La rivoluzione fallita di Maifredi alla Juve e com'è difficile tifare per la Scozia

Quando la Juventus si affidò (per poco) al calcio champagne di Maifredi; da Reggio Emilia a Glasgow, le vicissitudini di un tifoso della Scozia di casa nostra
La rivoluzione fallita di Maifredi alla Juve e com'è difficile tifare per la Scozia
Massimo Grilli
4 min

(di Furio Zara) Forse non era champagne, ma è stato bello lo stesso. Perché quelle sono state stagioni memorabili, dove si giocava (anche) per divertirsi. O almeno ci si provava. E capitava che un allenatore arrivato dalla provincia (Bologna) venisse scelto dalla Juventus per aprire un ciclo (dove l’abbiamo già sentita?). A Gigi Maifredi non andò benissimo, quella Juventus - anno di grazia 1990-91 - viene ricordata per la mancata qualificazione in Europa (prima volta nella storia del club) e per un sacco di promesse non mantenute. Ma ci fu, quello sì, la scintilla di una rivoluzione; ci fu - per una lunga estate - l’illusione che davvero questo allenatore così naif e fuori catalogo, riuscisse a scardinare la cassaforte del bla bla bla del nostro calcio e ad imporre il suo Verbo. Maifredi giocava a zona, Maifredi liberava le briglie dei fuoriclasse, Maifredi gestiva lo spogliatoio con il buonsenso e con le battute. Farlo a Bologna fu semplice, farlo nella Torino bianconera fu la sua condanna. Era la Juventus di Baggio e di Montezemolo, era finito un ciclo di successi memorabili (1976-1986) con Trapattoni al comando e la Vecchia Signora stava cercando nuove strade per confermare il suo dominio. «Fa il rappresentante di liquori, per i media è semplicemente l’ex venditore di champagne. In pubblico ci sa fare. Parla molto, non si tira mai indietro, stare sui giornali gli piace». Così lo inquadra nei primi capitoli Enzo D’Orsi, ex inviato del «Corriere dello Sport-Stadio» al seguito della Juventus, uno degli juventinologhi più credibili del nostro panorama. Nel bel libro edito da «In Contropiede», presa la rincorsa con la puntuale prefazione di Eraldo Pecci, che di Maifredi fu giocatore, si snoda il racconto non solo di una rivoluzione mancata ma anche di un’epoca, di un mondo che oggi sembra lontanissimo, di un calcio che vive la sua epocale fase di passaggio, in quell’alba dei ’90, quando era già calato il sipario sulle Notti Magiche e si vagava ancora alla ricerca di qualche brandello di felicità.
NON ERA CHAMPAGNE, la Juve di Maifredi, Montezemolo e Baggio; di Enzo D’Orsi, edizioni In Contropiede, 110 pagine, 14,50 euro

Tra tifosi spesso esce fuori questo discorso: che gusto c’è a parteggiare per Juventus, Real Madrid, Paris Saint Germain? La fatica più grande che sono costrette a fare queste squadre è dover allargare stagione dopo stagione la bacheca societaria, per far entrare l’ennesimo titolo, fosse anche una supercoppa. Più divertente (forse…) e romantico (sicuramente) è tifare per una squadra che vince poco o niente (e noi romani lo sappiamo bene) e che quindi quando festeggia lo fa sul serio, almeno tutti i giorni per un mese, come accadde dalle nostre parti dopo lo scudetto giallorosso del 2001. Sul piacere masochistico misto a orgoglio (a Genova si dice: “Tifi Genoa, vuoi anche vincere?”) che può donare la passione di trepidare per una squadra che regala regolarmente più delusioni che soddisfazioni si inserisce alla perfezione questo divertente libro, scritto da un consulente finanziario di Reggio Emilia il cui cuore batte per la Scozia (oltre che per la sua Reggiana, che gli ha regalato - sotto forma di uno striscione apparso allo stadio - lo splendido titolo). Un amore, quello per la nazionale britannica, nato nell’estate del 1974 sull’album delle figurine Panini dedicato al Mondiale tedesco. «I nomi dei giocatori avevano su di me un effetto ipnotico, Harvey, Jardine, Bremner, Jordan… molti indossavano una bellissima tuta di colore blu notte. Fu amore a prima vista». Cattani racconta qui il suo mezzo secolo scarso a tifare - dal vivo o davanti alla Tv di casa - una piccola nazionale (ultima gara: 0-4 in casa con il Belgio), che non partecipa ad una fase finale del Mondiale dal 1998, e che comunque non è mai riuscita a passare il primo turno. Dai grandi appuntamenti alla sfida infinita contro l’Inghilterra, da Jock Stein a Kenny Dalglish, fino ai confronti calcistici con i figli, tifosi (e meno male…) degli azzurri, emozioni e lacrime di un appassionato “diversamente tifoso”.
TI AMEREI ANCHE SE VINCESSI, confessioni di un tifoso scozzese; di Antonello Cattani, Urbone Publishing, 193 pagine, 15 euro.


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