Tutto su Italia-Brasile 3-2, la favola di Ivanisevic vincitore a Wimbledon e i cento anni della maglia gialla al Tour

Tutto, ma proprio tutto, sulla grande vittoria azzurra sul Brasile al Mondiale del 1982; la favola a lieto fine di Ivanisevic a Wimbledon e la leggenda della maglia gialla, che festeggia i cento anni al Tour de France
Tutto su Italia-Brasile 3-2, la favola di Ivanisevic vincitore a Wimbledon e i cento anni della maglia gialla al Tour
Massimo Grilli
7 min

Per qualcuno resterà la gara di Paolo Rossi, quel triplo sberleffo al super Brasile di Falcao, Zico, Socrates… Per altri le mani di Zoff sul colpo di testa di Oscar, a salvaguardare  - giusto sulla linea di porta - quell’incredibile 3-2 che ci regalò la spinta decisiva per andare a conquistare il terzo titolo mondiale della nostra storia. Il dibattito è aperto su quale possa essere la “partita della nostra vita” (per noi che abbiamo qualche anno in più dell’autore, propendiamo ancora per il 4-3 alla Germania di Messico ’70) ma è chiaro che la gara disputata a Barcellona occupa un posto clamoroso e indelebile nel ricordo di ogni tifoso incollato al televisore quel 5 luglio del 1982. Ma d’altra parte tutto in quei giorni del Mondiale spagnolo fu indimenticabile, in un'atmosfera molto diversa dal trionfo del 2006, e quei novanta minuti che entrarono subito nella storia sportiva ma anche sociale del nostro Paese, meritavano - più della finale con la Germania - un tomo gigantesco (circa cinquecento pagine, erano molte di più nella prima stesura) come quello che ci ha regalato il collega Trellini, diventato nel tempo un accanito collezionista di tutto quello che riguarda quella partita, fino a possedere tra le altre cose - e lo invidiamo molto, per questo - anche il fischietto dell’arbitro, l’israeliano Abraham Klein, dono del medesimo. Un librone, che si legge però tutto d’un fiato: la partita arriva solo dopo circa quattrocento pagine, ma Trellini - come un bravo giallista - è abillissimo a farci lentamente ingolosire: tratteggia il ritratto dell’Italia di quarant’anni fa, dalla politica allo sport, ci racconta la nascita dei campionati mondiali e la loro continua evoluzione economica, prende un protagonista poi lo molla per qualche capitolo e quindi lo fa tornare tra noi, ricostruisce l’acerrimo duello tra la squadra di Bearzot e la stampa sportiva italiana, arricchisce la storia di comprimari celebri - da Arpino a Vargas Llosa, da Craxi ad Artemio Franchi - è bravissimo infine nel regalarci piccoli ma splendidi aneddoti, dalle scarpe taroccate di Falcao al segreto della giacca a righe sfoggiata dal nostro Ct, dalla vita tormentata dell’arbitro alla fine autentica dell’aereo che ospitò - di ritorno in Italia - la partita a scopone più celebre del nostro sport. E alla fine, ci viene quasi voglia di rivederla, quella partita, di riprendere in mano anche il tricolore, come facemmo trentasette anni fa, e di correre al centro di Roma, a festeggiare.
LA PARTITA, il romanzo di Italia-Brasile; di Piero Trellini, Mondadori editore, 614 pagine, 20 euro.

