La danza di Iniesta e le grandi rivalità del ciclismo

Il campione e l'uomo: storia di Iniesta, l'illusionista del grande Barcellona di Guardiola e della Spagna mondiale; e poi da Coppi-Bartali a Gimondi-Merckx, le rivalità che hanno fatto grande il ciclismo
La danza di Iniesta e le grandi rivalità del ciclismo
Massimo Grilli
5 min

Chissà cosa sta pensando Andrès Iniesta, il grande campione del Barcellona - ora al Kobe, in Giappone, nella sua ultima puntata della carriera - di quanto sta succedendo nella sua ex squadra, e se è contento che un altro canterano, Xavi, suo compagno in centinaia di battaglie combattute a centrocampo, finirà presto o tardi per prendersi cura delle sorti blaugrana. Lui che arrivò a Barcellona a 12 anni, proveniente dalla Mancha, per andare a ingrossare il numero dei campioni usciti dalla Masìa, il vivaio catalano, e che con quella maglia (oltre che con quella della Spagna) ha vinto in quasi vent’anni davvero tutto. Mancava, almeno in Italia, un libro che ricordasse le prodezze e la statura sportiva di Iniesta, il suo gioco fatto di intuizioni geniali, di scatti e di frenate, di giochi con la palla (la famosa “croqueta”, quello smarcare l’avversario con un semplice, rapidissimo passaggio del pallone dal piede al sinistro, quasi fosse legato da un filo, resta il suo marchio di fabbrica) il suo essere un campione quasi di altri tempi, senza gli eccessi di tanti suoi contemporanei. E Montieri ha colmato questa lacuna, con un’opera bella e toccante, che comincia dal minuto 116 della finale del Mondiale del 2010, tra Spagna e Olanda, dalla prodezza di Andrés a un soffio dai calci di rigore finali. E sì perché se di Iniesta si ricordano soprattutto il suo muoversi in campo come se seguisse i passi di una danza oppure i tanti assist regalati a Messi e compagni, è anche vero che passerà alla storia anche per le sue reti decisive, da quella da capitano del Barça nella finale della Nike Premier Cup del 1999, vinta grazie ad una sua prodezza all’ultimo minuto, o al gol a tempo quasi scaduto a Stamford Bridge, nel ritorno della semifinale di Champions del 2008/09, la prima vinta dallo squadrone di Guardiola. Muovendosi con disinvoltura tra Sandro Penna e De André, Montale e Foster Wallace, Montieri disegna con grazia la traiettoria umana e sportiva di questo ragazzo sbocciato nell’Albacete, che “ha sentito gli avversari prima che gli arrivassero addosso, ha fatto sparire la palla e l’ha fatta ricomparire quando occorreva”, come un vero illusionista (e così fu soprannominato). E che, quando ha sentito di non poter più garantire la solita carrellata di magie, ha convocato una conferenza stampa e, in lacrime, ha annunciato che lasciava il Barcellona. Ultima notazione: il campione che, a sentire Guardiola, “non tocca la palla, la accompagna”, non ha mai vinto il Pallone d’Oro. Ma
questa è un’altra storia.
ANDRÈS INIESTA, COME UNA DANZA, di Gianni Montieri, edizioni 66THA2ND, 182 pagine, 16 euro


La storia dello sport è fatta di grandi duelli, di rivalità infinite, di scontri diretti che spesso hanno travalicato gli stessi confini agonistici: Senna e Schumacher, Ovett e Coe, Bird e Magic, Ronaldo e Messi, i match tra Clay e Frazier, le 164 sfide (a leggere Wikipedia) tra Laver e Rosewall, solo per citarne alcune. Anche il ciclismo, naturalmente, non fa eccezione, con in più il suo carico di chilometri percorsi spesso spalla contro spalla. Si parte in tanti ma spesso la corsa diventa una questione a due, e la conferma arriva da questo prezioso volumetto di Dario Ceccarelli - impreziosito dalla prefazione di un ciclomane doc come l’ex Premier Romano Prodi - che ha scelto 11 rivalità storiche del ciclismo mondiale, dai tempi eroici di Gerbi e Cuniolo, il Diavolo Rosso e Manina (siamo negli Anni Dieci del secolo scorso, ma i due si strinsero la mano per la prima volta solo nel 1940…) a quelli contemporanei di Wiggins e Froome, sfida tutta inglese che, almeno teoricamente, è ancora in corso. Con l’ausilio di foto (cosa purtroppo non più tanto frequente, nei libri di sport) e di schede che riassumono i dati e la carriera dei campioni, senza farsi mancare i soprannomi dei protagonisti, Ceccarelli ci racconta dei duelli su strada che divisero l’Italia - Coppi contro Bartali, vi dice niente? - di quelli in pista (Maspes contro Gaiardoni nell’era eroica delle Sei Giorni) ma anche delle sfide tra chi arrivava ultimo, come ci ricorda quello splendido capitolo dedicato agli sprint alla rovescia tra Malabrocca e Carollo. E poi Girardengo contro Binda, Moser contro Saronni, Gimondi e Merckx, Anquetil e l’eterno secondo, Poulidor («sei sfortunato amico mio, ancora una volta finirai dopo di me», sussurrò Anquetil al suo rivale, sul letto di morte). C’è anche un duello tutto particolare, tra il campione e il suo doppio, tanto più insidioso degli avversari incontrati sulle strade d’Europa, e naturalmente parliamo di Pantani e della sua triste vicenda, a mettere inevitabilmente in evidenza la natura fragile e solitaria di Marco. E ci soccorrono le parole dell’autore: «Una grande rivalità, di qualunque natura sia, sportiva in particolare, evidenzia senza camuffamenti la nostra vera identità, il nostro io più profondo che spesso nascondiamo in una nicchia della mente e del cuore».
QUASI NEMICI, le grandi rivalità (pubbliche, private e molto spericolate) che hanno infiammato la storia del ciclismo; di Dario Ceccarelli, edizioni Minerva, 174 pagine, 16,90 euro


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