E’ stato un piccolo grande caso editoriale del 2021, un libro che per qualche settimane si è anche inserito nella Top Ten delle vendite in Italia. Merito di Alciato, volto noto del giornalismo televisivo, ma soprattutto del racconto sincero di Andriy Shevchenko, indimenticato bomber della Dynamo Kiev e del Milan, e ora - a 44 anni - elegantissimo Ct dell’Ucraina impegnata nel campionato europeo. La sua è la storia di un bambino di Kiev (anzi, di Kyiv, Shevchenko usa la terminologia ucraina) che aveva nove anni al tempo del disastro di Chernobyl e che per la vicinanza (circa 250 chilometri) dal luogo dell’esplosione fu costretto a lasciare la casa e a spostarsi temporaneamente sulla costa con la famiglia. Notato da un osservatore della Dynamo durante un torneo scolastico, il calciatore Shevchenko fu poi forgiato dal grande Lobanowski, il Colonnello del calcio ucraino, che gli insegnò il senso del sacrificio e del dovere («Prendevo ordini, obbedivo, faticavo, crescevo, miglioravo. Senza di lui non sarei io, non lo sarei mai diventato…»). Nel 1999 il trasferimento al Milan - Galliani qui confessa che gli avrebbe preferito volentieri Rebrov, e che invece fu Braida a convicerlo a insistere su Andriy - e i grandi successi, il rigore decisivo nella finale di Champions contro la Juventus, il Pallone d’Oro, l’intermezzo poco felice con il Chelsea e il ritorno a Milano prima dell’addio al calcio giocato. Gol, tanti gol, allenamenti, la famiglia che cresce, tutto alternato con ricordi curiosi, come il paio di scarpini che gli regala Ian Rush dopo un torneo in Galles, oppure a 12 anni la prima trasferta in Italia - a Napoli per la precisione - per un torneo giovanile con annessa fuga da vero turista a Roma. Se i primi capitoli sono i più interessanti, perché tracciano il percorso di crescita di un futuro campione, da non perdere gli interventi dei suoi (ex) compagni, da Maldini, che ricorda la meraviglia - sua e degli altri compagni rossoneri - davanti alla Tv la sera che Shevchenko, già promesso al Milan, segnò tre reti al Barcellona, al Camp Nou. Oppure il fraterno saluto di Boban, e le discussioni con Ancelotti. Ne esce la figura di un grande campione e di un uomo che ha lasciato ricordi indelebili in tutte le squadre dove ha messo in mostra la sua “forza gentile”.
FORZA GENTILE, la mia vita, il mio calcio; di Andriy Shevchenko con Alessandro Alciato, Baldini+Castoldi editore, 314 pagine, 18 euro.
Non siamo esattamente degli esperti, ma è impossibile non accorgersi di come la bicicletta stia guadagnando sempre nuovi seguaci. E’ in atto una innegabile svolta su due ruote, una rivoluzione diversa, di cui sentivamo bisogno e che - speriamo - potrebbe anche avere conseguenze sull’ecosistema del nostro mondo. Anche in libreria se ne avvertono i segnali, i libri con la bicicletta come protagonista sono in aumento. Qui ne segnaliamo tre, tutti interessanti e piuttosto diversi. Cominciamo dall’opera di Le Breton, sociologo e antropologo francese, che scandaglia le motivazioni che hanno portato in tempi recenti alla riscoperta delle due ruote, a questo invito alla lentezza, all’immersione tra suoni e odori che solo la bicicletta consente. Mischiando ricordi personali alla scoperta di appassionati inaspettati come Paul Morand o Maurice Leblanc - l’inventore di Fantomas - è un interessante viaggio antropologico negli anni del boom della bicicletta, passando dal periodo del suo declino fino ad arrivare a questa nuova alba su due ruote, emblema e manifesto di una nuova ecologia politica contro il dominio soffocante dell’automobile.
La bicicletta come mezzo per viaggiare, sulle strade del mondo ma anche all’interno di se stessi, per riscoprire «con il naso all’insù» qualcosa dentro la nostra personalità che magari ancora non conosciamo. E’ questa forse la molla che spinge all’azione Giacomo Pellizzari, giornalista e scrittore, più biciclette che figli in casa, appassionato di salite, che ci regala questa volta la sua avventura tra le “Les 7 Majeurs”, i sette passi - ciascuno supera i duemila metri - delle Alpi Marittime, tra Italia e Francia, immense salite che fanno parte della storia del Giro d’Italia e del Tour de France (vi dice niente l’Izoard?). Chi riesce a scalarli tutti in soli due giorni entra a far parte - se sopravvive - della “Confrerie des 7 Majeurs”, un club a metà strada tra la setta e l’ordine religioso. Pellizzari ci racconta la sua Odissea con l’amico Max tra queste montagne, dove metro dopo metro la mente comincia a disintossicarsi e le divagazioni - da Springsteen a Coppi, da Kubrik a Larry McMurtry - sono a volte più interessanti del paesaggio.
Al ciclismo agonistico ci riporta invece una firma di prestigio come quella di Marco Pastonesi, che questa volta però ha scelto di occuparsi del popolo minimo dei gregari, quelli raccontati da Sergio Zavoli, «il mondo non è fatto di primi, di vincitori e vincenti, ma di secondi, terzi, ultimi, di gente che arriva fuori tempo massimo pur sputando sangue». Da Zanazzi, che mentre già pregustava la vittoria fu sorpassato da «un corridore a velocità doppia, che andava come una moto», e quel ciclista era Fausto Coppi, alla filosofia amara di Marangoni («è dura anche arrivare ultimi»), da Succi frenato dalla guerra a Soave stregato da Merckx («non era il solito belga, era uno sbaglio della natura, una testa e un corpo che per fermarlo ci voleva un bazooka»), quello di Pastonesi è un bellissimo viaggio tra aneddoti e interviste nelle storie meravigliose di quelli «che tirano, che chiudono, che tappano. Sono i distributori di borracce e panini, ma anche di sorrisi e di allegria. Sono i gregari, la stessa radice di gregge, perché nel gruppo abitano, faticano, vivono».
A RUOTA LIBERA, antropologia sentimentale della bicicletta; di David Le Breton, Raffaello Cortina Editore, 218 pagine, 14 euro.
TORNANTI E ALTRI INCANTESIMI, 48 ore, 7 cime, 2 biciclette; di Giacomo Pellizzari, Enrico Damiani Editore, 270 pagine, 17 euro.
ELOGIO DEL GREGARIO, di Marco Pastonesi, Battaglia Edizioni, 146 pagine, 15 euro.