Le storie di sport, come d’altra parte avviene nella vita di tutti noi, non sempre prevedono il lieto fine. Con Goran Ivanisevic, però, il destino è stato per una volta generoso, permettendo la realizzazione della fine più bella di una carriera da campione affermato del tennis, a cui però mancava il suggello, la vittoria nel torneo più importante, dopo tre finali perse (contro Agassi e due volte contro Sampras, per la cronaca). E in quella edizione di Wimbledon del 2001, tutto contribuì a favore del mancino croato dal servizio fulminante, che si era presentato sui campi di Church Road addirittura da numero 125 del mondo, e solo grazie a un invito degli organizzatori, che gli avevano regalato l’ambita wild card. E poi l’eliminazione della sua nemesi, Sampras, ad opera di un certo Roger Federer, al primo squillo della sua immensa carriera, la pioggia che portò alla sospensione (il Centrale allora non aveva ancora il tetto) della semifinale che lo vedeva in grande difficoltà contro l’eroe di casa Tim Henman - travolto alla ripresa del gioco da Ivanisevic ma anche dalla pressione di un popolo intero - e infine anche lo spostamento per il maltempo della finale al lunedì, una conclusione anomala per le abitudini del torneo londinese, con conseguente presenza di un pubblico diverso dal solito, più affollato di turisti, insomma più rumoroso e “pazzo”, come pazzo - nel senso buono del termine - era il nostro Goran. Insomma, quasi una trama da film per un torneo molto diverso dagli altri, che non poteva non scatenare la penna di un romantico dello sport come Torromeo, testimone privilegiato in tribuna stampa di quegli eventi. Dario ha ricostruito l’atmosfera di quel torneo, mescolando le gesta di Goran e degli altri campioni (da Agassi a Safin, da Roddick a Rafter, battuto in finale dal mancino croato) con personaggi comprimari ma indimenticabili - uno per tutti, il barista romeno che parla un perfetto romanesco - raccontando giorno per giorno quelle due magiche settimane di tennis e di vita fino alla romanzesca finale, chiusa da Ivanisevic 9-7 al quinto set, fra un tripudio di ace, mentre il padre in tribuna non sapeva a quale santo raccomandarsi. Una splendida estate di ignara felicità. Due mesi dopo, sarebbe arrivata la tragedia delle Twin Towers.
L’ESTATE DI GORAN, Wimbledon 2001, un viaggio nel tempo, il racconto di una magia; di Dario Torromeo, Absolutely Free Libri, 204 pagine, 18 euro.

Il Tour de France si corre dal 1903 ma è solo dal 1919 che al primo in classifica viene data da indossare la leggendaria maglia gialla («per riconoscere il leader», disse Henry Degrange, l’anima di quella avventura a due ruote, e gialla perché di quel colore erano le pagine di “L’Auto”, il giornale organizzatore della corsa) e questa splendida enciclopedia vuole essere proprio un omaggio al Tour ma soprattutto a questa mitologica casacca, indossata da tutti i più grandi campioni del ciclismo. Il primo fu, il 19 luglio 1919, il francese Eugene Christophe, mentre il primo a vestirla da vincitore del Tour fu il belga Firmin Lambot. Introdotta da una commossa prefazione di Eddy Merckx, 5 volte vincitore della corsa francese - record alla pari con Anquetil, Hinault e Indurain - e con un corredo di tante magnifiche foto, questo librone è il romanzo di una leggenda, che parte dai campionissimi più conosciuti fino ad arrivare agli eroi di un giorno, senza dimenticare magari chi, da maglia gialla, è stato costretto ad abbandonare la corsa (l’ultimo nel 2016, il tedesco Tony Martin, dopo una caduta con conseguente frattura della clavicola) oppure chi è riuscito ad indossarla solo l’ultimo giorno di gara, in tempo per il trionfo parigino (come Greg Lemond nel 1989). E poi le curiosità, le statistiche, gli aneddoti, fino alle foto di tutti i 266 detentori della maglia del primo in classifica. Per quanto riguarda gli italiani, Ottavo Bottecchia figura come il primo a fregiarsi di questa maglia, nel 1923, mentre dieci sono i nostri trionfi (due per Bottecchia, Bartali e Coppi, una vittoria per Nencini, Gimondi, Pantani e Nibali). E nella prossima edizione, spazio anche per Giulio Ciccone, che quest’anno ha indossato il mito per due giorni.
ENCICLOPEDIA DEL TOUR DE FRANCE, il libro ufficiale; di Philippe Bouvet e Frédérique Galametz; Rizzoli Editore, 256 pagine, 29,90 euro.


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