Trent'anni fa l'impresa sfiorata dal Toro in Europa e la vita di Emile Griffith

La storia della Coppa Uefa sfiorata dal Torino nel 1992 (con quella sedia alzata in campo da Mondonico...) e il racconto della vita di Emile Griffith, pugile tra i più grandi, così ricca di vittorie e di ombre
Trent'anni fa l'impresa sfiorata dal Toro in Europa e la vita di Emile Griffith
Massimo Grilli
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«Torneremo, torneremo, torneremo ad Amsterdaaam…». Il coro della curva Maratona compie in questi giorni trent’anni, legato com’è ad una delle pagine più importanti della storia recente del Torino, scritta in puro stile granata, con il suo carico di prodezze, sfortune, torti veri o presunti. Per i distratti, ricordiamo che nel maggio del 1992 la squadra allenata da Emiliano Mondonico conquistò la finale della Coppa Uefa battendo anche il Real Madrid di Butragueno, Hierro, Hagi, Michel (e con Luis Enrique tra le riserve) per poi scontrarsi in finale con l’Ajax di Van Gaal. Dopo il 2-2 della gara di andata a Torino, all’Olympisch Stadion di Amsterdam furono novanta minuti di pura lotta, chiusa senza reti (e la regola dei gol in trasferta regalò il trofeo all’Ajax) con i granata che colpirono tre pali e con la figura di Mondonico in piedi davanti alla panchina che brandisce una sedia - dopo un mancato intervento arbitrale, una reazione di cui lui stesso si pentì velocemente - che resta una delle immagini più iconiche dello spirito della squadra granata. Bisti ci accompagna ad assaporare l’atmosfera di quel Toro e di quel calcio, ripercorrendo le vicende di una stagione contrassegnata dalla controversa presidenza Borsano con gli interventi di tutti i protagonisti, da Marchegiani a Martin Vazquez, dal capitano Cravero a Policano, che ripercorrono - con l’aiuto di foto, statistiche e tabellini - la brillante cavalcata europea e il terzo posto in campionato. Uno splendido volume (in libreria da giovedì 28) impreziosito dalla prefazione di Clara Mondonico, figlia di Emiliano. «”Il Toro è la speranza in un mondo migliore”, papà diceva così».
IL TORO DI AMSTERDAM, luci e ombre di una storia tutta granata; di Riccardo Bisti, Milieu Edizioni, 336 pagine, 18,90 euro.

«Le mani di Emile Griffith erano così piccole che si faceva fatica a credere che avessero ucciso qualcuno. Stretti in minuscoli pugni poggiati sulle lenzuola bianche, non sembravano le armi grazie alle quali era diventato cinque volte campione del mondo in un’epoca in cui questo sport aveva ancora un grande valore collettivo». Comincia così, con un toccante incontro tra l’autore e quello che restava del grande pugile, ormai fiaccato nel fisico, questo splendido libro sulle imprese sportive e sulla vita - tutt’altro che facile - del campione statunitense, morto nel 2013. «Era difficile immaginare che quel guscio vuoto era stato, una volta, un uomo coraggioso e pieno di vita, un uomo che aveva vissuto a cavallo di due mondi opposti, tra la brutalità e la frivolezza, tra  la fama e la clandestinità. Nessun altro pugile era arrivato a combattere i 337 round validi per il titolo mondiale accumulati da Emile durante una carriera durata 19 anni, dal 1958 al 1977, 51 round più di Sugar Ray Robinson e 69 più di Muhammad Ali». Per noi italiani non più giovanissimi il nome di Griffith fa tornare alla memoria i tre match del 1967 con Benvenuti al Madison Squadre Garden, e nel libro si racconta naturalmente del nostro campione, «un italiano bello e cortese, che nel mondo della boxe chiamavano l’Intellettuale», e dei match che laurearono Nino campione del mondo dei pesi medi. Ma era un Griffith, spiega l’autore, nella fase calante della carriera, con il primo titolo mondiale conquistato nel ’61. McRae ci regala uno splendido libro di sport e di umanità raccontando la vita romanzesca di questo grande pugile, di giorno atleta e di notte frequentatore di bar per gay, segnata dal crudele incontro del 1962 con il cubano Danny Parejo, che alla cerimonia del peso commise l’errore di apostrofarlo con un velenoso “Ehi, maricòn”. In quel match Griffith fu spietato nel colpire ripetutamente il suo avversario, che perse i sensi sul ring e morì poco dopo, segnando pesantemente la vita del pugile nato nelle Isole Vergini. Quella morte gli fu comunque perdonata dall’ambiente americano, non così la sua omosessualità. «Ho ucciso un uomo e mi hanno perdonato, ho amato un uomo e mi hanno condannato».
IN UN MONDO DI MASCHI, la doppia vita di Emile Griffith; di Donald McRae, Mondadori Editore, 486 pagine, 22 euro.


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