I guerrieri che hanno fatto la storia della Lazio e l'avventura di Lady Tyger

I ritratti dei protagonisti che hanno incarnato la vera lazialità e una storia di pugilato: Lady Tyger contro ingiustizie e pregiudizi
I guerrieri che hanno fatto la storia della Lazio e l'avventura di Lady Tyger
Massimo Grilli
5 min

Cominciamo dal titolo, che non è lo sfogo di pancia di un tifoso romanista dopo l’ultimo derby, ma è la chiave di lettura di questo bel libro di Guy Chiappaventi, inviato di La7 dalla indiscussa fede calcistica, autore qualche anno fa di “Pistole e palloni” sulla banda Maestrelli, ormai un classico presente in ogni biblioteca biancoceleste. I suoi Bastardi sono “ribelli, poeti, guerrieri, cagnacci, anche un infame che forse non era così infame, calciatori e allenatori che hanno espresso un carattere tipicamente laziale… giocatori rimasti nel cuore dei tifosi perché hanno segnato l’immagine guerriera di una squadra emblematica di un calcio che non c’è più”. Una galleria di ritratti, splendidamente arricchiti dai disegni di Emanuele Palucci, nella quale si parte da Giorgio Chinaglia, il giocatore simbolo di una squadra davvero unica nel suo genere e di un modo di intendere il calcio e la vita ormai impossibile da replicare, e si finisce - forse a sottintendere che il cuore alla fine batte sempre verso quelle magnifiche stagioni in bianco e nero degli Anni Settanta - con Tommaso Maestrelli, l’allenatore gentiluomo, capitano della Roma - beffarda coincidenza - che conobbe l’unica retrocessione della sua storia e poi protagonista indiscusso nello scudetto del 1974. Ci sono tutti i giocatori più importanti, naturalmente, da Piola al Cholo Simeone, da Nesta a Bob Lovati, da Giordano a D’Amico, da Signori a Gascoigne, da Re Cecconi a Giuliano Fiorini, fino ad arrivare agli eroi laziali dei nostri tempi, i vari Immobile, Milinkovic, Luis Alberto. Non ci sono presidenti o dirigenti, c’è pero Luigi Bigiarelli, il bersagliere podista che fondò la Lazio nel 1900. Ci sono, soprattutto, personaggi minori ma che ancora fanno palpitare i cuori dei tifosi biancocelesti, da Gottardi - che segnò un gol a suo modo storico in un derby - a Spinozzi, dai gemelli Filiippini a Vella, da Petrelli a Cudicini junior. Grandi e piccoli protagonisti di 121 anni di storia, tutti accomunati dall’aver lasciato una traccia nell’universo laziale, “anche quelli che erano un po’ scarpe ma buttavano il sangue in campo”, nel segno dei tratti distintivi della lazialità, secondo Chiappaventi: molte tragedie, molti scandali e molta identità. Con una dedica speciale, che ci piace ricordare: a Daniel Guerrini, il ragazzo della Primavera biancoceleste che ci ha lasciato sei mesi fa, in un incidente stradale.
LAZIALI BASTARDI, di Guy Chiappaventi e Emanuele Palucci, Milieu edizioni, 310 pagine, 22 euro

«E’ il mio corpo ed è la mia vita». Così rispondeva Marian Trimiar, la protagonista di questo toccante volumetto, a chi le chiedeva perché praticava il pugilato. Una pioniera della boxe femminile, una eroina protagonista di una avventura senza lieto fine, perché di lei, di Lady Tyger (con la ipsilon), così veniva chiamata nei suoi anni ruggenti, si sono perse le tracce, tanto che la stessa Cruz De La Pena - appassionata di flamenco oltre che di boxe - ha cercato inutilmente nei mesi scorsi di contattarla. Deve essere stata l’inesausta voglia di libertà di Miriam, unita alla sua grinta infinita («fino a quando le donne non riceveranno un riconoscimento palese - ripeteva - resteremo pioniere per sempre») a spingere l’autrice a occuparsi di questa donna ora di 68 anni, nata in uno dei ghetti di New York, pugile dal 1974 al 1985, protagonista di una lunghissima battaglia legale e soprattutto sociale per vedersi riconosciuto il diritto di praticare questo sport, ufficialmente precluso alle donne, battaglia conclusa solo nel 1978 con la prima licenza concessa (a lei e ad altre due atlete) dallo stato di New York. Cruz De la Pena accompagna con affetto e partecipazione Miriam nella sua carriera, dalle esibizioni ai match ufficiali (alla fine se ne conteranno 18, di cui 14
vinti), con la conquista del titolo mondiale dei pesi leggeri nel 1979, ne riporta le scarne dichiarazioni ufficiali, si domanda dove sarà ora (forse ancora in quella casa del Bronx?). Una combattente dalla testa rasata e dai pugni pesanti, sempre pronta a sfidare i pregiudizi sessuali e razzisti, piegata solo dalla sua ultima battaglia persa, nel 1987, quando fu protagonista di uno sciopero della fame lungo un mese mentre chiedeva migliori condizioni di lavoro e ingaggi più alti per le atlete donne del pugilato. Quella volta Miriam non la spuntò, non riuscì nemmeno a farsi ricevere da Don King, il promoter più importante della boxe mondiale, e decise di abbandonare il quadrato, di farsi sommergere dall’oblio. «Per essere una signora nessuno, prima devi essere stata qualcuno», fu l’ultima sua frase conosciuta. Intanto, nello scorso agosto - un anno dopo la pubblicazione all’estero di questo libro - Lady Tyger è stata inserita nella Hall of Fame della boxe mondiale. Un riconoscimento importante, anche se tardivo.
LADY TYGER, la vera storia di Marian Trimiar; di Silvia Cruz La Pena, Hellnation libri, 115 pagine, 13 euro


© RIPRODUZIONE RISERVATA