I primi passi di Rivera e Antognoni, e la grande boxe italiana degli Anni Ottanta

Due campioni del nostro calcio, Gianni Rivera e Giancarlo Antognoni, e i primi passi delle loro carriere. E poi da Oliva a Rosi, da Damiani a Kalambay, i ricchissimi Anni Ottanta della nostra boxe. Quando l'America eravamo noi.
I primi passi di Rivera e Antognoni, e la grande boxe italiana degli Anni Ottanta
Massimo Grilli
6 min

Sono belle le prime pagine delle carriere dei grandi campioni di qualche anno fa, con il profumo di calcio (e d’Italia) che sembra preistorico, anche se cronologicamente non è neanche tanto lontano. A tal proposito sono da poco arrivate in libreria le biografie di Rivera e Antognoni, talenti purissimi sbocciati in provincia. Ecco l’Alessandria del Dopoguerra, che cercava nelle partite ospitate dal Moccagatta novanta minuti di distrazione dalle ferite del conflitto mondiale ancora aperte. Nell’Oratorio dei Salesiani c’è un biondino capace di fare meraviglie con il pallone. Qui lo scova Giuseppe Cornara, uno che ha il talento di individuare nei ragazzi la stoffa del futuro campione, non solo nel calcio (ha contribuito anche a far crescere nel tennis un altro alessandrino di qualità, come Corrado Barazzutti). Gianni Rivera, era lui quel biondino, classe 1943, passa così dalla squadretta del Don Bosco al NAGC (Nucleo Addestramento Giovani Calciatori) dell’Alessandria, dove si fa subito notare, tanto da attirare le attenzioni di Inter e Milan. Per lui si muove addirittura il presidentissimo nerazzurro, Angelo Moratti, che però ha delle perplessità sul fisico del quindicenne Rivera, mentre dopo un provino con il Milan è un certo Liedholm a consigliarne l’acquisto: «Questo ragazzo sa giocare a calcio». Il resto è cosa nota: il debutto in serie A con l’Alessandria, a 15 anni e 288 giorni, solo otto in più del recordman Amadei, poi il passaggio al Milan, i trionfi in rossonero, la sua avventura con l’Italia, le dispute con Brera, le lotte sindacali che portarono alla nascita dell’Associazione Calciatori. C’è tutto questo nel libro, però la la prima parte resta per noi insuperabile. Un salto di una decina di anni e siamo in Umbria, vicino Deruta, cittadina alle porte di Perugia, celebre per le sue ceramiche. Anche qui c’è un Oratorio, quello della parrocchia di San Genesio, e il ragazzino che si consuma le scarpe e le ginocchia è Giancarlo Antognoni, detto Sgali, cioè soldino, per il fisico che appare davvero esile. Sgali, classe 1954, è bravo, si vede subito che con il pallone ci sa fare, e dall’Aurea Spes passa alle giovanili del Perugia, dove però non si ambienta, e così sceglie una piccola società, la Juventina di Elce, nella periferia del capoluogo. Nel 1969 lo nota una società piemontese, il Macobi Asti. Gli inizi in questa cittadina nebbiosa, lontana 11 ore di treno dalla sua Umbria, non sono facili, ma in soccorso del giovane Antognoni arriva il suo talento nel calcio, che lo porta subito ad eccellere, tanto da richiamare l’attenzione della Fiorentina, che anticipa il Torino e lo prende nel 1972. Tantissime foto, i ricordi di chi ha conosciuto bene il primo Antognoni, documenti inediti, tutto concorre a disegnare lo splendido racconto della prima parte della carriera di uno dei più talentuosi numeri 10 del nostro calcio, il ragazzo “che gioca guardando le stelle”, così scrissero nei suoi primi giorni fiorentini. Un racconto chiosato con il consueto garbo dallo stesso Giancarlo: «Forse il racconto delle mie partite perugine o astigiane non appassionerà troppo i miei cari tifosi viola, tuttavia spero che la mia vicenda di “adolescente in trasferta”, un po’ spaurito ma determinato ad andare avanti, possa incoraggiare quei giovani che si apprestano ad affrontare grossi sacrifici per cercare di realizzare i propri sogni».
DAL GRIGIO ALLA STELLA; Gianni Rivera, Alessandria, Milano e il suo mondo; di Mimma Caligaris e Bruno Barba, Rojas Edizioni, 272 pagine, 17,70 euro.
VOLEVO FARE IL CALCIATORE, i primi passi di Giancarlo Antognoni; di Filippo Luti, Nicomp Laboratorio Editoriale, 183 pagine, 22 euro.

C’è stato davvero - neanche tanto tempo fa - un periodo nel quale l’Italia aveva il mondo in pugno. Negli Anni Ottanta i nostri atleti del pugilato combattevano - e spesso vincevano - match per i titoli mondiali, conquistavano medaglie d’oro olimpiche, arrivavano vicino a incontri impensabili in questi magri giorni (quella sfida mai concretizzata tra Francesco Damiani e Mike Tyson…), occupavano orgogliosamente le prime pagine dei giornali. Oliva, Kalambay, Stecca, Rosi, Parisi, Nati… Eravamo Re, eravamo l’America del pugilato. Di quei giorni felici Dario Torromeo è stato - per il Corriere dello Sport-Stadio - fortunato e attento testimone da bordo ring, seguendo i combattimenti dei nostri eroi da Las Vegas a Seul, da Atlantic City a Perugia, da Los Angeles a Siracusa. In questo bel libro è andato a scovare nella sua memoria - e nella raccolta del nostro giornale - la cronaca e l’atmosfera di quei giorni, delle vigilie elettriche e nervose, dei dopo gara passati a esaltare oppure a consolare i protagonisti. Alla ricerca sempre di quel dettaglio in più, di quella frase rivelatrice, che ne hanno fatto il suo segno distintivo di cronista scrupoloso e curioso. Ecco quindi Catena, la mamma di Patrizio Oliva, che si prende qualche merito per la scalata mondiale del figlio («Lui si alzava alle 6 per fare il footing. Io, per fargli trovare tutto pronto, mi svegliavo alle 4. Insomma, ho fatto la vita d’atleta anch’io»), ecco la conversazione, dopo una sconfitta dolorosa, tra Nati e la moglie Maria. «Dio si sarà detto: ha già una bella famiglia, perché deve pretendere qualcos’altro?», la domanda del pugile. «Dio è stato buono con noi. Stai bene, e questa è l’unica cosa che conta», la pronta replica della compagna. E poi quei brevi e fulminanti ritratti: la camicia hawaiana di Stecca, Callejas che gira con un kimono e si fa firmare i contratti da un bambino di 9 anni, la faccia da schiaffi di Ubaldo Sacco («mi sembra un guappo», si fa sfuggire Torromeo), lo yorkshire portafortuna di Rosi, quell’incontro pericoloso con una banda di malintenzionati a Los Angeles, sventato dalle sirene della polizia. Da non perdere.
ERAVAMO L’AMERICA; Gli Anni Ottanta, magia di un’epoca in cui avevamo il mondo in pugno; di Dario Torromeo, Absolutely Free Libri, 271 pagine, 15 euro.


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