Il Liverpool e la sua gente, e la leggenda di Air Jordan

Storia del Liverpool: le vittorie, i tifosi, i grandi protagonisti. E poi la vita romanzesca di Michael Jordan, raccontata da un premio Pulitzer
Il Liverpool e la sua gente, e la leggenda di Air Jordan
Massimo Grilli
4 min

Non c’è dubbio sul fatto che il fascino del Liverpool trovi facilmente proseliti anche oltre i confini della Gran Bretagna. Quelle storiche maglie rosse, il canto di Anfield che emoziona anche in televisione, l’idea di calcio proletario, tutto corri e tira, che resiste grazie al “gegenpressing” di Jurgen Klopp, tutto ciò fa sì che i Reds possano apparire davvero come la perfetta fusione tra il calcio inglese più romantico e le sue derive ultramoderne. Non deve stupire quindi che un tifoso del Milan, che dal Liverpool ha dovuto incassare in tempi recenti un ko storico (il famoso 3-0 all’intervallo di Istanbul, nella finale di Champions del 2005, che poi si trasformò in una cocente sconfitta ai calci di rigore) si sia appassionato alle vicende della squadra inglese tanto da scriverne questo libro, ricco di passione ed informazioni. E’ una bella storia di Liverpool e del Liverpool, dalle prime notizie storiche su quel villaggio che risalgono al 1207 (qui compare per la prima volta il termine Liuerpul, “acque fangose”, tanto da definire subito i contorni della questione) fino agli ultimi trionfi. Tanti capitoli che spaziano dai Beatles alla Kop, da allenatori storici come Bill Shankly agli orrori di Sheffield e dell’Heysel, dai grandi protagonisti ai tanti tifosi “Reds” in Italia, dalle vittorie in Coppa dei Campioni o Champions League alle lotte sociali della città. Ne scaturisce il ritratto brillante di una comunità forse unica in Inghilterra, dove si respira davvero la coesione esistente tra il calcio e la gente di Liverpool. «Perché Anfield non è Inghilterra - fa dire David Peace a Bill Shankly nel suo splendido “Red or dead” - Anfield è a Liverpool. E Liverpool non è Inghilterra, Liverpool è un altro paese, in un altro campionato».
LETTERE DA LIVERPOOL, di Stefano Ravaglia, prefazione di Nicola Roggero; Battaglia Edizioni, 191 pagine, 15 euro.

I canestri impossibili e la grinta del più bravo, il carisma del leader e i compagni spesso maltrattati. E poi il basket che cambia, che attira sempre più appassionati, grazie alle prodezze del numero 23 di Chicago. Sulla scia dello splendido “The last dance”, che in tanti abbiamo apprezzato su Netflix, Salani ristampa l’autobiografia di Michael Jordan, edita per la prima volta una ventina di anni fa. E ha fatto bene, perché l’incontro tra il campione che ha trasformato il basket, facendolo diventare un fenomeno davvero globale, e il premio Pulitzer David Halberstam, è davvero vincente. Il racconto appassionato e documentatissimo della vita, dei trionfi e dei lati oscuri del grande Air, diventa il romanzo di un’epoca forse irripetibile nel basket americano, ricca di campioni straordinari e di eccessi altrettanto particolari. Dal torneo ospitato da Parigi nel 1997, con Michael Jordan e i suoi Chicago Bulls impegnati in uno dei primi tentativi (riuscitissimo, in quel caso) di esportare il mondo e i campioni della Nba oltre i confini statunitensi fino all’ultimo trionfo dello squadrone di Phil Jackson, nel 1998, Halberstam ci fa rivivere il canto del cigno di Jordan e dei suoi compagni, alternandolo - come ha fatto anche la serie televisiva - con il racconto della sua infanzia e dei suoi primi anni da giocatore. Su tutto, domina naturalmente la figura del campione, con la sua straordinaria competitività e l'infinita voglia di vincere. Un uomo sicuramente non amato da tutti, ma da tutti riconosciuto come il Goat (Greatest Of All Times) del basket mondiale.
AIR, la storia di Michael Jordan; di David Halberstam, Salani Editore, 526 pagine, 16,80 euro.


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