Davide Giugliano: "Io e la Ducati da Mondiale"

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di Pasquale Di Santillo

hanno collaborato Federico Porrozzi e Francesco Colla

E’ venuto a trovarci in redazione poco dopo la presentazione del suo team e a qualche ora dalla partenza per l’Australia. Dove, tra meno di una settimana, affronterà gli ultimi test prima del via della Superbike 2015, previsto per il 22 febbraio proprio a Phillip Island. Davide Giugliano, romano di Santa Maria delle Mole, è al secondo anno da pilota ufficiale del Team Ducati è la speranza italiana per il titolo mondiale. Guintoli, cadute, eredità di Biaggi e colori permettendo.

Sulla livrea della Ducati del Team Aruba.it c’è anche il nero...

La moto è bella e aggressiva. C'è il carbonio, che è stato ripreso da quello della Superleggera ed è un bel richiamo all'iper-sportività. Non è la classica colorazione bianco-rossa Ducati ma… chissà che non porti bene.

Il team ha una nuova proprietà. Cos'è cambiato?

Non molto, sinceramente. Almeno da quello che vedo io. Siamo ancora un team interno, gestito dalla Casa madre e dalla struttura Feel Racing che lavora da anni con Ducati. E' tutto come prima. 

Come sta, invece, tua Panigale?

E’ cresciuta tanto rispetto all'anno scorso. Manca ancora qualcosina ma abbiamo bisogno delle gare e del confronto diretto con gli altri per capire bene cosa. 

 

Ti piace il nuovo regolamento?

Finalmente hanno dato a Ducati la possibilità di competere ad armi pari con i rivali. Per tre anni non c’è stata partita e lo strapotere delle quattro cilindri, sportivamente parlando, ci ha ucciso. 

Hai qualche rimpianto per com'è andata la tua carriera fin qui?

Non ho rimpianti, non devo averli a questo punto della mia carriera perché significherebbe fare dei bilanci che a 25 anni non voglio fare. Diciamo che fin qui ho fatto delle esperienze. L'anno scorso, per me, è stato importante portare la moto e me stesso al limite, per capire esattamente a che punto eravamo.

Fisicamente sembri più pronto rispetto agli altri anni...

Più vai avanti nella carriera e più capisci cosa ti serve. Sono tre anni che mi alleno pesantemente, perché ho capito che per affrontare un campionato così dispendioso dal punto di vista fisico (due gare da 45 minuti ognuna nello stesso giorno, n.d.r.) devi essere sempre pronto. Ho cambiato preparatore, preparazione e modo di mangiare…

Sei diventato vegetariano?

Vegano. E' stata una scelta personale, che mi è arrivata da dentro per mille motivi e che ha mille significati. A livello fisico, posso dire che la mia performance nei test di laboratorio sono migliorati di circa il 30%. Anche se l'amatriciana di mamma mi manca. Lei ormai è rassegnata, ha reinventato la sua cucina e quando sto da lei sa come farmi venire fame. In più Claudia, la mia compagna, è vegana come me ed è una cuoca sopraffina...

 

A Jerez sei stato il più veloce. Gli altri si sono nascosti?

Devo pensare che questi siano i veri valori. Io e la squadra possiamo fare bene e per vedere come reagisce il nostro pacchetto dovremo aspettare le prime gare ma stiamo facendo un gran lavoro. 

Com'è Davies come compagno di squadra?

Lui è gallese ed è un ragazzo molto posato, con un carattere differente rispetto al mio. Tra di noi c'è rispetto reciproco e questo credo sia fondamentale in una squadra. Non mi piacciono i litigi e i muri nel box e non mi piace l'estremizzazione in negativo di questo sport. Mi sento molto vicino allo spirito delle corse degli anni Settanta e Ottanta, più passionali di adesso. Noi piloti siamo ragazzi fortunati, facciamo ciò che amiamo, veniamo pagati e prendiamo dei rischi. Prima di litigare tra di noi per motivi "stupidi" dovremmo fare tutta una serie di valutazioni e provare a rispettarci di più.

