA DEL SUD, di Vittorio Capuzzo; AliRibelli Edizioni, 87 pagine, 10 euro.

C’è tanto di esagerato, di eccessivo, in tutto quello che circonda questo libro e il suo protagonista, autentico genio dissipatore della racchetta. C’è tanto talento, quello del tennista Palpacelli (e basta vedere su YouTube le immagini di un suo recente incontro, con quel velocissimo diritto mancino, alla Leconte per intendersi, e immaginare come giocava questo ragazzo quando era davvero in forma) e c’è tanto dolore e tanto male che l’uomo Palpacelli ha regalato a se stesso, sotto forma di tutte le droghe possibili e di tanto alcol, con il contorno di qualche rissa da stadio (è stato anche un ultrà della Sambenedettese). Di lui avevamo letto qualche mese fa un articolo sulla rivista “Il Tennis Italiano”, scritto con il dovuto garbo da Ferrero, ma la storia di questo ragazzo marchigiano è talmente straordinaria, nel bene e nel male, da meritare un palcoscenico più vasto, come quello che probabilmente questo libro potrà regalargli. Gli aneddoti che si raccontano su di lui sconfinano ormai nella leggenda ed è difficile distinguere il vero dal falso (si dice che abbia battuto due volte un giovane Becker: falso! Che abbia perso in torneo 6-4 al terzo set contro Ljubicic pur non essendo molto lucido: vero!) è certo però che sono in tanti - da Bertolucci a Canè, da Nargiso a Riccardo Piatti - a concordare sul fatto che Palpacelli - figlio di un ex calciatore professionista - sarebbe potuto diventare un campione tra i più grandi, se solo… Se solo avesse avuto un’altra testa, non quella che una volta lo spinse - nel corso di un match che vinceva troppo facilmente - a colpire gli smash con il manico della racchetta, fino a perdere l’incontro. A mandare a quel paese Panatta e Bertolucci, che trent’anni fa lo volevano a Riano con gli altri giovani più promettenti, a spaccare la stanza di un albergo a Sciacca, dove era in ritiro con la squadra di Coppa Europa (e naturalmente fu espulso). Da potenziale rockstar del tennis, il nostro si è autorecluso a lungo in provincia, a giocare tornei Open per garantirsi i soldi necessari per la droga e il bere. Ora, dopo tante giravolte, lunghi periodi in comunità di recupero ed aver rischiato anche la morte per infarto, non è più tormentato dai suoi demoni: ha una compagna, un figlio, e lavora a San Benedetto del Tronto come maestro di tennis da 30 euro l’ora. Non è stato il campione che sicuramente poteva diventare, ma questo sembra non gli pesi troppo. «Il mondo del tennis non mi è mai appartenuto. Io ero altrove, vicino ma lontanissimo, giocavo lo stesso sport ma ero da un’altra parte, con la testa e con il cuore. Se ho incrociato il passo, una volta o due, con il tennis vero, è stato poco più che un caso. Ecco perché non ho rimpianti».
IL “PALPA”, IL PIU' FORTE DI TUTTI, di Roberto Palpacelli con Federico Ferrero; Rizzoli Editore, 221 pagine, 18 euro.


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