Italia '90, notti magiche e favole. E l'epopea dell'Ajax di Michels

L'epica, i protagonisti, le curiosità: due libri per rivivere Italia '90. E poi così Rinus Michels costruì il grande Ajax degli Anni Settanta
Italia '90, notti magiche e favole. E l'epopea dell'Ajax di Michels
Massimo Grilli
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Ma poi sarà vero, come prova a convincerci Furio Zara con uno dei suoi paradossi, che il Mondiale di Italia ’90 l’abbiamo vinto, anche se abbiamo perso? Due libri tentano, ognuno a modo loro, di darci una risposta. Negli Anni Ottanta avevamo dominato (o quasi) il calcio, vincendo i trofei più importanti e ospitando in serie A i giocatori più forti; organizzare in casa il campionato del mondo fu un giusto riconoscimento per la nostra forza - anche politica - e un trampolino di lancio per il quarto mondiale vinto della nostra storia, come nessuna altra nazionale era ancora riuscita a fare. A distanza di trent’anni discutiamo invece degli sperperi commessi, degli stadi rimessi malamente a nuovo, del gol di Caniggia che ci tolse la finale e del tifo sbilenco del San Paolo, il giorno maledetto di Italia-Argentina. Eppure fu un torneo comunque storico, l’ultima volta della Germania  divisa e della Jugoslavia, il Mondiale delle maglie più belle. Eppure, se proviamo a tornare con la mente a quei giorni, ci accorgiamo che per molti di noi quelle notti restano ancora magiche, come ripeteva la canzone di Bennato e Gianna Nannini. Tra gli occhi spiritati di Schillaci e quello sgabello da cui Alba Parietti accavallava le gambe, dalla danza di Milla attorno alla bandierina ai “Denghiù denghiù” di Aldo Biscardi, passando per gli insulti in diretta di Maradona e le immagini di un Olimpico in festa per le partite dell’Italia, Zara fa luce - in questo suo piccolo gioiello - dei tanti frammenti di un bel sogno infranto sul più bello, passando con disinvoltura e leggerezza dall’imperdibile film “Cicciolina e Moana Mondiali” alle mosse da clown di Higuita, da “Ciao”, indimenticabile mascotte, al trionfo teutonico in finale, per un rigore trasformato dall’interista Brehme. Dei protagonisti di Italia ’90 parla anche il libro scritto a sei mani da Bonazzi, Casoni e Cavallotti e arricchito dalle illustrazioni di Vito Manolo Roma. Diviso in capitoli (favole tra i pali, della retroguardia, del centrocampo, di numeri 10, di goleador e in panchina) è una raccolta di brevi ritratti di una sessantina di protagonisti del mondiale italiano, da Ivkovic - il portiere jugoslavo che parò due rigori a Maradona - a Van Basten, da Hagi a Matthaus, da Scifo a Milutinovic. Con un divertente glossario del Mondiale, e tutti i risultati e i marcatori. Utile soprattutto a chi era troppo giovane per seguire quel Mondiale, restituisce un’atmosfera fiabesca a quel torneo e a un’estate «incompiuta e straordinaria - citiamo ancora Zara - proprio perché non si chiuse con una vittoria da ricordare ma con un ricordo dolce da conservare».
LE NOSTRE NOTTI MAGICHE, Italia ’90, il Mondiale indimenticabile; di Furio Zara, Baldini+Castoldi, 233 pagine, 16 euro.
C’ERA UNA VOLTA ITALIA ’90, brevi favole per notti magiche; di Jonatan P. Bonazzi, Damiano Cason e Diego Cavallotti; prefazione di Giorgio Terruzzi, introduzione di Massimo Milella, illustrazioni di Vito Manolo Roma; Editoriale Jouvence, 159 pagine, 16 euro.

Nel Pantheon dei grandi allenatori, tra quelli che hanno lasciato una impronta nell’evoluzione del gioco del calcio, un posto di rilievo spetta di diritto a Rinus Michels, unanimemente considerato il padre del calcio totale olandese, morto quindici anni fa, e nel 1999 nominato dalla Fifa come Allenatore del Secolo. Buon attaccante dell’Ajax, con appena cinque sfortunate partite giocate in Nazionale (tutte perse, senza nessun gol all’attivo) diventa allenatore dei Lancieri all’inizio del 1965, con la squadra in piena crisi. Vince la prima partita per 9-3 e chiude il campionato al 13º posto. Ma il seme della rivoluzione è gettato: in pochi mesi Michels impone un atteggiamento più professionistico dai suoi giocatori, ne cura l’aspetto psicologico, introduce nuovi metodi di allenamento. E poi il gioco: «Chiudere le linee di passaggio, ridurre gli spazi, mantenere una straordinaria compattezza tra i reparti, applicare un pressing costante. E giocare insieme, per la squadra! Un calcio innovativo, svincolato dal concetto di ruolo o di marcatura fissa», scrive l’autore, che ricostruisce con passione e competenza i primi anni dell’era Michels, dalle sfide con il Feyenoord ai litigi con alcuni giocatori della sua squadra, Keizer in prima fila, fino al trionfo in Europa. Michels vince subito tre campionati olandesi e nel 1969 arriva a contendere la Coppa dei Campioni al Milan di Rocco, che lo travolge in finale per 4-1. E’ l’ultima grande lezione che Michels sarà bravo ad assimilare: due anni dopo, conquista il più importante trofeo europeo, il primo nella storia dell’Ajax, battendo il Panathinaikos per 2-0. La sua squadra - ricca di talenti provenienti dal settore giovanile, con in più un Cruyff ai vertici del calcio mondiale - gioca ormai a memoria, e Michels ha voglia di cercare altre strade e per questo sceglie il Barcellona. Qui si chiude anche il libro, ma l’Ajax continua a trionfare, in Olanda come in Europa, e non a caso Holter indica il 4-0 rifilato al Bayern nel 1973 come la partita perfetta dell’Ajax di Michels. In panchina, però, c’è l’ungherese Kovacs.
DE GENERAAL, la nascita del grande Ajax di Rinus Michels; di Christopher Holter, prefazione di Alec Cordoncini, Urbone Publishing, 127 pagine, 13 euro.


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