Fai tre nomi per il titolo 2015.

Sykes, Rea e Guintoli, che arriverà carico per la vittoria del mondiale. Il suo segreto? Non crederci fino alle ultime due gare, quando ha messo in campo tutto suo talento. Nei round decisivi, sembrava trasformato anche nel modo di guidare. Ho capito cosa può fare un pilota solo con la propria "testa". Poi ci saranno Haslam con una moto molto veloce, Davies e anche gli spagnoli arrivati dalla Moto2. Prima si pensava che chi arrivava in SBK dalla MotoGp era un pilota "finito" e con grandi possibilità di vittoria in questo campionato ma alla fine è stato dimostrato che non è così. Ci sono riusciti solo due nomi, importanti, che comunque hanno dovuto fare un po' di anni di apprendistato prima di riuscire a vincere il titolo. Checa e Biaggi da ragazzino mi facevano "cappottare" sul divano e confrontarmi con loro, per me è stato fantastico

 

L'eredità di Biaggi è un peso o uno stimolo?

A questo punto della mia carriera è uno stimolo, anche se è molto difficile compararsi con lui. Avere un pilota romano che ha fatto così bene vuol dire che l'aria di questa città è buona e quindi posso solo sperare che una folata sia arrivata anche a me".

Come vivi questo tuo periodo al top?

E' un momento e come tale e devo cercare di sfruttarlo il più possibile. Sono un pilota Ducati, ho avuto questa opportunità e cercherò di non farmela sfuggire perché so bene che questo è un mondo spietato e che basta un anno no per rimanere a piedi, soprattutto se non hai la "valigia". Oggi hai tre o quattro stagioni da sfruttare, poi se non mantieni un certo livello ti mettono all'angolo.

Sei sulla griglia di partenza, a un minuto dal via. Una parola?

Adrenalina, perché dentro c'è tutto: emozione, paura, voglia di fare. Se corri per trent'anni quel momento sarà sempre il più bello delle corse. L'asfalto? A 300 all'ora non è così spazioso e poi io ti so dire bene com'è perché l’ho toccato spesso. Ma da quest'anno... stop.

 

C'è qualche giovane che ti piace? La scuola italiana è in salute?

Qualche giovane c'è anche grazie al lavoro di Valentino. Quello che ha fatto è bello ma non dovrebbe essere solo lui a farlo. Serve qualcuno che faccia capire ai ragazzi che almeno all'inizio questo sport non va preso come un lavoro. Il professionismo arriva dopo. Deve essere prima di tutto passione e emozione, devi avere voglia di andare in moto e ne tuo papà ne il tuo manager possono sostituirsi a te. E poi devi divertirti insieme agli altri: ai tempi delle minimoto io, Fabrizio, Corsi, Dovizioso e Simoncelli dopo la gara ci ritrovavamo insieme in bicicletta o con il pallone da calcio.

Qual è stata la tua gara più bella?

Ne ho fatte di carine ma la più bella sarà quando riuscirò a vincere la prima. E' un obiettivo importante anche se questa categoria è difficile: devi capire come affrontare una gara e lo capisci lavorando bene dal venerdì, non la domenica mattina. Guarda Biaggi, Checa o Melandri: in prova rimanevano spesso indietro ma poi, per la vittoria, c'erano sempre anche loro. La differenza è tutta qui. 

Come ti vedi tra 20 anni?

Mi vedo a Torricola (pista di minimoto alla periferia di Roma, n.d.r.) ad insegnare a mio figlio i trucchi per andare forte in moto.

A proposito di Roma, segui il calcio?

Mai seguito. Mi piace giocarlo e lo faccio sin da quando ero piccolo ma tifare una squadra non mi ha mai appassionato. 

E con le auto, qual è il tuo rapporto?

Le guido su strada e sono fortunato, perché Ducati fa parte del Gruppo Volkswagen e mi ha dotato di un’Audi S4. La patente? Ho ancora tutti i punti e sono bravo a non farmi… prendere. Scherzo, ovviamente.

 

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