Quella notte di Italia-Francia e due storie di allenatori

Quindici anni fa, la notte mondiale di Italia-Francia; e poi la battaglia di Mihajlovic (e della piccola Mia) e il Torino di Paròn Rocco
Quella notte di Italia-Francia e due storie di allenatori
Massimo Grili
5 min

La finale raggiunta dall’Italia di Mancini nel campionato europeo arriva, è cosa nota, dopo una serie fin troppo lunga di bocconi amari ingoiati dalla nostra Nazionale. E chissà, forse proprio immaginando la marcia trionfale di Chiellini e compagni, Stefano Piri - che già si era distinto per un bel libro su Roberto Baggio - ci regala quest’altra perla riportandoci all’ultima (o penultima, a questo punto?) vera notte felice del nostro calcio di vertice, quella della finale del mondiale con la Francia, 9 luglio del 2006. Una partita non bella, la ricordiamo tutti - lontanissima dalle mille emozioni della semifinale con la Germania - rimasta nell’immaginario collettivo per il rigore decisivo di Grosso ma anche per la testata di Zidane sul petto di Materazzi, punita dall’arbitro Elizondo solo dopo il richiamo del quarto uomo, che aveva rivisto alla moviola il fattaccio. E proprio dalla contrastatissima scultura che l’artista Adel Abdessemed dedicò a quell’episodio, che parte e si snoda il racconto ispiratissimo di Piri, bravo a riportarci alle atmosfere avvelenate di Calciopoli, allo scetticismo che circondò l’avvio dei nostri eroi nel torneo organizzato dalla Germania, all’entusiasmo crescente partita dopo partita. Da Moggi a Cragnotti, da Domenech a Klinsmann, sfilano sullo sfondo protagonisti di quel periodo di calcio che sembrano ormai lontanissimo. Forse, sembra ammonirci Piri, in quell’ultima notte di baldoria (pre-Mancini) festeggiavamo una stella luminosa che in realtà si era già spenta, come dimostreranno i successivi risultati della nostra nazionale e come aveva evidentemente già capito il grande Gigi Riva, in quell’immagine potente che chiude il libro, con Rombo di Tuono che lascia il pullman festante degli azzurri per incamminarsi a piedi, tra le mille luci di una splendida Roma.
ITALIA FRANCIA, L’ULTIMA NOTTE FELICE; di Stefano Piri, edizioni 66THA2ND, 176 pagine, 15 euro.


Storie di allenatori, vicende lontanissime raccontate con garbo e bravura.
Due malattie molto diverse ma ugualmente terribili: in campo a combatterle una bambina di 4 anni, Mia, e un signore cinquantenne, Sinisa, che di professione fa l’allenatore di calcio. Da questo comune denominatore che ha finito per rendere vicine due vite così diverse, è scoccata la scintilla per questo libro toccante e profondo. Con grande tatto Michele Bosco ha voluto tracciare un percorso tra le due malattie, quella della figlia e quella di Mihajlovic, incrociando vicende personali e ritagli di giornale, attraverso le storie e le parole dei due protagonisti. «Il mister, con la sua visibilità, ha avuto il merito di spiegare al mondo come si fa a guardare, dritto negli occhi e petto in fuori, un nemico che nemmeno riesci a vedere. Lo stesso nemico di tante persone e di tanti bambini, che combattono insieme alle loro mamme e ai loro papà». Un libro nato nel solco della solidarietà (i diritti d'autore vanno alla fondazione Santobono Pausilipon e all’Airi, l’Associazione Italiana per la Ricerca sulle Istiocitosi) e una metafora bellica che può servire di insegnamento e sprone per quelli che si trovano a convivere con le stesse difficili esperienze, nel segno delle parole dell’allenatore del Bologna: «Andiamo ad attaccare. La partita ce la giochiamo, vinciamo noi». A chiudere questo bel libro, i profili di chi - medici e psicologi - ha portato il suo contributo nella comprensione della vicenda della piccola Mia.
Di Nereo Rocco si parla sempre dei suoi gloriosi trascorsi con la Triestina e poi dei trionfi in rossonero. Poco, invece, dei quattro anni non banali vissuti sulla panchina del Torino. Questo libro di Ferrero, assai partecipato e dettagliato, ci riporta invece a quelle atmosfere molto naïf della metà degli Anni Sessanta (come conferma la bellissima foto di copertina, con il Paron impegnato con i suoi giocatori nello “schiaffo del soldato”, pensate ad una cosa simile con Spalletti o Mancini…) e in particolare alla stagione 1964/65, conclusa dai granata con un inaspettato terzo posto, il miglior piazzamento ottenuto dopo la tragedia di Superga di sedici anni prima. Partita dopo partita, ci viene raccontato l’andamento del campionato, con quel Torino impostato secondo i dettami di Rocco: difesa rigorosamente a uomo con il libero, gioco sulle fasce e attacco potente. Una squadra ricca di campioni, affermati oppure emergenti, dal portiere Lido Vieri a Ferrini grande capitano, dall’inglese Hitchens alla promessa Rosato, stopper in campo nella finale europea del 1968 e poi nell’Italia che arrivò al secondo posto nel mondiale messicano. Su tutti spiccava Gigi Meroni, la farfalla granata che è rimasta in volo troppo poco. Grandi partite - in particolare il 5-0 rifilato al Bologna campione d’Italia e il doppio pareggio contro l’Inter di Helenio Herrera poi vincitore dello scudetto - ed anche la finale di Coppa delle Coppe sfumata solo allo spareggio, in semifinale contro il Monaco 1860. A chiudere il racconto, tutti i tabellini e le statistiche di quella stagione.
SINISA E MIA, la guerra e la pace; due partite difficili, un solo risultato disponibile; di Michele Bosco, Dario Flaccovio Editore, 208 pagine, 18 euro
IL TORO DEL PARON, alla corte di Nereo Rocco; di Paolo Ferrero, Bradipolibri, 174 pagine, 15 euro.


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