Honda MN4 Vultus: manga a due ruote

Federico Porrozzi
7 min

Il suo nome latino significa "viso" o "espressione". E a guardarla bene, di animato la Vultus sembra avere davvero tanto. Non a caso, il modello più estremo della gamma a due ruote proposta dalla Honda è ispirato infatti al fumetto Akira (ma anche un po' a Dredd): la cultura giapponese è unica anche in virtù della commistione di antico e moderno che armoniosamente convivono in un Paese che da decenni è all'avanguardia nella tecnologia ma che custodisce gelosamente le proprie tradizioni. Honda, colosso nipponico a due e quattro ruote, è da sempre uno dei principali alfieri del "made in Japan" e la nuova NM4 Vultus rappresenta appieno un design imbevuto di cultura popolare fatta di "anime" e "manga", due delle principali categorie di comics del Sol Levante.

A idearla, progettarla e realizzarla sono stati tutti giovani designer e ingegneri giapponesi. Perché proprio loro, i giovani, sanno rappresentare al meglio la cultura di cui si è nutrito il progetto Vultus. Le motivazioni della messa in produzione di un modello così estremo sono tutte nella filosofia Honda: innovazione e ricerca delle nuove tendenze. E, perché no, la voglia di togliersi uno "sfizio". A farlo capire bene sono le parole di Keita Mikura, Large Project Leader Honda. "Honda è il più grande Costruttore del mondo. Produciamo tutti i tipi di motociclette. Ed è fantastico a volte decidere di realizzare un certo tipo di moto semplicemente perché possiamo e perché vogliamo farlo, non perché ce lo impone il mercato. La NM4 Vultus è nata da un desiderio profondo, particolarmente sentito all'interno della nostra azienda. Volevamo realizzare qualcosa di speciale, non solo per il mondo delle due ruote, ma che fosse davvero unico in senso assoluto: doveva essere un modello che toccasse le corde dell’'animo umano come nient’altro aveva fatto finora. Vogliamo che guidare una Honda NM4 Vultus sia un evento, un'esperienza speciale, ogni singola volta." 

In Giappone, la Vultus ha fatto boom di vendite. Perché lì, comprarsi una moto estrema, non è poi così inusuale. In Europa, e in Italia in particolare, il motociclista "duro e puro" probabilmente non la comprerà. Il motociclista appassionato di manga, invece, ci farà un pensierino. Così come il divoratore di fumetti che finora è rimasto in attesa del mezzo giusto per fare il suo esordio nella comunità delle due ruote. 

Il design di questa moto, oggettivamente, è unico. Piace tanto o non piace per niente. E' bassa e piuttosto lunga (2380 mm), tutta spigoli e futuristica. A risaltare, sull'anteriore, è il gruppo ottico (total Led così come il posteriore) inserito in un frontale che ospita ai lati anche due curiosi e pratici vani portaoggetti. Uno dei due si apre con la chiave e ospita una presa a 12 volt mentre l'altro, apribile tramite un pulsante, è più grande e può contenere oggetti più ingombranti. Una delle caratteristiche più curiose ed originali, però, è il cruscotto: la strumentazione cambia colore a seconda della modalità di guida (oltre alla "neutra", anche Drive, Sport e Manual) ma in tutto ci sono25 tonalità da poter scegliere a seconda dell'umore della giornata. Il quadro è completo di LCD, tachimetro, orologio, contagiri, livello benzina, contakm a due parziali, indicatore marcia inserita, indicatore modalità di guida, temperatura esterna, trip computer e spie di servizio.

Tra gli accessori disponibili a richiesta, ci sono il parabrezza alto, le manopole riscaldate, le valigie laterali e l'allarme. La Vultus, disponibile sono nella colorazione nero opaco, costa 11.600 euro. 

COME VA - Ci aspetta un giro di una sessantina di chilometri dentro la Roma trafficata e caotica. Un bel banco di prova per una moto da 245 kg e dalla posizione di guida in stile "custom". E' proprio quest'ultima, però, a sorprenderci appena saliti in sella. Si sta bassi ma non scomodi, le braccia sul manubrio non sono alte e permettono di tenere il mezzo in assoluto controllo. Le gambe possono distendersi sugli ampi poggiapiedi laterali e la schiena rimane dritta anche grazie ad un accorgimento piuttosto utile nella guida in solitaria: quando non utilizzata, la porzione di sella riservata al passeggero può diventare un utile schienalino per il pilota, addirittura regolabile su tre posizioni. Con questi bei presupposti affrontiamo i primi chilometri su una delle consolari che porta al centro della città: tra curve abbastanza ampie, quasi di campagna, e velocità più sostenute rispetto a quelle possibili a Trastevere riusciamo ad apprezzare le doti del motore e della ciclistica: la meccanica è derivata da quella dell'NC750 Integra, innovativo crossover da cui la Vultus eredita il propulsore bicilindrico da 750 cc.. Quest'ultimo, visibilmente inclinato in avanti, consente di mantenere un profilo molto basso e un'impostazione di guida da cruiser futuristico a qualsiasi velocità. 
La potenza non è elevata ma gli oltre cinquanta cavalli stanno a "pennello" a questa moto, anche grazie ad un erogazione lineare e pulita ma che, quando utilizzata in modalità di cambio manuale, si rivela anche piuttosto allegra. Il telaio a diamante in acciaio supportato da un forcellone in alluminio di nuova concezione, si rivela rigido e reattivo sia nella guida "extraurbana" sia in pieno centro, dove concentriamo la seconda parte del test. Nei semafori lungo Piazza Venezia, corso Vittorio Emanuele e il Lungotevere fronte San Pietro ci si sentono quasi più occhi addosso di quanti ne può sentire George Clooney in passerella a Venezia. Alla guida della Vultus non si passa inosservati. Tutti indicano, allungano lo sguardo o avvisano il passeggero di turno di guardare in direzione della Honda "manga style". Su strada la Vultus si distingue, è un dato di fatto.
E si distingue, districandosi piuttosto bene, anche tra le stradine della vecchia Roma, tra via della Scrofa, via Giulia e via del Governo Vecchio: il segreto, oltre alla buona distribuzione dei pesi e a un motore gestibile, è anche l'adozione della trasmissione a doppia frizione DCT, che in modalità "automatica" fa rimanere sempre in "tiro" la Vultus sia utilizzando la più tranquilla Drive sia la più smaliziata Sport. Per i più tradizionalisti, comunque, c'è anche la possibilità di utilizzare il cambio manuale (davvero preciso) tramite l'azionamento di due pulsanti posti sul manubrio. Sui cerchi in alluminio a 10 razze (stilisticamente molto belli) da 17 pollici è montato uno pneumatico posteriore da vera cruiser (200/50 la misura) mentre un disco anteriore da 320 mm potrebbe svolgere quasi da solo il compito dell'intero impianto frenante, supportato anche dall'ormai irrinunciabile ABS di serie. 

Infine i consumi: abbiamo registrato poco più di 28 km con un litro di benzina. Ad andatura media, il dato si traduce in circa 300 km di autonomia con un solo pieno. 



Abbigliamento utilizzato per la prova:
Guanti Dainese Druids ST
Casco LS2 FF396.3 FT2



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