L'altra storia del calcio e un viaggio negli stadi che non ci sono più

Il calcio come strumento di resistenza e (anche) rivoluzione, una storia diversa dello sport più amato. E poi, dall'Arena di Milano a campo Testaccio, un giro d'Italia attraverso gli stadi più o meno celebri dismessi o semplicemente superati.
L'altra storia del calcio e un viaggio negli stadi che non ci sono più
Massimo Grilli
3 min

Nato nelle aule delle scuole aristocratiche inglesi, il calcio nella sua espressione moderna è diventato però ben presto lo sport di tutti, capace di scatenare e di suscitare un incredibile entusiasmo popolare, cento anni fa come pure adesso, in tempi di così smaccato globalismo dominato dalla forza del denaro. Il calcio, soprattutto, è stato anche, come ricorda Bruno Pizzul nella sua bella prefazione, «momento di resistenza e simbolica unione popolare contro i regimi autoritari o dittatoriali». E proprio partendo da questa ottica particolare ha costruito la sua storia del calcio il bravo Correia, con un’opera frutto di una scrupolosa ricerca, come dimostra la sua sterminata bibliografia. Il pallone quindi, non solo e non sempre banale “oppio del popolo” ma anche strumento di emancipazione (pensiamo solo alle squadre femminili inglesi dei primi decenni del Novecento) e di sovversione. Da Istanbul a Gaza, da Buenos Aires sotto i Colonnelli alle grandi manifestazioni del Cairo, dal “simbolo” Barcellona durante il Franchismo alle partite giocate nelle comunità zapatiste del Chiapas degli Anni Duemila, fino alla resistenza proletaria contro la deriva extralusso della Premier League, l’altra storia del gioco del calcio, generoso e rivoluzionario quando serve, e quando può.
STORIA POPOLARE DEL CALCIO, di Mickael Correia, Edizioni La Clessidra, 389 pagine, 26 euro.


Dieci anni dopo il suo bel “Stadi d’Italia”, Sandro Solinas torna ad emozionarci con la sua grande passione, quella delle arene che ospitano lo sport più amato, con un viaggio negli impianti di gioco un tempo gloriosi ma che adesso non esistono più, o sono stati dismessi, o semplicente sostituiti da stadi più belli, cosa che in Italia succede a dire il vero abbastanza raramente. Non un semplice percorso nostalgico, però, ma il piacere di raccontare vecchie storie di calcio attraverso i suoi campi. Da Arezzo, con il suo “Mancini” dedicato al tenente Giuseppe Mancini - caduto nei pressi di Caporetto - fino a Verona e il suo “vecchio” Bentegodi, è un giro d’Italia illustrato da foto e disegni e ricchissimo di aneddoti e campioni. Ci sono gli stadi più celebri dell’inizio del nostro calcio - dall’Arena Civica di Milano all’impianto romano del Partito Nazionale Fascista dove l’Italia vinse nel ’34 il suo primo titolo mondiale, dallo “Sterlino” di Bologna, con la sua fantastica tribuna pensile, al Velodromo Umberto I di Torino, teatro nel 1898 del primo campionato italiano vinto dal Genoa, e poi il Filadelfia, campo Testaccio, il Velodromo Libertas, primo stadio della Fiorentina; ci sono, anche e soprattutto, gli stadi (forse) dimenticati della provincia italiana, dal Cornigliano di Genova al Morrone di Cosenza, dal Grezar di Trieste alla Piazza d’Armi di Avellino. Per non dimenticare, per rivivere antiche passioni.
VECCHI STADI, storie di stadi che non sono più tra noi; di Sandro Solinas, 257 pagine, 22 euro.


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