La storia della Juventus e venti lezioni di calcio contro il razzismo

Dalla panchina dove nacque nel 1897 al calcio ultramoderno dei giorni nostri. La storia della Juventus (e di un intero Paese) attraverso il filtro di due storici (e appassionati dei colori bianconere). E poi venti vicende, più o meno note, della storia del calcio legate al tema del razzismo.
La storia della Juventus e venti lezioni di calcio contro il razzismo
Massimo Grilli
3 min

Storicizzare una passione, come si legge nella prefazione. Prendete due professori e studiosi di storia, entrambi appassionati di calcio e di Juventus. Mescolate le loro competenze con l’amore per il pallone, e otterrete questa interessantissima storia della Juventus, preziosa proprio perché riesce a coniugare l’attaccamento ai colori bianconeri con l’approccio oggettivo dello storico. Si parte naturalmente nel 1897, da quella panchina di corso Re Umberto a Torino nei pressi del liceo classico Massimo D’Azeglio, dove si radunavano gli studenti che si stavano interessando a questo nuovo gioco importato dagli inglesi, e che vollero scegliere un nome adatto ad una polisportiva ma che richiamasse anche la matrice classica degli studi di quei ragazzi, tanto che le prime proposte furono tutte in latino, da Vigor et Labora a Delectando Faticamur, da Augusta Taurinorum a Juventus, appunto, che fu alla fine scelta (per la soddisfazione di chi deve fare i titoli in redazione). Da quel manipolo di ragazzi in camicia bianca e pantaloni neri fino alla squadra stellare di Ronaldo e Dybala, sono passati più di centoventi anni di storia, inorgogliti da una bacheca che almeno in Italia non ha eguali: 35 scudetti (quasi il doppio della somma dei titoli delle due rivali più vicine, Inter e Milan, che ne hanno vinti 18 a testa), 13 coppe italia, 8 trofei internazionali. Dai cinque titoli di fila degli Anni Trenta alla Juve come emblema della riscossa economica dopo gli errori della guerra, dal legame sempre più stretto con la Fiat alla serie vincente di questo inizio di secolo, senza dimenticare i grandi personaggi e le vittorie più belle, la tragedia dell’Heysel e il buco nero di Calciopoli con la successiva “scoperta” della serie B: il romanzo della Fidanzata d’Italia ma anche - e soprattutto - la storia di una città e di un intero paese.
JUVENTUS, storia di una passione italiana, dalle origini ai giorni nostri; di Aldo Agosti e Giovanni De Luna, Edizioni Utet, 367 pagine, 20 euro.

(Furio Zara) Nomi dimenticati, storie sommerse. Nei territori del calcio, ricucendo le ferite della vita. Comune denominatore: il razzismo, la xenofobia, la discriminazione etnica. Chi frequenta gli stadi ha fatto purtroppo l’abitudine ai cori offensivi, ai «buuu», alle offese, agli ululati. Oggi: Koulibaly, Matuidi, Lukaku. Ieri - con altre e più drammatiche modalità - tante altre storie di calciatori che Massimiliano Castellani e Adam Smulevich hanno raccolto in «Un calcio al razzismo», lì dove il sottotitolo indica una traccia per non dimenticare: «20 lezioni contro l’odio». Rino Pagotto, portiere del Bologna, prigioniero DA8659 del campo di Hohenstein dove vennero bruciati in 55mila. Giuseppe Castruccio, che ha dato il nome ad un albero del Giardino dei Giusti a Salonicco. Matthias Sindelar, che rifiutò di fare il saluto nazista e morì in una notte circondata dal mistero. Alberto Mieli, sopravvissuto ad Auschwitz, che inseguendo un pallone trovò la forza per restare in vita. E’ un libro - quello di Castellani e Smulevich - dove si intrecciano vite e coscienze, quelle di Giorgio Bassani e di Zdenek Zeman; nel segno di una grande Storia che raccoglie un’umanità minacciata e dolente. Scrivono gli autori nell’introduzione: «C’è un gioco da salvare. E la cura potrà essere solo una buona dose di consapevolezza».
UN CALCIO AL RAZZISMO, 20 LEZIONI CONTRO L’ODIO, di Massimiliano Castellani e Adam Smulevich; edizioni Giuntina, 99 pagine, 10 euro.


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