EICMA 2019: i 9 spunti del Direttore

Nove moto cartoline nate vagando a casaccio per l'EICMA 2019: il direttore di In Moto Andrea Padovani ha toccato con mano le novità 2020 esposte negli stand delle aziende. Una visione alternativa alla proposte per il futuro, con curiosità e riflessioni da consegnare ai posteri
EICMA 2019: i 9 spunti del Direttore
Andrea Padovani
9 min

Sarebbe facile esordire con “le dieci moto più interessanti di Eicma” oppure con “le cinque novità imperdibili del Salone di Milano ”. Invece no, nel flusso di notizie di In Moto c'è spazio anche per qualche considerazione filosofica sul mondo a due ruote che viviamo e su quello che ci aspetta il prossimo anno. Soprassedendo per un attimo sui modelli nuovi, già ampiamente trattati su queste pagine, vi regaliamo qualche cartolina dai padiglioni di Rho.

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Harley-Davidson Livewire

A tinte forti alcune, pastello altre, ironiche le più. La prima ce la consegna l'Harley-Davidson Livewire. Non quella esposta sotto i riflettori, ma quella appoggiata su una specie di banco a rulli allo stand della casa americana su cui è possibile salire per provarne il motore. Ve lo immaginate se ci fosse stato un quattro cilindri da 1000 cc invece che uno elettrico? Magari con uno scarico racing aperto? Bello ma impossibile... Arrendetevi, voi cultori del fumo... Mi piacerebbe dire che l'elettrico sta arrivando. Invece no, l'elettrico è già arrivato. Dobbiamo solo aspettare che questa nostra nazione spinga sui punti di ricarica. Che fino ad allora la faccenda rimarrà complicata. Intanto saliamo su questa Harley e diamo gas... anzi, no, attacchiamo la spina.

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SCHIZOFRENIA ESTETICA

Due, parliamo sempre di modernità. Quella legata allo stile e ai designer. In Kawasaki, a guardare il lavoro fatto con la famiglia delle H2 “sovralimentate” pare si divertano tanto, troppo a guardare i fumetti manga ambientati in scenari post-atomici futuri. “De gustibus non disputandum est...” dicevano qualche anno or sono. Verissimo, ma la faccenda pare che ci stia sfuggendo di mano. Perché se in Giappone fanno queste moto, qualcuno in giro per il mondo che le compra ci sarà pure.

Non a caso poi fai qualche passo più in là e ti ritrovi alla Royal Enfield a guardare la Bullet: e non capisci perché. Un semplice mono con le alette di raffreddamento, quattro tubi di solido acciaio, prestazioni da tripla birretta e “...speriamo di arrivare a casa salvi”. Che quasi quasi ti è sembrato di vedere il Mahatma Gandhi al desk a distribuire i volantini della casa Indiana. Ma la moto è lì e non smetti di guardarla. Perché forse si sente il bisogno di rallentare. Di toccare con mano del “ferro” e non della “plastica”.

Stesso discorso per la BMW con il Concept R18. Mica ci vorrai fare delle curve con quel coso? Giusto? Ma caspita se è bella. E ancora sembra che abbiamo tutti bisogno di ripartire da lontano, risalendo concettualmente al secolo scorso. Tecnologia modernissima impiantata in un design Anni Venti. E il senso di confusione aumenta. Non sai se andare avanti e abbracciare l'elettrico disquisendo sull'Euro-5 o comprarti un calesse e diventare Amish.

Nel dubbio fermatevi a guardare la DR Big 800 che corse la Dakar esposta allo stand Suzuki. E immaginate quel pistone largo come una padella andare su e giù per i deserti del Nord Africa. Che quasi quasi gli Amish possono continuare la loro esistenza tranquilli mentre tutti noi programmiamo di mollare tutto, comprare una bella coppia di gomme tassellate, salutare la moglie (che ormai anche basta...) e partire. E il tassello torna sempre, regolare, nei pensieri degli appassionati. E le case lo sanno, compresa la Suzuki che ha presentato la nuova V-Strom proprio sulla scia dell'antesignana. Becco compreso.

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SPAZIO AI MASCHI

Nel frattempo parliamo anche di sicurezza. Perché anche dal calesse degli Amish si può cadere. Figuriamoci da una moto. E allora apprezziamo lo sforzo fatto da Dainese con il gilet Smart Jacket che sfrutta il sistema air bag (senza alcun vincolo alla moto). Un capo semplice, leggero, che può essere indossato sotto altri indumenti tecnici senza controindicazione. Non stiamo a farvi la filippica su come funziona o quanto protetti sarete. Quello che conta è la semplicità e la praticità; quindi anche chi usa la moto su brevi tragitti non avrà più scuse. Certo, non costa poco, ma fatto l'investimento una volta non ci si pensa più.

Messaggio rivolto anche a voi che la mattina alle 8.00 prendete lo scooter per andare in ufficio, sfrecciando nel traffico, incuranti del fatto che correte un rischio simile a quello di Marquez nel giro di qualifica. Forse anche superiore. Ve la imaginate la scivolata mentre indossate un bel completo grigio, giacca e cravatta, sull'asfalto della circonvallazione? Fa male, fidatevi. A proposito di giacca e cravatta, di gente alla moda, di apertitivi... ode alle Yamaha e alla scelta della casa giapponese di far posare un modello “maschio” al posto della classica modella scosciata che – diciamocelo – all'EICMA fa proprio un lavoro del cavolo. Provate a mettervi per un attimo nei panni delle centinaia di ragazze messe a fianco della novità di turno. Nove ore di sguardi bavosi, apprezzamenti, fotografie, per abbellire una roba con due ruote che manco non si capisce qual'è il davanti e il dietro (dalla prospettiva della bella di turno). Quindi viva i maschi... o forse no. Che magari si dimezzano le visite del prossimo salone se passa la rivoluzione dei sessi.

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Visione antropomorfa

Altra cartolina. La BMW S 1000 RR esposta allo stand di Akrapovic “guidata” da un robot antropomorfo che simula senza sosta i cicli di guida su un banco prova. Quello che stupisce è la forma del robot: non potevano ideare qualcosa di più razionale di un finto umanoide? Pare di no... e ritorna l'idea che l'uomo sia al centro dell'universo, anche quando banalmente si deve provare l'affidabilità di un ride-by-wire. Per quanto elettroniche diventeranno le moto del futuro, l'essere umano rimane il perno intorno a cui tutto gira. Nelle moto è così, il pilota fa ancora la differenza, che si tratti di un professionista rivolto alla prestazione, sia di un turista di mezza età in viaggio verso Caponord. Per questo amiamo il mondo in cui lavoriamo.

E lo amiamo anche perché è strano. Ma strano davvero. Siamo rimasti affascinati dalla Bimosaki o Kawamota che dir si voglia. Insomma, avete capito, stiamo parlando dell'accordo Kawasaki/Bimota concretizzatosi nella Tesi H2. Un gioiello nelle forme, nei contenuti tecnici, nell'idea. Quella di far rinascere un marchio indimenticabile. Quello riminese. Per il resto non si capisce ancora nulla. Chi ha comprato chi, le modalità, le prospettive, la triangolazione commerciale Svizzera/Italia/Giappone. Sarà nostra premura indagare sulla questione. Intanto gustiamo la H2. Chissà come va questa moto...


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