«Il calcio è semplice: devi fare l’opposto di quello che fanno i tuoi avversari». «Voglio giocatori pensanti e non polli d’allevamento». «Se vuoi innalzare i picchi di prestazione, usa il cazzeggio creativo». «Nel calcio o fai gol, o fai assist, o corri». «Gli atleti sono come cavalli da corsa. Ogni tanto vanno messi al prato». Ci piace Massimiliano Allegri perché, oltre ad essere un allenatore vincente - aiutato in questo, inutile dirlo, dalla qualità delle squadre che ha guidato dopo la gavetta in provincia - ci sembra rifiuti l’immagine del guru inavvicinabile come Guardiola, ipereccitato come Klopp o politicamente scorretto come Mourinho. Mai scontato nelle sue affermazioni, non insegue le polemiche o gli errori arbitrali ma anzi ha la rara capacità di sdrammatizzare e di sapersela cavare con una battuta, eredità inevitabile del suo essere toscano. In questo libro racconta il suo calcio, il suo modo di allenare, la preparazione della partita. Il succo è compreso nel titolo, “E’ molto semplice”, dove semplice però non significa banale, è solo la costante ricerca di un calcio che sia equilibrato e chiaro, sempre propositivo nell’atteggiamento. Allegri racconta il suo calcio attraverso 32 regole, alcune delle quali abbiamo anticipato nelle prime righe. E lo fa raccontando la sua carriera da calciatore prima e da allenatore poi, citando Vasco Rossi e Giorgio Gaber, passando dalla saga di “Amici miei” all’arrivo di Ronaldo, rifacendosi ai concetti di maestri della panchina come Giovanni Galeone («Giovanni quando non c’era l’allenamento cazzeggiava, rideva, riusciva a staccare. Ancora adesso, il mio modo di vedere il calcio è in gran parte merito suo») e alla passione per i cavalli, difendendo il suo essere “aziendalista” e raccontando spezzoni interessanti “da dentro”. «Eravamo nell’intervallo, la mia Juve stava perdendo contro il Bayern in Champions League. Spesso si pensa che un allenatore abbia un quarto d’ora per parlare alla squadra. Per esperienza, dico che hai a disposizione non più di tre minuti. Cosa dovevo fare? Avrei dovuto urlare, come mi capitò di fare quando, allenando il Milan, mi trovai sotto di tre gol a Lecce, o fare sfogare i giocatori? Scelsi la pacatezza, cercando, come sempre ho fatto, di trasmettere concetti semplici». Quella partita, la Juve finì per pareggiarla, rimontando da 0-2. Un libro curioso, interessante, che si completa con i giudizi dei protagonisti del calcio su Allegri e con il punto di vista del tecnico su di loro.
E’ MOLTO SEMPLICE, di Massimiliano Allegri; edizioni Sperling&Kupfer, 277 pagine, 19,90 euro.
(di Furio Zara) Scandali, gare truccate, dirigenti corrotti. Passaporti taroccati, arbitri che vendono partite, scippi, sprechi olimpici. Doping e match-fixing. Quando il senso dello sport viene tradito è sempre una brutta storia. E’ una sorta di raccolta differenziata quella che fa l’attento Daniele Poto nel suo «Lo sport tradito - 37 storie in cui non ha vinto il migliore - compendio utile per capire chi siamo e soprattutto dove stiamo andando. Poto narra con puntualità di come i grandi eventi sportivi nascano e muoiano sotto il sole della corruzione, tra interessi politici e business, disegna storia torbide di doping, come quella del velocista statunitense Justin Gatlin, torna ai tempi in cui la Germania dell’Est - una vera e propria fabbrica di medaglie dopate - sfornava campioni con cadenze sospette (immediati i rimandi a quanto scoperchiato in Russia un paio d’anni fa). L’intero pianeta sportivo - dal calcio all’atletica fino al ciclismo - viene monitorato da Poto, che ha lo stesso compito del bagnino che la mattina presto scandaglia la spiaggia con il metal detector intercettando cose che voi umani non avete mai immaginato. Trentasette storie macchiate dall’infamia, per non dimenticare che il romanzo dello sport si compone (anche) di pagine buie. Il lavoro di Poto aiuta a vederci un po’ più chiaro.
LO SPORT TRADITO, 37 storie in cui non ha vinto il migliore; di Daniele Poto, edizioni Gruppo Abele, 206 pagine, 14 euro